Il governo Meloni e la grande illusione italiana
di Giuseppe Matranga
Il governo Meloni è una truffa. Una truffa politica, culturale e morale. Una truffa per i suoi elettori, soprattutto per quelli che ancora si illudono che Fratelli d’Italia rappresenti un’alternativa “nazionalista” o “sovranista” al sistema. E una truffa per quelle classi popolari che continuano a credere nella propaganda di un potere che ha fatto della mistificazione il suo strumento principale di sopravvivenza.
Questo governo, che si proclama patriottico e difensore degli interessi italiani, è in realtà il più coloniale degli ultimi decenni: subordinato sul piano geopolitico, succube sul piano economico e regressivo sul piano sociale e culturale.
Un potere senza sovranità
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, l’Unione Europea ha perso i suoi equilibri storici. La Germania, un tempo locomotiva del continente, è sprofondata in una recessione che ha cancellato il suo primato economico e politico. Domandate un po’ al vostro vicino di casa, al barista : come si chiama il cancelliere tedesco: nessuno vi risponderà Merz, così come un anno fa non avrebbe risposto Scholz, e spete perché? Perché la fama di un politico è direttamente proporzionale al suo potere; tutti ricordano Merkel, nessuno ricorderà Merz. La Francia, dal suo canto, logorata da una crisi di consenso interna che posiziona il suo presidente senza un appoggio parlamentare ormai da due anni e dalla fine del suo sistema neocoloniale, non esercita più alcuna leadership, a parte qualche residuo del Franco CFA, li hanno cacciati a calci da ogni paese africano.
In questo vuoto di potere, Giorgia Meloni si è ritagliata il ruolo di figura emergente della destra europea. Ma la sua è una leadership apparente, costruita sull’assenza di alternative, non sulla forza di un progetto politico. È una figura di rappresentanza, non di comando.
In realtà, la vera catena di comando si trova altrove: a Washington, non a Roma. Meloni non dirige l’orchestra europea: ne serve i tavoli. È la caposala del ristorante atlantico, non la proprietaria. Negli anni si è adattata a ogni scenario: amica di Donald Trump, interlocutrice di Joe Biden, e ora di nuovo alleata e grande sostenitrice del trumpismo americano. Una costanza che non nasce da convinzione, ma da obbedienza e servilismo.
L’Italia, in questo schema, non è una nazione sovrana: è una colonia di lusso.
La retorica del patriottismo e la realtà della svendita
Dietro la retorica del patriottismo, il governo Meloni ha firmato alcune delle più gravi cessioni di sovranità economica degli ultimi anni. L’industria strategica italiana è stata progressivamente smontata: la cessione di Iveco a un gruppo indiano, la vendita della rete infrastrutturale di Telecom (TIM) al fondo americano KKR — il cui vertice è un ex direttore della CIA — e l’affidamento della cyber security nazionale a un’azienda israeliana.
In poche mosse, l’Italia ha consegnato ai poteri stranieri i suoi settori più delicati: industria, comunicazione e sicurezza.
Difesa: assumere personale o comprare dipendenza?
Anche sul piano militare, la strategia è la stessa. In un contesto di austerità e crisi sociale, si tagliano servizi pubblici e si aumentano le spese per la difesa. Eppure, se davvero l’obiettivo fosse rafforzare il sistema militare, si potrebbe investire nell’assunzione di nuovo personale in divisa: creare posti di lavoro, dare reddito alle famiglie, far circolare ricchezza.
Destinare parte della spesa militare alla recluta e alla stabilizzazione del personale — nell’esercito, nella marina, nell’aeronautica e nei reparti tecnici — significherebbe rafforzare le forze armate in modo concreto, ridurre la disoccupazione e produrre un impatto positivo anche sull’economia interna. Ogni soldato assunto genera consumi, sostegno alle famiglie e un ciclo virtuoso di crescita nazionale.
Invece, la scelta è opposta: acquistare armi e tecnologie dagli Stati Uniti. Così l’Italia non solo si comporta da cameriere del padrone, ma anche da cliente fedele, che paga profumatamente per sistemi d’arma che dipendono interamente dall’infrastruttura americana. Basta un clic, a Washington, per spegnere il nostro apparato bellico.
Questi strumenti, sempre più tecnologici e connessi ai sistemi informativi statunitensi, rendono le nostre stesse forze armate non indipendenti. E, paradossalmente, l’aumento delle spese per la difesa non rafforza la sicurezza, ma la subordina ulteriormente.
Sovranità ferita: il caso Sumud Flotilla
La subalternità italiana emerge anche sul piano diplomatico. Quando Israele ha attaccato una base italiana sotto bandiera Unifil (ONU) , il governo non ha battuto ciglio. E ancora più grave è stato il sequestro, da parte delle forze israeliane, della “Freedom Flotilla / Global Sumud” diretta a Gaza, in acque internazionali, con a bordo centinaia di attivisti e diversi parlamentari italiani.
Questi ultimi sono stati trattenuti illegalmente, in mare aperto, a migliaia di miglia nautiche dalla costa, in piene acque internazionali. Un episodio che avrebbe richiesto una reazione diplomatica ferma, un richiamo dell’ambasciatore, una difesa dei nostri rappresentanti istituzionali. Invece, il governo italiano ha preferito minimizzare, fino quasi a deridere gli stessi parlamentari sequestrati, continuando nel frattempo a difendere lo Stato d’Israele e le sue azioni militari.
Questo silenzio non è neutrale: è la prova di una sovranità mutilata, di un potere politico che non osa difendere neppure i propri cittadini e rappresentanti eletti quando vengono violati in territorio internazionale.
La repressione come unica ideologia
I neofascisti che sostengono il governo dovrebbero essere i primi a vergognarsi. Del fascismo, Meloni non ha ereditato l’idea (discutibile, ma coerente) di Stato forte o di nazione autonoma, bensì solo il volto autoritario e repressivo. Le libertà di opinione, di manifestazione e di informazione sono sempre più ristrette. Le piazze vengono soffocate, i giornalisti non allineati subiscono pressioni, i media indipendenti vengono marginalizzati, e nella classifica inerente la libertà di stampa l’Italia si piazza al 49° posto su 180, dopo Tonga e Belize.
Non esiste un’ideologia: esiste solo la gestione del consenso attraverso la paura e la manipolazione.
Economia di carta e propaganda di regime
Sul fronte economico, il governo si glorifica di una crescita inesistente. Dopo il crollo del PIL durante la pandemia, il rimbalzo post-Covid era fisiologico. Ma l’Italia non ha saputo sfruttarlo. Le percentuali di crescita, 0,1 o 0,2%, sono simboliche: non basteranno neppure in vent’anni a recuperare il livello pre-pandemico.
Quando Meloni rivendica l’aumento dell’occupazione, tace sulla realtà dei lavoratori scoraggiati, del precariato e dei salari stagnanti. Quando parla di liste d’attesa sanitarie ridotte, lo fa unificando i dati del pubblico con quelli del privato, cancellando ogni trasparenza.
Il risultato è una realtà parallela: quella di un Paese che si racconta in salute mentre si ammala sempre di più.
Immigrazione e sicurezza: due fallimenti paralleli
L’immigrazione è l’altro grande inganno. La propaganda prometteva blocchi navali e rimpatri di massa; la realtà è un nulla di fatto. Il costosissimo centro in Albania è un monumento alla scenografia politica, un esperimento inutile e dispendioso.
Nel frattempo, nelle nostre città cresce l’insicurezza sociale, non per colpa degli immigrati, ma per la povertà diffusa che spinge sempre più persone verso la marginalità o la microcriminalità.
Il degrado sociale è il frutto diretto dell’impoverimento. E in una società più povera e diseguale, la convivenza civile si sgretola: basta guardare alle cronache di Palermo, dove adolescenti armati di pistole e omicidi casuali testimoniano una deriva inquietante.
La grande mistificazione
Il potere del governo Meloni non risiede nella sua capacità di governare, ma nella sua capacità di raccontarsi. È un potere estetico, comunicativo, costruito sulla gestione del consenso più che sulla soluzione dei problemi. Un potere che parla di patria ma vende il Paese, che invoca la libertà mentre la riduce, che celebra la sovranità mentre firma la dipendenza.
In definitiva, l’Italia del 2025 non è né fascista né sovranista: è semplicemente commissariata. E Giorgia Meloni, più che una leader, appare come il proconsole di un impero che non parla italiano, ma che governa la nostra realtà con la stessa efficacia con cui la mistifica.

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