Pino Arlacchi - Cosa succede in Afghanistan al di là del delirio mediatico

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Pino Arlacchi - Cosa succede in Afghanistan al di là del delirio mediatico

 

      Invito chiunque mi legga e mastichi una qualsiasi lingua straniera a informarsi sull’ Afghanistan evitando di leggere i maggiori quotidiani italiani. Quel paese sembra essere stato vittima di una invasione di mostri pervenuti dallo spazio e dotati di poteri sconfinati. Mostri che sono riusciti a far scappare da Kabul, terrorizzate, le forze del bene. Mostri assetati di vendetta e di sangue, soprattutto femminile, e che si apprestano a far diventare l’Afghanistan il santuario del narcotraffico e del terrorismo mondiale.
Delirio mediatico.


    Cosa è successo invece, e cosa sta accadendo in Afghanistan in questi giorni?
Non c’è stata, innanzitutto, alcuna invasione di alieni, ma lo sbocco finale di due guerre. Una guerra civile tra i talebani ed i loro avversari iniziata quasi trent’anni fa, ed una guerra di liberazione contro una potenza occupante iniziata venti anni fa esatti. 


    I talebani sono degli integralisti islamici estremi, portatori di un’ideologia oscurantista che implica la violazione di diritti fondamentali, in primis quelli delle donne. Ma sono anche una forza che ha finito col prevalere contro ogni genere di nemico grazie a un rapporto con la popolazione rurale afghana migliore di quello stabilito dai loro avversari.


   I talebani che ho conosciuto non erano guerriglieri marxisti e neppure nazionalisti. Non combattevano per i poveri e neppure per costruire uno Stato-nazione. Si ispiravano, e si ispirano, ad una società di virtuosi, governata da precetti coranici, inaccettabile e odiosa ai nostri occhi. Ma la società dei talebani è una società di afghani, non la Umma universale di altri estremisti. Gli studenti del Corano, perciò, non hanno mai operato al di fuori del loro paese e non sono interessati ad esportare il loro credo altrove.


   Come sono allora riusciti a godere di quel minimo di consenso dal basso, o di semplice neutralità, che ha consentito loro di conquistare il Paese ed entrare a Kabul senza sparare un colpo?


   Finanziamenti, armi e aiuti dall’estero? 


     Quasi zero, visto che il rubinetto saudita si è chiuso dopo il 2001 e visto che le grandi potenze regionali sono state a guardare aspettando che il frutto afghano cadesse nelle loro mani dopo la debacle euroamericana. 


Puntualmente avvenuta. Questa sì che è intelligence! O era sufficiente solo leggere i giornali e fare due più due?

   È bastato perciò ai talebani sedersi sulla riva del fiume ed aspettare.


Cioè resistere, garantire ordine e sicurezza alle zone sotto il loro controllo, assicurarsi perlomeno la neutralità della popolazione. Ed attendere ciò che era prevedibile già dieci anni fa: il crollo della baracca di corruzione, inettitudine militare ed amministrativa, indifferenza per i bisogni dei civili, messa in piedi dalle forze di occupazione.


   L’analisi che avevo fatto nel 2011 per il Parlamento europeo parlava chiaro. Non c’era speranza di una soluzione militare, e senza una svolta radicale delle politiche occidentali l’Afghanistan sarebbe caduto nelle mani dei talebani.


  L’ unica cosa che non avevo considerato nel mio rapporto era l’identità del vero futuro vincitore della guerra dell’Afghanistan: la Cina.

Pino  Arlacchi

Pino Arlacchi

Ex vice-segretario dell'Onu. Il suo ultimo libro è "Contro la paura" (Chiarelettere, 2020)

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