Il capitalismo militarizzato

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Il capitalismo militarizzato

 

Il capitalismo non ha un’essenza, se non quella di mutare in continuazione. E forse la sua mutazione attuale consiste nell’emergere di un capitalismo centrato sulla potenza militare. Questo diviene il sistema dominante che organizza tutti gli altri sistemi sociali, il che implica un enorme potere dell'apparato militare-industriale.
 
Non che il capitalismo della sorveglianza o la società dello spettacolo cessino di esistere. Semplicemente vengono piegati a una nuova forma di organizzazione, poiché vi è una convergenza tra accumulazione del capitale, innovazione tecnologica e media attorno al potere militare.
Senza fare un’analisi ampia alcuni segni lo indicano.
 
In primo luogo, la NATO ha sostituito altre forme di direzione, come la UE, il G7. È attorno al nucleo militare che i centri di comandi e di decisione si strutturano.
 
La struttura tecnologica stessa si lega indissolubilmente al nucleo militare. I satelliti di Elon Musk svolgono un ruolo decisivo nella guerra in Ucraina e nel controllo del territorio da un punto di vista militare. Qui pubblico e privato si mischiano in una maniera inedita, preoccupante, e non si sa più che cosa è publico e che cosa è privato.
 
Il sistema mediatico, che avrebbe dovuto garantire una sfera pubblica plurale, è oramai interamente al servizio della funzione militare. Giornalisti sgraditi vengono allontanati, programmi TV chiusi, chi dissente diventa un paria e un colluso col nemico, come è tipico di ogni società militare. Man a mano che le cose peggioreranno (e tutto lascia pensare ad una escalation) il controllo diventerà più ferreo.
 
La stessa vita politica viene valutata da questo punto di vista, e poiché i nuclei decisionali sono di carattere militare ogni tendenza alternativa non può che apparire come collusione con il nemico, o almeno come “irresponsabilità”.
 
La politica, il dibattito vengono svuotati, diventano inutili. I parlamenti superflui. Con che competenza e con quali informazioni potrebbero decidere? Che cosa ne sa un parlamentare di quello che accade sul terreno o delle strategie militari?
 
Devono decidere i competenti, e i competenti qui devono agire in maniera nascosta, senza visibilità nella sfera pubblica. Che equivale a una sospensione della democrazia.
 
Se i parlamenti non possono avere voce in capitolo le decisioni vengono prese altrove, e persino i governi, per quanto recalcitranti, non possono che accodarsi (per esempio Scholz e Macron).
 
Se Spencer aveva stabilito una distinzione netta tra due tipi di coesione sociale, quella militare e centralizzata da un lato e quella industriale dall’altro, questa distinzione diventa obsoleta.
 
Ci avviamo verso una società del controllo totale, in cui l’idea stessa di democrazia perde di senso, e lo stesso individualismo borghese viene messo da parte.
Il liberalismo ha molte facce, e il liberalismo che abbiamo criticato sta già cambiando pelle, sta già assumendo l’andazzo ideologico del “bene comune”, della costruzione di una società identitaria, centralizzata.
 
L'individuo non è più il feticcio liberale, che anzi tende a liberarsene, rispetto alla nuova forma di strutturazione che sta facendosi strada.
 
Ovviamente, poiché non è certo Biden che governa tutto questo, dato che il poveretto ha persino bisogno di un foglietto che gli ricordi chi e come deve salutare, emerge un problema enorme:
 
da dove traggono la propria legittimità e la propria legittimazione i nuclei decisionali, che sfuggono oramai a ogni controllo democratico?
 
Chi sta decidendo per tutti noi?
 
Chi sta decidendo per le nostre vite?
 
E almeno sanno cosa stanno facendo? O stanno scherzando col fuoco?

Vincenzo Costa

Vincenzo Costa

Vincenzo Costa è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell’esperienza (biennio magistrale). Ha scritto molti saggi in italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo, apparsi in numerose riviste e libri collettanei. Ha pubblicato 20 volumi, editato e co-editato molte traduzioni e volumi collettivi. Il suo ultimo lavoro è Psicologia fenomenologica (Els, Brescia 2018).

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