"Non è guerra, è genocidio": il grido di Lula su Gaza da Parigi
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, al fianco di Emmanuel Macron a Parigi, ha lanciato un grido di accusa che ha fatto tremare i vetri della diplomazia internazionale. "Quello che sta accadendo a Gaza non è una guerra. È un genocidio", ha affermato Lula, la voce rotta dall’emozione. Con sguardo fermo, Lula ha dipinto un quadro agghiacciante: "Un genocidio di livello altamente preparato, portato avanti da un esercito addestratissimo contro donne e bambini". Ogni giorno, ha sottolineato, il mondo assiste impotente a questa tragedia sotto i suoi occhi. A tal proposito ha citato i 95 civili uccisi il giorno prima – "tutti innocenti, nemmeno un capo di Hamas" – come prova della brutalità sistematica. E quindi ha puntato il dito direttamente contro Benjamin Netanyahu, definendolo "un governante di estrema destra" che combatte "una guerra persino contro gli interessi del suo stesso popolo".
Con amarezza, il leader brasiliano ha smascherato una cruda verità: "L’altro giorno abbiamo pianto due ebrei uccisi nell’ambasciata israeliana negli USA. Ma lo stesso giorno, due bambini palestini sono morti trasportando un sacco di farina, e per loro nessuna solidarietà". Un’ingiustizia stridente che, per Lula, tradisce un trattamento disumano: "Non possiamo trattare i palestinesi come cittadini di serie B. Sono esseri umani che vogliono vivere liberi come noi". Infine un monito: "Il giorno che perderò la capacità d’indignarmi, non meriterò più di guidare il mio Paese".
Le sue parole arrivano dopo il nuovo veto degli Stati Uniti in Consiglio di Sicurezza, che ha bloccato mercoledì la risoluzione per un cessate il fuoco immediato e l’accesso agli aiuti umanitari. Numeri spietati fanno da sfondo: secondo il Ministero della Sanità palestinese a Gaza, i morti dallo scorso 7 ottobre hanno superato i 54.600, con oltre 125.000 feriti. Di fronte a questa paralisi, Lula ha rilanciato con forza la necessità di una riforma strutturale del Consiglio di Sicurezza ONU, giudicato "politicamente debole". Africa e Sud America senza rappresentanza, e Paesi chiave come Giappone e India esclusi: per Lula, è ora di cambiare.
Se con Macron c'è concordanza di vedute su Gaza, riguardo l'altro conflitto però, è emerso un abisso tra i due leader. Lula, pur condannando l’occupazione russa dell’Ucraina, ha difeso la sua scelta di dialogare con Mosca e Pechino: "La guerra non costruisce nulla, solo distrugge", ha ricordato di aver detto a Putin, ribadendo che "il negoziato è l’unica via". Macron ha replicato con la solita e stantia litania occidentale: "C’è un aggressore, la Russia, e una vittima, l’Ucraina. Trattarli come ugualmente responsabili è inaccettabile".