"Pace e sicurezza si deteriorano in tutto il mondo". Cosa emerge dal rapporto SIPRI 2023

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"Pace e sicurezza si deteriorano in tutto il mondo". Cosa emerge dal rapporto SIPRI 2023


di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico

 

Secondo l’ultimo rapporto redatto dagli specialisti dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), nel 2023 la spesa militare a livello globale ha toccato quota 2.243 miliardi di dollari, con un aumento in termini reali del 6,8% rispetto al 2022. Si tratta dell’incremento su base annua più significativo a partire dal 2009, trainato soprattutto da Stati Uniti, Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa.

 

Più specificamente, gli Usa hanno stanziato a beneficio del Pentagono 916 miliardi di dollari (37% del totale a livello planetario), con un incremento del 2,3% rispetto al 2022 (e del 9,9% rispetto al 2014); la Cina ha portato il bilancio della difesa a 296 miliardi di dollari (+6% su base annua; +60% rispetto al 2014; 12% del totale a livello mondiale), consacrando il 2023 come il ventinovesimo anno consecutivo di spese militari crescenti; la Russia ha espanso il budget militare del 24% rispetto al 2022 (e del 57% rispetto al 2014), raggiungendo i 109 miliardi di dollari che equivalgono al 5,9% del Pil (e al 4,5% della spesa militare a livello globale) e rappresentano il picco di spesa a fini bellici mai toccato dal collasso dell’Unione Sovietica.

La crescita record delle spese militari registrata nel 2023 non va tuttavia imputata unicamente al pur determinante apporto fornito dalla “triade” Stati Uniti-Cina-Russia, come si evince dall’incremento degli sforzi profusi dai primi dieci Paesi che compaiono nella graduatoria dei maggiori investitori a fini militari compilata dal Sipri. Vale a dire India (83,6 miliardi, +4,2% su base annua), Arabia Saudita (75,8 miliardi, +4,3% su base annua), Gran Bretagna (74,9 miliardi, +7,9% su base annua), Germania (66,8 miliardi, +9% su base annua), Ucraina (64,8 miliardi, +51% su base annua), Francia (61,3 miliardi, +6,5% su base annua), e Giappone (50,2 miliardi, +11% su base annua).

 

 

Alle spese militari sostenute dall’Ucraina vanno peraltro sommate le forniture concesse nel corso dell’anno dai suoi sostenitori occidentali, che il Sipri quantifica in 35 miliardi di dollari – 25,4 dei quali riconducibili agli Stati Uniti. Dalla combinazione tra spesa militare ucraina e supporto occidentale scaturisce un ammontare equivalente al 91% circa del bilancio della difesa russo – il Kiel Institute for the World Economy formula stime più imponenti circa i trasferimenti di materiale bellico occidentale a Kiev.

Complessivamente, calcola il Sipri, la spesa militare sostenuta nel 2023 dai Paesi membri della Nato si è attestata a quota 1.341 miliardi di dollari, pari al 55% della spesa militare mondiale. Gli Stati Uniti coprono da soli il 68% del bilancio totale dell’Alleanza Atlantica, la contro il 28% degli europei e il 4% di Turchia e Canada.

La spesa militare della Polonia (collocata al quattordicesimo posto nella graduatoria compilata dal Sipri) ha raggiunto i 31,6 miliardi di dollari, con un aumento del 75% rispetto al 2022. Crescite di entità altrettanto significativa sono state registrate da Finlandia (+54% su base annua) e Svezia (+12%), due membri della Nato di freschissima adesione che hanno chiuso il 2023 con una spesa militare pari rispettivamente a 7,3 e 8,8 miliardi di dollari. Incrementi parimenti ragguardevoli in seno all’Alleanza Atlantica riguardano Turchia (15,8 miliardi, +37% su base annua), Danimarca (8,1 miliardi, + 39% su base annua), Olanda (16,6 miliardi, +14%), Spagna (23,7 miliardi, +9,8% su base annua) e Canada (27,2 miliardi, +6,6% su base annua). Le uniche eccezioni all’interno della Nato sono rappresentate da Grecia, (7,7 miliardi, -17% su base annua), Italia (35,5 miliardi, -5,9% su base annua) e Romania (5,6 miliardi, -4,7% su base annua). Ben 11 dei 31 membri della Nato hanno raggiunto o superato i livelli di spesa (2% del Pil) previsti dallo Statuto dell’Alleanza Atlantica. Come rileva Lorenza Scarazzato, ricercatore in forza al Sipri, «per gli Stati europei membri della Nato, gli ultimi due anni di guerra in Ucraina hanno cambiato radicalmente le prospettive di sicurezza. Questo cambiamento nella percezione della minaccia si riflette in quote crescenti del Pil destinate alla spesa militare, con l’obiettivo Nato del 2% sempre più visto come un “pavimento” piuttosto che una soglia da raggiungere».

Nel teatro asiatico e oceanico, la Cina copre da sola circa la metà della spesa militare sostenuta dai Paesi dell’intera macroregione (595 miliardi), che registrano tendenze contrastanti per quanto concerne gli stanziamenti a beneficio della difesa. Gli aumenti assai ragguardevoli da parte di India, Giappone e Taiwan (16,6 miliardi, +11% su base annua) fanno da contraltare ai netti ridimensionamenti riguardanti Pakistan (8,5 miliardi, -13% su base annua), Indonesia (9,5 miliardi, -7,4% su base annua) Thailandia (5,8 miliardi -6,5%) e persino Australia (32,3 miliardi, -1,5% su base annua). Pressoché “stagnante” risulta la situazione in Corea del Sud (47,9 miliardi, +1,1% su base annua) e a Singapore (13,2 miliardi, +1,4% su base annua).

In Medio Oriente, la spesa militare complessiva è aumentata nel 2023 del 9%, a 200 miliardi di dollari. Si tratta del tasso di crescita su base annua più alto registrato nella regione negli ultimi dieci anni, trainato dall’Arabia Saudita e da Israele. I cui fondi destinati al settore della difesa sono aumentati del 24%, a 27,5 miliardi, a causa, spiega Diego Lopes da Silva del Sipri, del «rapido cambiamento della situazione nella regione: dal riscaldamento delle relazioni diplomatiche tra Israele e diversi Paesi arabi negli ultimi anni allo scoppio di una grande guerra a Gaza e ai timori di una conflitto a livello regionale». I dati disponibili indicano che l’Iran (Paese non arabo) ha sostenuto nel 2023 spese militari pari a 10,3 miliardi, con un incremento su base annua dello 0,6%, e incrementato drasticamente la quota destinata al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, cresciuta dal 27% al 37% tra il 2019 e il 2023.

In Africa, la spesa militare ha raggiunto nel 2023 quota 51,6 miliardi di dollari, con un aumento del 22% rispetto al 2022. Ben 28,5 miliardi sono riconducibili ai Paesi nordafricani, i cui stanziamenti a beneficio della difesa sono aumentati su base annua del 38%. A partire dall’Algeria (18,3 miliardi, +76% su base annua: il maggiore incremento annuale dal 1974), mentre il Marocco si è posto in controtendenza (5,2 miliardi, -2,5%). Nella regione sub-sahariana, invece, la spesa miliare ha raggiunto nel 2023 i 23,1 miliardi di dollari, pari all’8,9% in più rispetto al 2022 ma anche al 22% in meno rispetto al 2014. L’aumento nel 2023 va in larga parte attribuito all’aumento degli stanziamenti da parte di Repubblica Democratica del Congo (+105%), Sud Sudan (+78%) e Nigeria (+20%).

In America centrale e meridionale, si registrano gli incrementi della spesa militare brasiliana, (22,9 miliardi, +3,1% su base annua) e dominicana (893 milioni, +14% su base annua), mentre quella messicana è diminuita (11,8 miliardi, -1,5% su base annua).

 


Nel complesso, conclude Nan Tian del Sipri, si assiste a «un aumento della spesa militare in tutte e cinque le regioni geografiche del pianeta […] Si tratta di un riflesso del deterioramento della pace e della sicurezza in tutto il mondo. Non esiste una regione in cui la situazione sia migliorata».

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