La Cina espelle barche giapponesi dall'arcipelago cnteso delle Isole Diaoyu
"Un insulto alla sua memoria". I familiari della giornalista palestinese uccisa sull'"indagine" negli Usa
La famiglia della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Aqla ha rilasciato una dichiarazione, ieri, esprimendo la propria delusione nei confronti del Dipartimento di Stato americano per aver affermato che la loro indagine "non è riuscita a raggiungere una conclusione definitiva" riguardo al proiettile che ha ucciso Abu Aqla.
Statement by our family. We will continue to call for justice and accountability and call upon the UN and ICC to take immediate action in order to bring justice. This doesn’t end here. #JusticeforShireen pic.twitter.com/n0EoMmvRRY
— Lina Abu Akleh (@LinaAbuAkleh) July 4, 2022
"Dopo un'analisi forense estremamente dettagliata, esaminatori indipendenti di terze parti ... non sono riusciti a raggiungere una conclusione definitiva sull'origine del proiettile che ha ucciso la giornalista palestinese-americano Shireen Abu Aqla", si legge nel report del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
Parole che ribadiscono ancora una volta come gli USA tutelino l'impunità di Israele.
Inoltre, si aggiunge che "non hanno trovato motivo per credere" che l'omicidio di Abu Aqla da parte di un cecchino israeliano fosse intenzionale, definendolo invece "il risultato di circostanze tragiche".
La famiglia della giornalista palestinese di origini statunitensi ha definito questi risultati "insulti alla memoria di Shireen" che ignorano "la storia e il contesto della natura brutale e violenta di quella che ora è l'occupazione militare più lunga della storia moderna".
Shireen Abu Aqla è stata assassinata dalle forze israeliane l'11 maggio mentre indossava un elmetto e un giubbotto antiproiettile chiaramente etichettati con la scritta PRESS.
Nelle ore successive all'omicidio, i suoi colleghi hanno rivelato senza mezzi termini che le truppe israeliane hanno aperto il fuoco su di loro indiscriminatamente.
Un'indagine indipendente dell'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) il mese scorso ha rivelato che Abu Aqla e i suoi colleghi giornalisti hanno compiuto uno sforzo concertato per essere visibili come membri della stampa ai soldati israeliani, che stavano effettuando un raid nella città di Cisgiordania Jenin.
I risultati dell'OHCHR hanno anche mostrato che i soldati israeliani hanno continuato a sparare contro i giornalisti anche dopo che avevano già ucciso Abu Aqla.
Secondo l'agenzia di stampa palestinese WAFA, almeno 55 giornalisti palestinesi sono stati uccisi dal 2000, senza che nessuno sia mai stato ritenuto responsabile.
Solo due giorni dopo l'omicidio di Abu Aqla, le truppe d'assalto israeliane hanno brutalmente attaccato le persone in lutto durante il suo corteo funebre, picchiando i partecipanti e chi portava la bara, avvolta nella bandiera palestinese.
Il mese scorso, il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito che un'indagine interna sull'attacco contro persone in lutto disarmate ha concluso che, nonostante le prove di cattiva condotta, nessun agente di polizia sarebbe stato punito.
"Continueremo a chiedere giustizia per Shireen e a ritenere responsabili l'esercito e il governo israeliani, indipendentemente dai tentativi di offuscare la realtà di ciò che è accaduto l'11 maggio", conclude la dichiarazione della famiglia di Abu Aqla.