Il summit Usa-Russia-Ucraina e la "coincidenza" dello scandalo che ha scosso l'amministrazione Trump

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Il summit Usa-Russia-Ucraina e la "coincidenza" dello scandalo che ha scosso l'amministrazione Trump



PICCOLE NOTE


Il summit Russia-Stati Uniti a Riad, al quale era presente, senza avere contatti con Mosca, una delegazione ucraina, è durato 12 ore. Nessun comunicato finale congiunto, ma è andato bene, nonostante il fatto che, mentre si svolgeva, missili e droni ucraini hanno continuato a bersagliare le infrastrutture energetiche russe in violazione dell’accordo minimale stipulato in precedenza.

La Casa Bianca ha pubblicato due comunicati disgiunti, uno che riguarda gli accordi con l’Ucraina, l’altro con la Russia. Sostanzialmente in quello relativo all’Ucraina, oltre a ribadire la moratoria sugli attacchi alle infrastrutture energetiche, si spiega che è stato concordato un accordo sul Mar Nero simile a quello sul grano ucraino stipulato in precedenza e decaduto, volto a “garantire la navigazione sicura” in quelle acque, che però non possono essere usate per fornire supporto militare.

Quanto alle intese con Mosca, si legge che “gli Stati Uniti contribuiranno a ripristinare l’accesso della Russia al mercato mondiale delle esportazioni di prodotti agricoli e di fertilizzanti, ad abbassare i costi delle assicurazioni marittime e a migliorare l’accesso ai porti e ai sistemi di pagamento per tali transazioni”.

Ma in dodici ore si sarà parlato anche di altro e ben più importante (il Cremlino ha riferito che il contenuto dei colloqui resterà riservato) . Si tratta di un piccolo ma significativo passo, anche se di incerta applicazione perché sia a Kiev che in altri ambiti (gran parte dei Paesi europei e i circoli liberal e neocon Usa) si registra un intenso fuoco di sbarramento contro il processo di pace.

Talks in Riyadh technical, content not to be made public — Kremlin


La riunione violata

Fuoco di sbarramento che ha preso forma in una modalità alquanto bizzarra. In concomitanza con il summit di Riad, infatti, è uscita la notizia che il direttore dell’Atlantic, Jeffrey Goldberg, ha partecipato in maniera del tutto indebita all’incontro nel quale i vertici dell’amministrazione Usa hanno predisposto i piani per bombardare gli Houti.

Uno scandalo che ha scosso l’amministrazione Trump, dal momento che si tratta di una grave violazione delle norme di sicurezza, sia per la presenza di Goldberg sia perché, grazie a lui, si è saputo che la riunione si è svolta attraverso una piattaforma di messaggistica commerciale, Signal, e non su quelle ufficiali che in teoria dovrebbero essere più sicure (probabilmente, invece, i convenuti ritenevano che fosse più sicura Signal per via della guerra intrapresa dall’amministrazione Trump allo Stato profondo, ma questa è un’altra storia).

La circostanza è stata smentita dal Capo del Pentagono Pete Hegseth per poi essere confermata dalla Casa Bianca, che ha dichiarato di aver aperto un’indagine interna sull’accaduto. Media ed esponenti del partito democratico hanno chiesto, ovviamente, che cadano teste, soprattutto quella di Hegseth.

Ma non accadrà, dal momento che alla riunione online, insieme a Hegseth, c’erano un po’ tutti, dal Consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz al Segretario di Stato Marco Rubio al vicepresidente J.D. Vance etc… Trump dovrebbe rifare la sua amministrazione daccapo. Infatti, ha minimizzato la cosa. Ma la polemica è tutt’altro che placata.

L’Atlantic e l’amica di Kamala Harris

Secondo Goldberg sarebbe stato invitato da Waltz, ma il Consigliere per la Sicurezza nazionale afferma che non si spiega come sia partito l’invito e di non avere rapporti con lui. Un catastrofico errore? Un sabotaggio, dall’interno (Waltz) o dall’esterno che sia? Propendiamo per il dolo, anche se resta incomprensibile come sia stato possibile che nessuno si sia accorto dell’intrusione (anche qui, un mix tra cialtronaggine e dolo).

A rivelare il fattaccio è stato lo stesso direttore dell’Atlantic, che ne ha scritto sul suo giornale vantandosi pubblicamente della partecipazione. La cosa singolare, però, è che The Atlantic è un media liberale, cioè quanto di più lontano ci possa essere dagli ambiti Maga che sostengono Trump.

Here’s the problem for Donald Trump with the Atlantic story

Peraltro, il media ebbe anche a ingaggiare una polemica con Trump, quando fece uscire uno scoop scandalistico contro di lui, con l’allora candidato alla presidenza che ebbe a dire: “The Atlantic Magazine sta morendo, come la maggior parte delle riviste, quindi inventano una storia falsa per avere un po’ di importanza”.

Ancora più singolare è che il controllo della proprietà di The Atlantic – di cui il direttore è espressione – è appannaggio della miliardaria Laurene Powell Jobs, vedova di Steve Jobs, attraverso la Emerson Collective.

A rendere ancora più curiosa la vicenda è che la Jobs è una grande donatrice del partito democratico ed è “l’amica più intima di Kamala Harris”, come annotava Fortune.

Laurene Powell Jobs is one of Kamala Harris’ biggest bankrollers—and closest friends

Bombe sugli Houti

Al di là degli intrighi che s’intrecciano nel cuore dell’impero e degli sviluppi che avrà la vicenda, resta, come accennato, che lo scandalo è esploso come una bomba sul summit di Riad. Lo dimostra la tempistica della rivelazione: la riunione sugli Houti si è tenuta prima del 15 marzo, Goldberg l’ha resa nota dieci giorni dopo…

Querelle a parte, è di interesse notare che nel corso dell’incontro J.D. Vance si è detto contrario al bombardamento dello Yemen, spiegando che in fondo solo il 3% del traffico commerciale Usa passa dallo Stretto che i miliziani hanno chiuso al transito (peraltro, solo alle navi israeliane, perché receda dalla mattanza di Gaza, ma questo non lo ricorda quasi nessuno…).

Ma questa è un’altra storia e ha a che vedere col genocidio di Gaza nel quale gli Stati Uniti si sono impelagati assecondando la pressione congiunta Netanyahu-neocon (di cui è affollata l’amministrazione Trump, a cominciare da Waltz).

‘A shocking breach’: Trump officials leak Yemen attack plans in Signal chat

 

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