Argentina: sciopero generale contro il fanatismo economico di Milei

Dai licenziamenti di massa alla crisi sanitaria: il disastro neoliberista

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Argentina: sciopero generale contro il fanatismo economico di Milei

Mentre l'Argentina affonda nella crisi sociale più profonda degli ultimi decenni, il governo di Javier Milei persiste nel suo dogmatismo economico, applicando ricette neoliberiste che non fanno che aggravare le disuguaglianze e impoverire milioni di persone. Lo sciopero generale di questo giovedì, promosso dalle principali centrali sindacali, è solo l'ultimo segnale di un paese stremato, che non sopporta più un modello basato sul neoliberismo più crudo e selvaggio, la repressione e il saccheggio dei diritti dei lavoratori.

Contro i più deboli

La Confederación General del Trabajo (CGT) ha denunciato con chiarezza quanto il governo cerca di nascondere: il costo delle politiche di Milei è ricaduto interamente sulle spalle dei lavoratori, dei pensionati e dei settori popolari, mentre il settore finanziario e le grandi imprese moltiplicano i loro profitti in modo "osceno". Le richieste dei sindacati – aumento delle pensioni, stop ai licenziamenti, maggiori investimenti in salute e istruzione – sono la risposta a un modello che ha già dimostrato il suo fallimento storico.

Eppure, Milei e i suoi seguaci continuano a insistere con lo stesso copione: privatizzazioni, deregolamentazione, tagli allo Stato e repressione del dissenso. Un copione già visto negli anni '90 con Carlos Menem, che lasciò dietro di sé disoccupazione, povertà e una crisi istituzionale senza precedenti. Oggi, come allora, c'è chi paga il prezzo più alto: i pensionati come Ricardo, che con la sua maschera da 'Eternauta' simboleggia non solo la resistenza, ma anche la disperazione di chi sopravvive con una pensione da fame (appena 350.000 pesos, meno di 350 dollari).

I pensionati in prima linea

Quello che colpisce, nelle mobilitazioni di questi mesi, è la presenza massiccia degli anziani, una generazione che ha già vissuto le atrocità della dittatura e le crisi economiche più dure. "Abbiamo la pelle dura", dice Raúl, 72 anni, mentre Julia, 78 anni, aggiunge: "Ormai non abbiamo più paura". Sono loro, i pensionati, a essere diventati il simbolo della resistenza popolare, organizzando marce settimanali e sfidando la repressione.

Le loro storie sono un pugno nello stomaco: c'è chi, come Marta, 80 anni, ha ripreso a lottare per "non sentirsi sola di fronte all'orrore", e chi, come Betty, trova persino una forma di rivincita nello "scappare dalla polizia" durante le proteste. Sono persone che hanno visto crollare il proprio paese due volte – con la dittatura e con il neoliberismo degli anni '90 – e che oggi si ritrovano a dover combattere di nuovo contro lo stesso modello, riproposto con ancora più ferocia.

Governo senza pietà, popolo senza paura

Mentre Milei e il suo ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, continuano a minacciare repressione, le piazze dimostrano che la paura sta iniziando ad albergare tra le fila governative. Le mobilitazioni di massa, l'unità tra sindacati, movimenti sociali e semplici cittadini, stanno mettendo in difficoltà un governo che basa la sua forza solo sulla violenza e sul terrore economico.

La domanda è: fino a quando il fanatismo neoliberista di Milei potrà resistere di fronte a un paese che gli si ribella? La risposta la danno i fatti: ogni manovra di austerità, ogni licenziamento, ogni taglio alla spesa sociale non fa che alimentare la rabbia popolare. E come dimostra la storia, quando la gente smette di avere paura, neppure la repressione più brutale può fermarla.

L'Argentina è di nuovo in piazza, e questa volta non intende arrendersi. Il neoliberismo ha fallito. Milei e i suoi sostenitori farebbero bene a prenderne atto.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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