Jeffrey Sachs - L'ideologia del genocidio di Israele deve essere affrontata e fermata
di Jeffrey D. Sachs | 30 settembre 2024 | Common Dreams
Quei violenti estremisti che controllano oggi il governo di Tel Aviv credono che Israele abbia la licenza biblica, anzi il mandato religioso, di distruggere il popolo palestinese.
Quando il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu è salito sul podio dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite la scorsa settimana, decine di governi sono usciti dall'aula. L'avversione globale verso la sua figura e quella verso il suo governo è dovuta alla depravata violenza nei confronti dei suoi vicini arabi. Netanyahu porta avanti un'ideologia fondamentalista che ha trasformato Israele nella nazione più violenta del mondo. Il credo fondamentalista che lo muove parte dal principio che i palestinesi non hanno alcun diritto ad avere una propria nazione. La Knesset israeliana ha recentemente approvato una dichiarazione che rifiuta uno Stato palestinese in quella che definisce “Terra d'Israele”, ovvero la terra a ovest del fiume Giordano.
Il Parlamento israeliano si oppone fermamente alla creazione di uno Stato palestinese a ovest del Giordano. L'istituzione di uno Stato palestinese nel cuore della Terra d'Israele rappresenterà un pericolo esistenziale per lo Stato d'Israele e i suoi cittadini, perpetuerà il conflitto israelo-palestinese e destabilizzerà la regione.
Definire la terra a ovest del Giordano il “cuore della Terra d'Israele” lascia senza parole. Israele è una parte della terra a ovest del Giordano, non l’intero territorio. La Corte internazionale di giustizia ha recentemente stabilito che l'occupazione israeliana delle terre palestinesi (quelle al di fuori dei confini di Israele al 4 giugno 1967, prima della guerra del giugno 1967) è palesemente illegale. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha recentemente votato a larga maggioranza per sostenere la sentenza della Corte internazionale di giustizia e ha chiesto a Israele di ritirarsi dai territori palestinesi entro un anno.
Vale la pena ricordare che quando l'impero britannico promise una patria ebraica nella Palestina ottomana nel 1917, gli arabi palestinesi costituivano circa il 90% della popolazione. Al momento del piano di spartizione delle Nazioni Unite del 1947, la popolazione araba palestinese era circa il 67% della popolazione, anche se il piano di spartizione proponeva di dare agli arabi solo il 44% della terra. Ora Israele rivendica il 100% della terra.
Le fonti di questa sfacciataggine sono molteplici, la più importante delle quali è il sostegno da parte della potenza militare statunitense. Senza il sostegno militare degli Stati Uniti, Israele non potrebbe governare un regime di apartheid in cui gli arabi palestinesi costituiscono quasi la metà della popolazione, ma non detengono alcun potere politico. Le generazioni future guarderanno con stupore al successo della Lobby israeliana nel manipolare le forze armate statunitensi a grave discapito della sicurezza nazionale e della pace globale.
Oltre all'esercito americano, c'è un'altra fonte di profonda ingiustizia da parte di Israele nei confronti del popolo palestinese: il fondamentalismo religioso di fanatici come l'autoproclamato fascista Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze israeliano, e il ministro della Difesa nazionale Itamar Ben-Gvir. Questi fondamentalisti si aggrappano al testo biblico di Giosuè, secondo il quale Dio ha promesso agli israeliti la terra “dal deserto del Negev a sud alle montagne del Libano a nord, dal fiume Eufrate a est al Mar Mediterraneo a ovest”. (Giosuè 1:4).
La scorsa settimana, all'ONU, Netanyahu ha nuovamente rivendicato la terra d'Israele su basi bibliche: “Quando ho parlato qui l'anno scorso, ho detto che ci troviamo di fronte alla stessa scelta senza tempo che Mosè pose al popolo di Israele migliaia di anni fa, quando stavamo per entrare nella Terra Promessa. Mosè ci disse che le nostre azioni avrebbero determinato se avremmo lasciato in eredità alle generazioni future una benedizione o una maledizione”.
Quello che Netanyahu non ha detto ai suoi colleghi leader (la maggior parte dei quali aveva comunque lasciato la sala), è che Mosè ha tracciato un percorso genocida verso la Terra Promessa (Deuteronomio 31):
[Il Signore distruggerà queste nazioni davanti a te e tu le spossesserai”. Giosuè è colui che vi precederà, come il Signore ha detto. “Il Signore farà loro quello che fece a Sihon e a Og, re degli Amorrei, e al loro paese, quando li distrusse. “Il Signore li consegnerà davanti a voi e voi farete loro secondo tutti i comandamenti che vi ho dato”.
Gli estremisti violenti israeliani credono che Israele abbia la licenza biblica, anzi un mandato religioso, di distruggere il popolo palestinese. Il loro eroe biblico è Giosuè, il comandante israeliano che succedette a Mosè e che guidò le conquiste genocide degli israeliani. (Netanyahu ha anche fatto riferimento agli Amaleciti, un altro caso di genocidio ordinato da Dio dei nemici degli israeliti, in un chiaro “fischio” ai suoi seguaci fondamentalisti). Ecco il racconto biblico della conquista di Hebron da parte di Giosuè (Giosuè 10):
Giosuè e tutto Israele con lui salirono da Eglon a Ebron e la combatterono. La conquistarono e colpirono a fil di spada il suo re, tutte le sue città e tutte le persone che vi si trovavano. Non lasciò alcun superstite, come aveva fatto con Eglon. Distrusse completamente la città e ogni persona che vi si trovava.
C'è una profonda ironia in questo racconto genocida. Quasi sicuramente non è storicamente accurato. Non ci sono prove che i regni ebraici siano nati da genocidi. Molto probabilmente sono sorti da comunità locali cananee che hanno adottato le prime forme di ebraismo. I fondamentalisti ebrei aderiscono a un testo del VI secolo a.C. che molto probabilmente è una ricostruzione mitica di presunti eventi avvenuti diversi secoli prima e una forma di spavalderia politica che era comune nella politica del Vicino Oriente antico. Il problema sono i politici israeliani del XXI secolo, i coloni illegali e gli altri fondamentalisti che si propongono di vivere e uccidere secondo la propaganda politica del VI secolo a.C..
I fondamentalisti violenti di Israele non sono al passo con le forme accettabili di statistica e di diritto internazionale di oggi da circa 2.600 anni. Israele ha il dovere di rispettare la Carta delle Nazioni Unite e le Convenzioni di Ginevra, non il Libro di Giosuè. Secondo la recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e la risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che la sostiene, Israele deve ritirarsi nei prossimi dodici mesi dalle terre palestinesi occupate. Secondo il diritto internazionale, i confini di Israele sono quelli del 4 giugno 1967, non dall'Eufrate al Mar Mediterraneo.
La sentenza della Corte internazionale di giustizia e il voto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite non sono una sentenza contro lo Stato di Israele in sé. È una sentenza solo contro l'estremismo, anzi contro l'estremismo e la cattiveria da entrambi i lati della divisione. Ci sono due popoli, ciascuno con circa la metà della popolazione complessiva (e con non poche divisioni sociali, politiche e ideologiche interne alle due comunità). Il diritto internazionale richiede due Stati che vivano fianco a fianco, in pace.
La soluzione migliore, per la quale dovremmo impegnarci e sperare al più presto, è che i due Stati e i due popoli convivano e traggano forza l'uno dall'altro. Fino ad allora, tuttavia, la soluzione pratica sarà rappresentata da forze di pace e confini fortificati per proteggere ciascuna parte dall'animosità dell'altra, ma con la possibilità di prosperare. La situazione assolutamente intollerabile e illegale è lo status quo, in cui Israele governa brutalmente sul popolo palestinese.
La speranza è che presto ci possa essere uno Stato di Palestina, sovrano e indipendente, che la Knesset lo voglia o meno. Non è una scelta di Israele, ma il mandato della comunità mondiale e del diritto internazionale. Quanto prima lo Stato di Palestina sarà accolto come Stato membro dell'ONU, con la sicurezza di Israele e della Palestina sostenuta dalle forze di peacekeeping dell'ONU, tanto prima arriverà la pace nella regione.
Fonte: https://www.commondreams.org/opinion/israel-s-policy-of-genocide