La triste deriva del movimento pro-Pal

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La triste deriva del movimento pro-Pal

 

di Michelangelo Severgnini

 

Il combinato tra il buco nell'acqua delle Flottiglie e l'improvviso accordo strappato da Trump a Gaza, ha gettato nello sconforto e nello smarrimento la quasi totalità dei manifestanti mobilitatisi in questi ultimi mesi.

Lo smarrimento si dirama in due derive.

La prima deriva vede Hamas come una marionetta di Israele, da quest’ultimo è finanziato e ogni sua mossa risponde ai piani di Israele, a cominciare dall'attacco del 7 ottobre che ha dato via libera ad Israele nella sua distruzione di Gaza. Di conseguenza, ora, questa non può che essere una tregua prima dell'attacco finale. Se Hamas è una marionetta di Israele, dunque lo sarebbero anche Turchia, Egitto e Qatar che fattivamente non hanno mai smesso di dare supporto diretto ad Hamas. Quindi tutto il Medio Oriente sarebbe marionetta di Israele. E dunque, che si fa per i Palestinesi? Nulla. Sono spacciati. Una prece.

La seconda prevede che Hamas sia la vera resistenza, ma una resistenza più teorica che pratica, fatta di un sapiente intreccio di relazioni internazionali di cui loro, i movimenti civili occidentali e le loro flottiglie, fanno parte, insieme alle azioni legali e alle risoluzioni delle Nazioni Unite che le loro campagne possono mettere sul tavolo. Sul campo la Resistenza, per loro, fa quel che può. Ma non sarà la guerriglia palestinese a cambiare le sorti di Gaza, lo sarà questa Resistenza teorica e diplomatica, che porta la gente in piazza, che mette Israele alle corde sul piano della moralità e che forza i blocchi là (nelle intenzioni) e li promuove qui, cambiando le sorti politiche del conflitto, mettendo Israele e le amministrazioni di destra Trump e Meloni con le spalle al muro travolte dall'intraprendenza della società civile. Sì, però. Però i blocchi non sono stati forzati lì, infatti le flottiglie non sono mai arrivate. E qui i blocchi promossi non si può sapere se abbiamo veramente spostato qualcosa perché subito è arrivato l'accordo di Trump. Tant’è che anche secondo questa visione questo accordo è falso, non è un vero accordo, è solo un modo per prendere tempo e perseguire gli stessi obiettivi con metodi più subdoli, ad esempio la lotta ad Hamas all’interno della Striscia attraverso le bande collaborazioniste.

In queste due letture si consuma la produzione intellettuale esibita nel dibattito italiano e occidentale 

Mi permetto di definire derive queste due letture (ossia ragionamenti che non portano a nulla), alla luce di un percorso che da alcuni mesi sto facendo insieme a Rabi Bouallegue, in contatto quotidiano con diverse fonti sul campo all’interno della Striscia.

In questo tempo ci siamo radicati ai racconti e alla visione di un manipolo di ragazzi Palestinesi sul campo a Gaza, come antidoto alle propagande occidentali e alle narrazioni fiabesche.

Fatalmente, la loro visione dal campo prende le distanze da entrambe queste letture in voga qui in Occidente.

La loro visione, raccolta e divulgata nelle puntate di Radio Gaza (in premiere ogni giovedì alle 18 sul canale YouTube dell'AntiDiplomatico), è stata prima oggetto di un tentativo di delegittimazione e poi, una volta rivelatasi fondata alla prova dei fatti, fatta sparire sotto il tappeto per imbarazzo, estromessa dalla discussione, tagliata fuori dai dibattiti.

Eppure i punti chiave illustrati nei mesi scorsi da queste fonti, e comprovati ora dai fatti, sono ancora lì ad attendere smentite.

 

1) “I piani di evacuazione dei Gazawi, tra cui il trasferimento in Libia, sono inattuabili, politicamente e logisticamente”. Ci pare che ormai l’agenda preveda infatti tutt’altro. 

2) “Le flottiglie non arriveranno a Gaza ma i flottigliani torneranno sani e salvi”. Ormai è storia. 

3) “Gaza è una fortezza inespugnata”. Così è stato alla fine. 

4) “Hamas è sostenuto largamente dalla popolazione della Striscia al punto da poter contare su una Resistenza popolare”. Stiamo vedendo infatti come in questi giorni, proprio grazie al largo consenso di cui gode, Hamas stia riprendendo il controllo amministrativo della Striscia.

 

In sintesi, il racconto di chi è sul campo ci dice, come riportato già numerose volte (già molto prima dell’accordo, dunque in tempi non sospetti), che Gaza non è un spianata inerme ma una fortezza ancora inespugnata, animata da una Resistenza popolare e da un sistema di tunnel che al momento lo stesso Israele giudica intatto e non mappato all'80%. Per non parlare dei giovani partigiani della Resistenza palestinese, che assicurano un fronte di combattimento che mai è diminuito nei numeri, nonostante le ingenti perdite.

In definitiva, i Palestinesi a Gaza ci stanno dicendo, e gli ospiti a Radio Gaza lo ripetono da mesi, che noi Occidentali dovremmo smetterla di volerci vedere come il fattore determinante, come la variabile decisiva nella vicenda, perché questo forse aggrega facile consenso qui, ma lì, sul campo, non è in grado di spostare una foglia.

La loro visione sulle cose, visto che non devono gestire la frustrazione di flottiglie mai arrivate, è dunque quella di prendere coscienza di questo passo avanti decisivo.

Bisogna capire da cosa questo passo avanti decisivo sia stato prodotto, semmai. Dal buon cuore di Trump? No. Dal perfido calcolo di Netanyahu? No. 

Per loro questa tregua è una vittoria. È una vittoria politica che si manifesta attraverso alcuni fatti inesorabili e ormai realtà: quasi 5.000 prigionieri Palestinesi (fratelli, figli e padri) sono tornati a casa. Non solo. La distruzione e l’eradicazione di Hamas era l'obiettivo di Israele all’indomani del 7 ottobre e ora al contrario Hamas è più soggetto politico di prima, mentre il suo consenso nella Striscia è al suo picco.

Per non parlare del versante militare.

Nessun blocco è stato forzato da barche e barchette. Al contrario la Resistenza (non quella a parole, ma quella fatta da alcune migliaia di giovani poco equipaggiati ma dotati di un coraggio leggendario) ha tenuto però inchiodato l'IDF a Gaza Città per settimane, frenandone l'avanzata ed esponendo Israele ad una figuraccia mondiale. In due anni di carneficina e genocidio Israele non è riuscito ad aver ragione della Resistenza di Gaza, questo è il dato di partenza. Mentre i dividendi degli investimenti stranieri in Israele precipitavano in una spirale esponenziale, nella più classica delle dinamiche coloniali.

Trump ha dunque detto basta. Ha detto basta perché ha giudicato Netanyahu un folle incapace di fermarsi persino di fronte ad un evidente tracollo. Continuare sarebbe stato solo peggio. Ogni giorno in più impantanato a Gaza, sarebbe stata una spalata nella fossa di Israele.

Questa è la storia che ci restituiscono dal campo a Gaza. Ed è una storia che ricolloca i soggetti in un ordine che a molti pro-Pal non piacerà.

Insomma, da Gaza ci stanno dicendo di rimanere sul pezzo, di attenerci ai fatti, di non partire per derive che saranno linfa per le battaglie locali, ma che non hanno nulla a che fare con le dinamiche che interessano a Gaza.

Come raccontato ormai centinaia di volte, sostenere il popolo di Gaza direttamente con la campagna “Apocalisse Gaza” (108 mila euro raccolti e inviati nella Striscia in 4 mesi) è stato ed è un modo concreto per sostenere la Resistenza, perché quella di Gaza è una resistenza popolare.

Dunque, giù il cappello di fronte alla Resistenza di Gaza!

Mettiamoci al loro fianco e non alla loro testa, perché il popolo di Gaza viaggia al doppio della nostra velocità e ci passa sopra.

Questo è successo. Questa è la dinamica che è passata sulle teste del movimento pro-Pal in Occidente, che potremmo anche chiamare la sindrome dei "freakettoni per il Vietnam", quelli che pensavano di aver avuto più peso dei Vietcong stessi.

 

Per donazioni: https://paypal.me/apocalissegaza

FB: RadioGazaAD

 

“Una giornata a Gaza”

https://www.youtube.com/watch?v=2kDDCHQvZ44&t=39s

 

“Pentoloni per Gaza”

https://www.youtube.com/watch?v=yoOuewWBCH8

 

“Donne di Gaza”:

https://youtu.be/O3d8EkCdXJQ

 

“Lenticchie e acqua fresca per le retrovie di Gaza”

https://www.youtube.com/watch?v=YGHGmcSnM5k

 

Il promo di Radio Gaza: 

https://www.youtube.com/watch?v=xI_NM5QVBBg

 

Radio Gaza puntata 01:

https://www.youtube.com/watch?v=gO15guUmkaw&t=2s

 

Radio Gaza puntata 02:

https://www.youtube.com/watch?v=Vl1CvdGCQIs&t=63s

 

Radio Gaza puntata 03:

https://www.youtube.com/watch?v=ugfc80t96cs

 

Radio Gaza puntata 04:

https://www.youtube.com/watch?v=nC_PL6Gf7Kw

 

Radio Gaza puntata 05:

https://youtu.be/H5yu0A5tcEs

 

Radio Gaza puntata 06:

https://www.youtube.com/watch?v=PgQzXQisz3I&t=1s

 

Radio Gaza puntata 07:

https://www.youtube.com/watch?v=ruzFkU5xUbw

 

Radio Gaza puntata 08:

https://www.youtube.com/watch?v=8LJNS5ET5Gg

 

Radio Gaza puntata 09:

https://www.youtube.com/watch?v=wNvV810a-HE

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Il suo film “L'Urlo" è stato oggetto di una censura senza precedenti in Italia.

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