Il totale fallimento della missione Draghi a Washington

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Il totale fallimento della missione Draghi a Washington

 

Possiamo archiviare la missione di Draghi a Washington come un totale fallimento. Inutile girarci attorno, il Presidente del Consiglio italiano è andato a Washington per sollecitare trattative che risolvano la crisi il più rapidamente possibile, sfortunatamente gli è stato risposto che non se ne parla nemmeno: "La guerra durerà a lungo", sono le parole testuali degli americani.
 
E chiaro ed evidente, al di là della propaganda, che i russi vinceranno questa guerra. Gli aiuti occidentali possono al massimo rallentare il raggiungimento degli obbiettivi di Mosca e possono far pagare un prezzo in termini di perdite umane e di apparecchiature molto più salato. Ma in nessun modo possono ribaltare le sorti del conflitto a favore di Kiev.
 
Allo stesso tempo i costi economici e politici che gli occidentali dovranno pagare in termini di danni economici e probabilmente di instabilità sociale e politica sono inusitati, enormi, incommensurabili. Questo vale in particolar modo per quel nocciolo duro dell'Europa composto da Germania, Francia e Italia. Ovviamente vale molto meno per gli stati uniti che hanno indipendenza energetica e alimentare. Washington al contrario ha molto più da perdere da una rapida fine del conflitto che sancisca l'ennesima sconfitta militare internazionale (dopo Siria e Afghanistan ci sarebbe l'Ucraina). Una sconfitta che porrebbe definitivamente in discussione il ruolo degli USA come iperpotenza mondiale e che darebbe nuova spinta alla nascita di un nuovo sistema multipolare e magari in parte de-dollarizzato. Un colpo devastante che segnerebbe la fine dell'impero americano.
 
Per questi motivi gli USA e la "Vecchia Europa" sono su posizioni divergenti. Va aggiunto però che nel braccio di ferro c'è una netta predominanza USA sia per la presenza all'interno dell'EU di una serie di stati vassalli (baltici, Polonia, Romania ecc.) che rispondono direttamente a Washington e che minano qualsiasi tentativo di Francia, Germania e Italia di giungere ad una soluzione diplomatica. Andrebbe anche aggiunto che gli USA hanno il coltello dalla parte del manico dal punto di vista della Politica Monetaria. Politiche monetarie estremamente restrittive (come forma di rappresaglia per l'insubordinazione) farebbero entrare la UE nella cosiddetta "dollar trap" portando le banche nord europee ad un certo fallimento perchè sovraindebitate in dollari. Non parliamo poi dell'effetto sui debiti pubblici dei paesi europei di una BCE costretta ad inseguire la FED sul sentiero dell'aumento dei tassi. Insomma, il coltello dalla parte del manico ce l'hanno gli USA e si fa quello che dicono loro.
 
Ma quale è la possibile strategia degli USA? Vogliono solo continuare a rifornire di armi Kiev per rallentare l'arrivo di una sconfitta comunque allo stato certa? Chiaro che no, chiaro che ce dell'altro. Gli USA, parere mio, hanno bisogno di alzare il livello dello scontro per poter sperare di ribaltare gli esiti sul campo di battaglia. Quale potrebbe essere la loro mossa? Io direi l'allargamento del conflitto: si parla sempre di più di una sicura entrata in Ucraina di "truppe di pace" polacche. Ma si nota anche l'aumento della tensione tra paesi baltici e Russia per non parlare dell'entrata della Svezia e della Finlandia nella Nato. Ricordatevi quello che vi dico: qualcosa deve succedere, qualcosa gli americani probabilmente faranno succedere.
 
E ora brevemente affrontiamo il tema dell'ultimo protagonista della vicenda, la Russia. Mosca continua a tessere la sua tela diplomatica sia con i paesi del BRICS che con i grandi produttori di energia (petrolio + gas). Ieri Lavrov era in Algeria dove è stato annunciato un nuovo trattato di amicizia ancora più stretta tra Algeri e Mosca. In altri termini sto dicendo che il gas algerino ipotizzato dal duo Di Maio-Cingolani ce lo possiamo scordare. Aggiungo (evitando in tutti i modi di lasciarmi andare alle sacrosante invettive necessarie) che l'Algeria era più che un paese amico, era un paese fratello. La loro indipendenza la devono a noi, non c'è altro da aggiungere. Eppure ci hanno voltato la faccia, per colpa nostra che per trenta anni abbiamo abbandonato le politiche mediterranee per illuderci di essere accettati dai popoli razziatori del nord europa (volutamente minuscolo). Abbiamo perso il Mediterraneo (volutamente maiuscolo) per farci comandare a bacchetta da un nazistello baltico che ci faceva le pulci sullo 0,1% di differenziale di rapporto deficit/pil. Un branco di idioti venduti, ecco cosa sono i nostri politici degli ultimi trenta anni. Hanno svenduto l'Italia per tornaconto personale: per avere delle ininfluenti poltrone europee come quella di presidente della commissione e di presidente del parlamento EU. Comandavano i tedeschi e i francesi, con il risultato che ci hanno portato alla completa rovina (state certi, non ci sono altre vie d'uscita per noi, c'è solo da salvare la pellaccia e da sperare che non arriva la guerra qui, ma il disastro economico è certo). Tornando alla Russia va detto che la loro tela diplomatica funziona: l'OPEC+ non vuole aumentare la produzione di petrolio così come non la aumenta manco Petrobras che ha sfanculato gli americani. Il resto del mondo è contro di noi, si è rotto i coglioni di noi, delle nostre pazzie e dei nostri crimini. Con buona pace di tutte le cazzate che i giutti e i lacché del Mainstream propagandistico occidentale provano a venderci.
 
Così siamo messi. Chi ha risorse finanziarie le metta in salvo e non le lasci in Italia. Chi è giovane e ha una vita davanti, pensi ad una exit strategy da questo continente ormai perduto.
 
PS Avrei bisogno di pagine e pagine per spiegare bene quello che ho scritto. Ma non ho né il tempo né la voglia. Spero comunque di aver reso chiaro ciò che penso.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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