Sopravvissuto alla strage di Odessa: "Spero che il golpe di Maidan sia di insegnamento per la Georgia"
di Leonardo Sinigaglia
Nel piano nazista di costruzione di un’egemonia intercontinentale rivestivano un ruolo chiave le “quinte colonne”, ossia gruppi armati, giornali, radio, movimenti politici e culturali intenti a preparare il terreno all’invasione e a diffondere la propagada di Berlino. La Norvegia, i Sudeti e l’Austria caddero velocemente in mano hitleriana proprio per il certosino lavoro preparatorio, che portò negli ultimi due casi persino ad annessioni “pacifiche”, con semplici operazioni di polizia a danno dei dissidenti rimasti. I vari “Quisling” poterono svendere il proprio paese all’occupante perché protetti da settori sostanziosi della grande borghesia locale, oltre che delle forze armate e del mondo accademico e culturale. Ciò fu però evitato in Unione Sovietica, dove tra 1937 e 1938 con una serie di grandi processi si liquidò completamente la rete di sabotatori, spie e traditori che era pronta, su ordine di Lev Trotsky e in stretto coordinamento con Berlino, a gettare le armi al momento dell’invasione nazista del paese.
Lo strumento delle “quinte colonne” ha seguito la stessa sorte di numerosi generali tedeschi, passando con la fine della Seconda Guerra Mondiale dal servizio di Hitler a quello dello Zio Sam senza soluzioni di continuità. Sono infatti più che chiari i parallelismi tra l’attività di destabilizzazione e sovversione che il regime hitleriano applicava in vista della sua espansione territoriale e le “rivoluzioni colorate” fomentate da Washington in tutto il mondo al fine di ampliare e tutelare il proprio dominio. Attraverso una fitta rete di ONG, la penetrazione nel mondo accademico e dell’informazione, la propaganda ideologica e culturale e il ricorso a formazioni estremiste, gli Stati Uniti d’America preparano il terreno per prendere le redini politiche di interi paesi, forzando cambiamenti radicali a loro favore senza il minimo riguardo per la popolazione coinvolta e per gli equilibri mondiali. Lo scenario è sempre lo stesso, ripetuto in maniera meccanica e sorprendente a ogni latitudine, dalla Jugoslavia all’Ucraina, dalla Moldavia al Venezuela, dalla Bielorussia all’Iran. Ma le rivoluzioni colorate, quando vittoriose, non hanno portato solo a privatizzazioni selvagge e alla svendita della sovranità nazionale, ma anche a sanguinosi conflitti. E’ il caso delle “primavere arabe” in Siria e Libia, ma anche quello di Ucraina e Georgia, dove una svolta filo-occidentale imposta ha preparato rispettivamente il conflitto che dal 2014 oppone il regime di Kiev alle forze antifasciste e alla Federazione Russa, e all’intervento di Mosca nel 2008 a sostegno dei diritti delle popolazioni ossete e abcase.
Dopo la breve parentesi bellica la Georgia sembrava però essere “tornata in sé”, seguendo una politica estera di neutralità ed equidistanza, simile per molti versi a quella tenuta dal governo ucraino Yanukovich. Ma ciò non è tollerabile per Washington, che sogna di aprire un “secondo fronte” a Sud della Russia, utilizzando i georgiani come carne da cannone similmente a quanto accade da anni con gli ucraini. I progetti eversivi non sono stati ignorati dalla maggioranza di governo georgiana, che, tra le altre cose, per tutelare la propria indipendenza ha formulato e approvato in tre letture successive la legge “Sugli agenti stranieri” con lo scopo di individuare e attenzionare la rete di ONG che, finanziate in maniera cospicua dall’estero, prepara una “quinta colonna” per costringere il paese a un destino filo-occidentale dalle conseguenze belliche. Questa legge, in realtà assai moderata e diretta a monitorare le attività di qualsiasi paese, Russia inclusa, è stata accolta da parte di Washington e Bruxelles con una violenza che ricorda da vicino ciò che successe nel 2014 a Kiev.
Nonostante la ripetuta approvazione da parte di un Parlamento regolarmente eletto, le piazze di Tbilisi continuano ad essere occupate da un fronte che va dai neonazisti veterani del fronte ucraino alle associazioni LGBT, dai partiti liberali alle organizzazioni degli studenti universitari, tutti uniti dietro attorno alle bandiere dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America. Dei veri propri "agenti stranieri”, per nulla ambigui sui reali propositi delle proprie violenze e sostenuti dall’ex diplomatica francese Salomé Zourabichvili, attuale presidente georgiano e attiva sostenitrice dell’annessione del paese da parte del Reich di Washington-Bruxelles.
Grandi manifestazioni si sono svolte in questi giorni a Tbilisi, con la polizia georgiana intenta ad impedire l’occupazione degli edifici parlamentari da parte dei teppisti liberal-fascisti. Una situazione allarmante, che potrebbe continuare nonostante l’ultima approvazione da parte del parlamento, che ricorda da vicino gli eventi di Euromaidan e che rischia, se gestita con poca accortezza, a portare agli stessi sanguinosi esiti. Le forze occidentali, non essendo riuscite ad intimidire il governo georgiano tramite la violenza di piazza e i tentativi fisici di impedire il voto, parlano in queste ore di sanzionare il partito “Sogno Georgiano” in quanto “antidemocratico”. I rappresentanti della Casa Bianca hanno affermato che "riconsidereranno le relazioni con Tbilisi”, con l’eco dell’Unione Europea che afferma che l’ingresso della Georgia ora “si fa più difficile”.
Alexei Albu, ex-consigliere regionale dell’Oblast di Odessa e sopravvissuto alla strage della Case dei Sindacati del maggio 2014, ha vissuto in prima persona la presa di potere da parte di estremisti filo-occidentali in Ucraina, e la più di molti alti può contribuire a dare una lettura oggettiva della situazione ai lettori italiani.
L'Intervista
L’opposizione georgiana spesso si fa sentire, manifestando più o meno rumorosamente. C’è il rischio che questa volta si voglia passare ad un’offensiva “risolutiva” in risposta all’approvazione della legge “Sugli agenti stranieri”?
La Georgia sta cercando di liberarsi dall’influenza straniera a cui è stata sottoposta negli ultimi decenni. L'adozione della legge “sugli agenti stranieri” è molto importante per capire quanti soldi e per quali scopi le forze esterne al paese stanno investendo nella società georgiana. Tuttavia, la legge “sugli agenti stranieri” non è solo il motivo delle proteste, ma soltanto uno dei pretesti. La ragione più profonda è il desiderio delle forze esterne di dirottare la politica estera della Georgia, che negli ultimi anni ha assunto una posizione piuttosto pragmatica di non interferenza nei conflitti che non riguardano il paese e di estrarre benefici economici per le società occidentali sfruttando un nuovo posizionamento in politica estera. Detto ciò, secondo me, la legge in sé non è così spaventosa per le forze esterne. Piuttosto, quella parte della società, che per molti anni è stata nutrita a spese dei programmi statunitensi e europei, vuole usare i manifestanti come ariete e ottenere un cambio di potere nel paese. Essi vengono nuovamente utilizzati, come lo furono nel 2003 e nel 2008. In effetti, le forze esterne hanno deciso di passare all'offensiva, poiché un'occasione così propizia non era prevista nel prossimo futuro.
I manifestanti hanno abbastanza forza per bloccare il paese, paralizzare la polizia e portare a uno scenario di tipo ucraino?
Sicuramente ciò che si è visto basterebbe. Ma un fattore importante per ogni futuro sviluppo è l’umore dell’altro lato del paese e dei servizi di sicurezza. Se lo scenario ucraino si ripetesse e i “partner” convincessero le autorità georgiane a non usare la forza, allora tutto finirebbe in lacrime. Le autorità devono agire secondo la legge: se hanno bloccato le strade, le strade vanno sgomberate.
Dalle immagini delle proteste sono visibili combattenti della “Legione Georgiana” attualmente impegnata nelle ostilità in Ucraina, gli stessi che si resero complici del Maidan nel 2014.
Naturalmente, tutte quelle persone che hanno partecipato alla preparazione del Maidan in Ucraina e che combattono dalla parte dei nazisti non potranno arrivare in massa in Georgia. Tuttavia, una parte riuscirà a raggiungere questo scopo, il che significa che le agenzie di sicurezza statali avranno molto lavoro da fare. Spero che l’esperienza dell’Ucraina, e la nostra esperienza nel 2013, abbiano sufficientemente calmato la società georgiana e messo in guardia dal ripetere gli errori già commessi.
Pensi che siano molti di questi militanti? Costituiscono una minaccia seria?
Dipende dal compito che avranno. Dipende anche dalla disponibilità dei civili che sostengono le politiche filo-occidentali nel paese a immaginare una partecipazione alle azioni militari. Cioè, il pericolo dei gruppi di soldati inviati risiede principalmente nella possibilità di creare una sorta di base per una futura struttura di potere, simile a Pravy Sektor e alle altre formazioni estremiste del Maidan. Se riuscissero a costruire una struttura del genere, la Georgia precipiterebbe nel caos di una guerra civile. Spero quindi che le agenzie di sicurezza diano il massimo e superino questi tentativi nella fase iniziale. Lo dico come testimone di processi simili in Ucraina.
Se la situazione dovesse degenerare, secondo te le autorità georgiane sarebbero disponibili a chiedere aiuto alla Russia? Oppure continueranno nella loro ambigua posizione sulla cosiddetta “integrazione europea”, ignorando le lezioni dell’esperienza ucraina?
Non prenderei in considerazione uno scenario del genere per due ragioni: in primo luogo, i residenti della Georgia che si oppongono all’influenza delle forze imperialiste non sostengono la Russia. Ciò sarebbe percepito negativamente e probabilmente causerebbe più danni che benefici. In secondo luogo, la Russia oggi spende enormi risorse nella lotta contro i neonazisti ucraini e la partecipazione agli affari interni della Georgia è molto probabilmente piuttosto difficile da attuare. E’ la stessa società georgiana a doversi liberare dalle influenze esterne e sono fiducioso che il popolo georgiano abbia abbastanza forza per farlo.
Il successo di un nuovo Maidan a Tbilisi minaccerebbe la Russia? Significherebbe l’apertura di un secondo fronte?
Un colpo di stato vittorioso in Georgia destabilizzerebbe significativamente la situazione in tutto il Caucaso meridionale. I nostri alleati, Ossezia del Sud e Abkhazia, potrebbero a quel punto essere sotto attacco. Nonostante il fatto che le nostre forze armate si trovino lì, se le forze filoamericane avranno successo, aggraveranno sicuramente il conflitto e attueranno gravi provocazioni. Un secondo fronte non può sorgere dal nulla, ma i nazionalisti georgiani potrebbero prendere spediti provvedimenti per far sì che si apra.
Cosa pensi possa accadere ora dopo l'approvazione definitiva della legge? Pensi che la situazione possa degenerare?
Penso che le proteste saranno intense per un certo periodo, in connessione al veto posto dal presidente servo degli imperialisti. Quando questo veto sarà rovesciato dal Parlamento ci saranno nuove proteste di massa. E ci sono due strade: se ci vorrà molto tempo, gli imperialisti si prepareranno bene. Porteranno nazionalisti con esperienza di combattimento dall'Ucraina, ecc. Questo sarà molto pericoloso. Secondo caso: il veto verrà posto presto, e presto verrà anche superato. In questo caso, penso, non avranno abbastanza tempo per una buona preparazione. Quindi è difficile fare una previsione.