Quando la modernità diventa sinonimo di lenta agonia: il caso della Pubblica amministrazione italiana
di Federico Giusti
Da anni si parla di modernizzazione della Pubblica amministrazione ma le scelte conseguenti a questo pur nobile obiettivo si traducono in scelte discutibili e improduttive.
Potremmo menzionare innumerevoli casi, ad esempio i mancati investimenti tecnologici per rendere efficace e diffuso il lavoro agile (sul quale il sindacato non ha mai voluto aprire una seria discussione anche in termini di ricadute sulla salute psico fisica del personale) o gli scarsi fondi destinati ad alcuni capitoli di bilancio quali formazione e processi innovativi per dotare gli Enti di dipendenti aggiornati e strumenti di lavoro efficienti.
Oggi il Governo si erge a paladino, come altri esecutivi, della modernizzazione ma intanto non va destinando risorse a questo obiettivo.
Da mesi leggiamo poi articoli che alla fine ripetono una lunga sequela di luoghi comuni come se l'attrattività del lavoro pubblico dipendesse dalla maggiore flessibilità con la quale utilizzare il personale.
Oppure si parla di aumenti salariali quando in 3 anni andremo a recuperare un terzo della inflazione con l'ennesima perdita di potere di acquisto.
In questi giorni viene magnificata la sorte del nuovo CCNL delle Funzioni centrali ad esempio la settimana di quattro giorni che già sappiamo essere possibile per un numero assai esiguo di dipendenti dacchè i servizi dovranno essere garantiti 5 giorni su sette per ammissione ministeriale.
Se fossimo in presenza di organici adeguati forse la rotazione tra dipendenti sarebbe facilitata ma stando agli attuali numeri, con carenze che ci portiamo dietro da oltre 15 anni, dubitiamo che certi impegni potranno essere rispettati
Quando poi si parla di riorganizzazione dell’orario ordinario di 36 ore settimanali dovremmo innanzitutto comprendere come sia materialmente possibile,e all'orizzonte intravediamo una visione restrittiva su ferie e permessi fermo restando che, dopo avere inserito nel ccnl statali il tema della settimana corta, ogni facoltà decisionale in materia spetterà alle singole amministrazioni che già sul lavoro agile stanno avanzando regolamenti discutibili e atti a ridurre il personale in smart (ad esempio negli enti locali)
Nella PA tante enunciazioni si sono scontrate con la realtà e i mancati investimenti, vale per lo smart e varrà per la settimana corta, il benessere organizzativo, dai sindacati invocato, poi altro non è che la condizione atta ad accrescere la produttività dei singoli e degli uffici declinando il tema della salute in un'ottica datoriale.
La flessibilità oraria non è spesso un vantaggio, la stessa nozione di flessibilità ha sempre avuto una accezione negativa permettendo al datore di acquisire sempre maggiore potere.
E all'orizzonte intravediamo nuove metriche del lavoro pubblico costruite sul cottimo mascherato ossia i risultati o la qualità dei servizi erogati (che non dipende certo dalla forza lavoro se non in minima parte) per rafforzare invece il sistema divisivo della premialità anche in base a parametri di soddisfazione dell’utenza.
E entra in gioco ancora una volta il pilastro della performance utile a ridurre il potere di acquisto e di contrattazione della forza lavoro come ripetuto e scritto in tante occasioni.
Se parliamo di valorizzare competenze, flessibilità e risultati possiamo ipotizzare un futuro nel quale lavoratori e lavoratrici frequentino corsi da loro stessi pagati, si rendano disponibili ad orari impossibili per far carriera o acquisire qualche istituto contrattuale in più. E i contratti nazionali sono stati costruiti secondo questa filosofia aziendale
Allora la modernizzazione ragionata dei processi organizzativi dovrebbe indurre il sindacato a un salto di qualità anche nella comprensione dei processi in corso e non limitarsi ad operare dentro una angusta e divisiva contrattazione di secondo livello.
E ancora una volta performance, flessibilità e competenze diventano le parole magiche da invocare senza mai contestualizzarle nel mondo della PA per coglierne i significati pregnanti dentro una lenta e inesorabile svalorizzazione dei dipendenti, in comparti nei quali la perdita di potere di acquisto e di contrattazione è divenuta da lustri una costante alla quale vorrebbero ci arrendessimo ancora una volta.