Il sionismo e le armi: una testimonianza degli anni '60
Una brevissima testimonianza, risalente agli anni '60 e '70, di come il sionismo imponga da sempre agli ebrei, cittadini di paesi che non siano Israele, di accorrere in aiuto dello stato ebraico e, all'occorrenza, impugnare le armi, ogni qualvolta questo scenda in guerra nella sua espansione verso i territori dei paesi vicini. Se ne sono avuti esempi, anche relativi all'Italia, nelle stesse operazioni di pulizia etnica e massacri indiscriminati contro la popolazione civile palestinese che le forze armate terroristiche di Tel Aviv stanno conducendo ormai da oltre un anno.
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Vorremmo fare qui una breve analisi delle tattiche, di alcune tecniche e dei metodi di lavoro del sionismo internazionale e del suo tentativo di realizzare il programma generale che, in forma concisa, ha delineato il 2 giugno 1967 - tre giorni prima dell'aggressione di Israele - il rabbino capo della Gran Bretagna, Immanuel Jacobowitz. (l'attuazione di questo programma fornisce, tra l'altro, una base per l'intelligence). «Dobbiamo - ha dichiarato, «fare in modo che non ci sia nel mondo un solo ebreo che si sottragga al suo dovere. La gioventù deve essere pronta a battersi. Altri, non appena ricevono la telefonata da Israele, devono recarvisi senza indugio e occupare i propri posti di coscritti. Tutti gli altri devono pagare una tassa individuale per ogni ebreo. Se lo vogliono, tutti noi dobbiamo metterci sotto la loro guida». (riportato da Krasnaja Zvezda, 3 ottobre 1967)
(A nostro avviso, solo il fascista Mosley, nel paese d'Albione, presenta le proprie idee in una simile forma perentoria, estranea sia alla lingua inglese che alle tradizioni inglesi...). E dunque, Jacobowitz non ha menzionato né Inghilterra, o Francia o Unione Sovietica, ma ha sottolineato senza mezzi termini il carattere globale dei compiti che il centro internazionale sionista sta portando avanti attraverso i suoi agitatori diretti e volontari, in nome della difesa e del rafforzamento delle posizioni dell'imperialismo.
Perché non si abbia l'impressione che la dichiarazione di Jacobowitz costituisca un fenomeno isolato, un'affermazione “irresponsabile” di un singolo, citiamo una precedente dichiarazione di Ben Gurion, quasi a rivelare l'essenza di ciò che Jacobowitz ha detto. «Ciò significa», aveva dichiarato Ben Gurion, «prestare aiuto a Israele, indipendentemente dal fatto che lo desideri o meno il governo del paese in cui vivono e a cui sottostanno gli ebrei..... Quando noi diciamo: un'unica nazione ebraica, dobbiamo ignorare il fatto che la nazione ebraica sia sparsa in tutto il mondo e che gli ebrei che vivono in questo o quel luogo siano cittadini degli stati in cui risiedono».
I lavoratori ebrei, cui sono estranei gli interessi dei sionisti e dei loro patroni imperialisti, ovviamente respingono tali raccomandazioni. Letteralmente lo stesso giorno di Jacobowitz (cioè il 2 giugno 1967 - un sincronismo significativo!), a centinaia di miglia di distanza dall'Inghilterra - in Svizzera - l'organo sionista “Israelitisches Wochenblatt” pubblicava un proclama dell'Organizzazione sionista mondiale, in cui, oltre a delineare i principi del programma d'azione sionista, si delineavano anche la strada della sua attuazione: «L'esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele sono minacciate.... L'intera popolazione di Israele è consapevole del pericolo che grava su di essa ed è disposta a ogni sacrificio. In queste ore difficili, tutti gli strati della popolazione (ebraica), indipendentemente dal paese di origine o dal partito di appartenenza, hanno messo incondizionatamente i loro servigi a disposizione dello stato di Israele. Le espressioni di simpatia e le assicurazioni di piena solidarietà che stiamo ricevendo da tutte le comunità ebraiche, costituiscono un'ulteriore fonte di coraggio e di fiducia per la popolazione di Israele nella lotta che la attende. Ma la situazione sta degenerando e non possiamo prevedere quanto durerà. In questo momento decisivo», esclamano pateticamente gli autori del proclama (che nel frattempo avevano finito di istruire gli equipaggi dei bombardieri israeliani), «ci rivolgiamo a tutti i nostri fratelli della diaspora con l'appello a rafforzare il legame tra Sion e diaspora, a mobilitare la simpatia e il sostegno attivo per Israele tra tutti i popoli del mondo, aumentare le donazioni, incitare le giovani generazioni a venire in Israele e a lavorare al posto di coloro che, per la difesa del paese, si sono portati ai confini dello Stato, a tendere al massimo le proprie risorse materiali, a dare aiuti finanziari e a sopportare così le straordinarie difficoltà imposte a Israele. Non è possibile prevedere in anticipo l'entità delle risorse finanziarie necessarie in questa crisi, in ogni caso essa è oltremodo considerevole....», ecc.
da Jurij Ivanov - “Ostorožno: sionizm!” - Ocerki po ideologii, organizatsii i praktike sionizma - Izdatel'stvo politiceskoj literatury; Moskva, 1969 (“Attenti: sionismo!”, cenni su ideologia, organizzazione e pratica del sionismo – Ed. di Letteratura politica; Mosca 1969)
(traduzione fp)