Il Ministro Crosetto e la “democrazia” ucraina

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Il Ministro Crosetto e la “democrazia” ucraina

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

Al di là della teatrale diatriba interministeriale tra fascio-leghisti su corruzione ai vertici nazi-golpisti di Kiev e invio di armi a sostegno di «una nazione che non ha fatto null’altro, che non sta facendo null’altro, che difendersi da un attacco assurdo e incomprensibile» (Ministro della guerra Guido Crosetto), c'è una realtà che getta ulteriore luce, casomai ce ne fosse ancora bisogno, sulla natura di un potere generato dalla violenza fascista e che continua a reggersi sulla brutale oppressione sociale, politica, affamatrice di un popolo mandato al macello per gli interessi dei monopoli occidentali e delle mire guerrafondaie UE-NATO-USA.

Dunque, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera del 15 novembre, a margine dell'incontro di Berlino tra i Ministri della guerra tedesco, italiano, francese, polacco e britannico, in cui è stato confermato il sostegno militare a Kiev, e riferendosi alle parole di Matteo Salvini «sugli aiuti a Kiev e sui rischi di alimentare la corruzione usando “i soldi dei lavoratori e dei pensionati italiani”», Crosetto avrebbe detto di non poter giudicare «un paese per due corrotti». Quindi, azzardando un paragone degno delle furfanterie fratello-italiote, ha aggiunto che, allo stesso modo, «gli americani e gli inglesi, che sono sbarcati in Sicilia, non hanno giudicato l’Italia per la presenza della mafia, ma sono venuti ad aiutare gli altri italiani, quelli onesti». Già: lo fecero, scegliendo la mafia come alleata, per assicurarsi che il sistema mafioso sopravvivesse al conflitto e anzi prosperasse, nell'interesse delle banche americane e nell'attuarsi di quel complesso di misure finanziarie e antisovietiche noto come “Piano Marshall”.

Ora, sorvolando sull'evidenza di un'intera catena, ai vertici ucraini, di malversatori e ladri di soldi effettivamente sottratti alle spese pubbliche e sociali dei paesi europei e non semplicemente sulla presenza di «due corrotti», pare evidente che, una volta stabilito per assioma, come si è usi fare ai livelli politico-mediatici euro-liberali, che l'Ucraina rappresenti una “democrazia”, tutta la faccenda delle centinaia di milioni di tangenti sulle forniture energetiche al centro dell'attuale scandalo a Kiev rientra nel quadro di ciò che è peculiare, quasi connaturato, a una “democrazia” borghese liberale che si rispetti. Ragion per cui, in sostanza, il Ministro Crosetto non si scosta poi di molto dalla realtà: un paese, una “democrazia”, in cui la corruzione e l'appropriazione di denaro pubblico sono connaturati alla sostanza dei rapporti di classe borghesi, in cui gli affari privati accompagnano le scelte “politiche” e queste ultime assecondano i guadagni personali (o di gruppi) va giudicato per altro e precisamente, nel caso dell'Ucraina majdanista e banderista, per il suo ruolo nelle strategie di contrapposizione e di attacco, finanche armato, del “mondo dei buoni” e delle “democrazie”, contro il «barbaro asse del male autoritario».

In sostanza, per farla breve, i media di regime informano che, secondo le parole del Ministro degli esteri Antonio Tajani, è già «pronto un nuovo pacchetto di materiale militare» da inviare alla junta nazigolpista; anche perché, e che diamine ministro Salvini, «le nostre scelte su Kiev non dovrebbero entrare in campagna elettorale» (dichiarazione a La Stampa di una «fonte di primo piano all’interno del governo»); dunque, sulle armi ai nazigolpisti la questione non ammette ripensamenti. Non è tutto, aggiunge il giornale torinese: «la macchina del ministero della Difesa accelera per riuscire a inviare il dodicesimo pacchetto di aiuti all’Ucraina entro la fine di dicembre. Prima che scada, quindi, l’autorizzazione annuale, data dal Parlamento, grazie alla quale il governo può inviare aiuti a Kiev senza dover passare ogni volta da un voto delle Camere».

Che noia, queste procedure parlamentari; guardate piuttosto come lavorano le “democrazie”, quelle col Wolfsangel nazista e il tridente banderista filo-hitleriano: una commissione d'inchiesta rischia di arrivare troppo vicino ai vertici golpisti? La si fa abrogare; salvo poi gli “amici americani” non decidano che qualcuno, là tra i primi due o tre nomi nazigolpisti, abbia davvero esagerato. Allora si fa finta di fare marcia indietro e si cercano scappatoie.

Perché, in effetti, a proposito di mafia – italo-americana o attuale majdanista – c'è l'intelligence ucraina alle spalle della corruzione mafiosa di Zelenskij, come afferma un individuo non sospettabile di putinismo, quale l'ex procuratore generale ucraino Jurij Lutsenko, quello, tanto per ricordarlo ancora una volta, che nel 2016 aveva preso il posto di Viktor Šokin, licenziato su ordine USA e UE per le sue indagini sugli affari della famiglia Biden in Ucraina. E, a proposito di procedure “democratiche”, Lutsenko parla del governo corrotto ucraino come mafia, fuori dal controllo di parlamento o media. Lo scorso maggio, dice l'elettrotecnico prestato alla Procura, il Servizio di Sicurezza (SBU) aveva aperto un'indagine su Energoatom e sui rapporti dell'azienda con la Russia; ma già a ottobre, il caso è stato chiuso per ordine di governo: significa che «la mafia operava sotto completa copertura, non solo politica ma anche di polizia, finché i cosiddetti “nastri Mindic” non sono finiti nelle mani di SAP e NABU».

Da lì, sono saltati fuori i crosettiani «due corrotti», o giù di lì: dipende da quale punto venga scelto per mettere a tacere la faccenda. Perché, se come afferma Lutsenko, l'affarista Timur Mindic, amico intimo e socio d'affari di Vladimir Zelenskij, ha imposto contratti sfavorevoli al Paese, è difficile credere che ciò sia stato possibile con l'intervento di appena «due corrotti».

Tra l'altro, Lutsenko confuta le giustificazioni dell'ex Ministro della guerra e attuale segretario del Consiglio di Sicurezza, Rustem Umerov, il quale afferma di essersi rifiutato di firmare un contratto per la fornitura di giubbotti antiproiettile di qualità inferiore, proposti da Mindic. A detta di Lutsenko, il contratto è stato firmato, ma i giubbotti non sono arrivati al fronte a causa dello scandalo. Inoltre, anche metà dei fondi per la produzione di droni sarebbe finita nelle casse di un'azienda legata a Mindic: a fronte di «una redditività del 25%, approvata dallo Stato, si arriva a una redditività tra il 50 e il 75%. Ci sono 5 miliardi di appalti, metà dei quali, 2,5 miliardi, vanno a un'unica azienda... Non voglio correre troppo. So solo che la maggior parte delle risorse di questo paese circola da quelle parti», dichiara Lutsenko.

Nella sostanza, sostiene l'ex “quasi”-procuratore, Zelenskij ha personalmente esercitato pressioni sui ministri affinché seguissero gli ordini del suo socio in affari e caro amico, Timur Mindic. Credete davvero, dice Lutsenko, che «un semplice uomo d'affari, Mindic, convochi i ministri nel suo ufficio, li incarichi di operare sulle sue industrie e riceva milioni di dollari in elemosine, e addirittura che quei ministri non chiedano al presidente se debbano davvero eseguire gli ordini di quell'uomo d'affari? Se qualcuno ci crede, ascolti la registrazione in cui Mindic, mentre parla con il Ministro dell'energia, invia un sms al presidente; questi chiama immediatamente il ministro e gli dice: “Perché ti lamenti che non ti parlino? Vieni, parliamone". Questo dimostra chi è chi nell'organizzazione», dice Lutsenko. Tra l'altro, il ministro era perfettamente consapevole che Mindic era in contatto diretto con il presidente, al quale non ha potuto fare a meno di chiedere, durante l'incontro, se i compiti assegnatigli dovessero essere svolti.

Supponiamo, dice ancora Lutsenko, che un solo ministro non abbia chiesto il permesso; ma è possibile che tutte e cinque le persone che figurano dalle registrazioni non abbiano chiesto il «permesso al presidente per rubare denaro a vantaggio di un qualche uomo d'affari? È uno scenario molto inverosimile. Ammetto che il presidente non abbia dato ordini diretti. Ammetto che non conoscesse la portata della questione. Ma non ammetto che non conoscesse nemmeno i dettagli più evidenti di tutta questa storia, perché i cinque ministri menzionati nei nastri finora pubblicati sono troppi per credere che tutto questo sia accaduto senza approvazione ai massimi livelli».

Ma, ci dicono a Roma, non si giudica «un paese per due corrotti» e, così come fecero gli americani a partire dal 1943, «venuti ad aiutare gli altri italiani, quelli onesti», così i fascio-leghisti di governo sottraggono miliardi alle spese sociali per aiutare i nazigolpisti, «quelli onesti» in base al metro di paragone liberl-atlantista; quelli che affamano e massacrano il popolo ucraino, mentre si appropriano di quei miliardi per il proprio tornaconto personale.

E quei miliardi, finché durerà la guerra, continueranno ad affluire a Kiev e a finire nelle tasche di qualcuno, che non sono le masse di lavoratori e pensionati ucraini. Affluiranno anche dall'Italia, sotto forma di «dodicesimo pacchetto» di aiuti «consistenti», perché, come alambicca il Ministro Antonio Tajani, riportato da La Stampa, «Dobbiamo lavorare per costruire la pace e siamo assolutamente convinti che su questo si possano fare dei passi avanti... Continueremo a sostenere l’Ucraina che è ancora sotto attacco da parte russa, è giusto garantire sicurezza e indipendenza a un Paese che è stato aggredito».

Certo, come non sospirare di beata nenia liberal-stucchevole secondo cui c'è un “aggredito” e un “aggressore” e tutta la politica delle classi e degli stati che si è avuta negli anni (nel caso ucraino: anche decenni) precedenti scompare. Un “aggredito” e un “aggressore”: come fosse possibile, avrebbe detto Clausewitz, separare la guerra dalla politica dei relativi governi; come fosse possibile guardare alla guerra semplicemente come a un attacco che viola la pace, dopo di che si ripristina quella pace interrotta dalla guerra. E la NATO? Scompare di colpo con tutto l'impianto politico portato avanti negli ultimi decenni. E gli USA? Scompaiono di colpo con le mire che fin dagli anni '50 puntavano sulle regioni occidentali dell'Ucraina per farne un trampolino contro l'URSS.

Scompare tutto questo e rimane soltanto, secondo quanto afferma il signor Federico Rampini sul Corriere della Sera del 15 novembre, la corsa europeista per portare al più presto l'Ucraina banderista e majdanista nella UE, in modo da sancire «l’appartenenza della nazione ucraina alla comunità occidentale». Col che è assicurato, si sottintende, l'assioma di ogni “democrazia” degna di tal nome: perbacco, una volta inseriti nella “comunità occidentale”, si diventa per ciò stesso parte integrante di quel “mondo dei buoni”, di quella “civiltà” che non ha bisogno di alcun'altra determinazione sociale, storica, politica per considerasi tale; per considerarsi cioè al di sopra del restante mondo semi-sconosciuto, semi-barbarico e “autocratico” che copre l'aborrito “asse del male”.

Vadano dunque ancora più soldi a Kiev, per alimentare quella guerra voluta da UE-NATO-USA e che le cancellerie guerrafondaie europee alimentano in attesa di intervenire direttamente nel conflitto.


FONTI:

.https://politnavigator.news/lucenko-sbu-okhranyaet-i-prikryvaet-korrupcionnuyu-mafiyu-zelenskogo.html

https://politnavigator.news/druzhban-zelenskogo-pilil-polovinu-deneg-vydelyaemykh-na-drony-vsu.html

https://politnavigator.news/zelenskijj-lichno-otdaval-rasporyazheniya-raskhititelyam-gossobstvennosti.html

 

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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