I risvolti militari e geopolitici del Trattato siglato da Mosca e Pyongyang  

I risvolti militari e geopolitici del Trattato siglato da Mosca e Pyongyang   

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di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico 

 

Le recenti visite del presidente russo Vladimir Putin a Pyongyang e Hanoi hanno scatenato una serie di “smottamenti” geopolitici di forte rilievo. Nella notte fonda di mercoledì 19 giugno, il leader del Cremlino è stato accolto in pompa magna dall’omologo nordcoreano Kim Jong-un, che lo ha abbracciato e gli ha concesso in dono due cani di razza coreana Pungsan – un cane della stessa razza era stato regalato da Kim al presidente sudcoreano Moon Jae-in nell’ambito della distensione promossa nel 2018 da Donald Trump. Dopo una serie di negoziazioni, le parti hanno sottoscritto un trattato di alleanza politica e militare che consolida la precedente intesa in materia di cooperazione tecnologica (balistica e aerospaziale) siglata verso la fine del 2022, estendendola ai settori economici e culturali.

L’accordo, pubblicato dalla «Korean Central News Agency», sostituisce pl preesistente Trattato di amicizia, buon vicinato e cooperazione del 2000 e si articola in 23 punti configurando una sorta di partenariato strategico affine sotto diversi aspetti a quello raggiunto tra Russia e Cina. Impegna infatti i contraenti sia a mobilitare tutti i mezzi a disposizione per fornire immediata assistenza militare a fronte di un attacco esterno contro la controparte, sia a non sottoscrivere alcuna intesa con soggetti terzi che confligga con gli interessi reciproci. Sul versante strettamente militare, il patto prevede un incremento della collaborazione reciproca mirata al potenziamento delle capacità difensive e di deterrenza reso necessario, ha rilevato l’assistente del Cremlino Yury Ushakov, dai pesanti stravolgimenti  degli assetti geopolitica sia regionali che globali.

Un ruolo tutt’altro che marginale all’interno del Trattato firmato da Putin e Kim è stato riservato al commercio e alla cooperazione economica, in linea con l’approccio ispirato al pragmatismo tipico il leader del Cremlino che nella fattispecie punta ad agevolare lo sviluppo dell’Estremo Oriente russo. È in questa luce che vanno lette le decisioni russe di cancellare il 90% degli 11 miliardi di dollari di debito nordcoreano risalenti all’epoca sovietica e di porre il veto a una risoluzione presentata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti che richiedeva l’imposizione di ulteriori sanzioni contro la Repubblica Popolare Democratica di Corea. Le iniziative, contestuali a un più ampio sforzo russo di integrazione della Corea del Nord nel circuito economico internazionale attraverso la revoca di gran parte delle misure punitive (definite “pratiche neocolonialiste”) vigenti contro la Corea del Nord, sono state accompagnate da un incremento dell’interscambio commerciale, cresciuto nel 2023 di ben nove volte su base annua. Ai sensi del Trattato, Mosca ha ottenuto il via libera per l’importazione di lavoratori nordcoreani necessari a colmare il cronico deficit di forza lavoro qualificata che si registra nell’Estremo Oriente russo, e definito i termini per il rilancio dei progetti strategici relativi allo sviluppo del porto logistico congiunto di Rajin, in grado di assicurare un afflusso costanti di merci russe sui mercati dell’Asia-Pacifico, e alla realizzazione di un ponte stradale di frontiera sul fiume Tumannaya.

Kim Jong-un, che ha ricevuto da Putin l’invito a visitare Mosca in un futuro prossimo, ha rimarcato che le relazioni bilaterali non erano mai state così prospere nemmeno nel secolo scorso, e identificato la Russia come «l’amica e l’alleata più onesta» della Corea del Nord dopo aver insignito Putin della massima onorificenza nazionale (l’Ordine di Kim Il Sung), definendolo «il più caro amico del popolo coreano».

Putin ha invece definito il Trattato «un documento rivoluzionario […] e fondamentale, che costituirà la base delle nostre relazioni a lungo termine» nel rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale. Risulterà pertanto funzionale al solo scopo di promuovere la stabilità dell’Asia nord-orientale, e non sarà pertanto rivolto contro alcun Paese, ha aggiunto il presidente russo. La rassicurazione non ha convinto la classe dirigente sudcoreana, che in risposta alla sottoscrizione del Trattato da parte di Mosca e Pyongyang ha pubblicamente ventilato l’ipotesi di rimuovere il veto sulla fornitura di armi letali all’Ucraina. Valutazioni sostanzialmente analoghe sono state espresse da Tokyo, che tramite il portavoce del governo Yoshimasa Hayashi ha dichiarato che «siamo molto preoccupati per il fatto che il presidente russo non abbia escluso una cooperazione tecnico-militare con la Corea del Nord». Qualora l’opzione menzionata da Seul dovesse tradursi in provvedimenti concreti, il Cremlino darebbe a sua volta seguito immediato agli avvertimenti formulati durante la visita di Putin in Vietnam, secondo cui l’autorizzazione all’impiego di armi occidentali per colpire il territorio russo concessa dall’amministrazione Biden a Kiev legittima la Russia a rispondere simmetricamente, rifornendo di sistemi d’arma russi gli alleati che si trovano nella posizione per bersagliare obiettivi occidentali. E la Corea del Nord, ha sottolineato «Izvestia», «sembra possa essere un candidato adatto», perché in grado di imporre un elevato prezzo politico e di sicurezza ad alleati cruciali degli Stati Uniti come Corea del Sud e Giappone, che dietro il pungolo di Washington hanno aderito alla campagna sanzionatoria contro la Russia e garantito supporto politico, finanziario e militare all’Ucraina. Una decisione, quella presa da Seul e Tokyo, che viene «pagata oggi con il coinvolgimento diretto nella nuova Guerra Fredda e con il cambio di atteggiamento da parte di Mosca: fino a ieri cauto consigliere di Pyongyang improntato alla moderazione e da oggi alleato militare e garante dell’integrità territoriale nordcoreana oltre che fornitore di tecnologie spaziali e militari avanzate».

Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno espresso la convinzione che, «l’approfondimento della cooperazione tra Russia e Corea del Nord – ha spiegato il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller – sia qualcosa che debba preoccupare chiunque sia interessato a mantenere la pace e la stabilità nella penisola coreana, a sostenere il regime globale di non proliferazione, a rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, naturalmente, a sostenere il popolo ucraino nella sua difesa della libertà dall’invasione russa”. Il riferimento è al supporto militare che gli Stati Uniti sostengono la Corea del Nord abbia fornito allo sforzo bellico russo, sotto forma di trasferimento di 5 milioni di proiettili di artiglieria trasportati su 11.000 vagoni ferroviari.

Significativa, in proposito, risulta la concomitanza tra l’arrivo di Putin a Pyongyang e l’avvio a Pechino del primo dialogo diplomatico e di sicurezza (o “dialogo 2+2”), tra Repubblica Popolare Cinese e Corea del Sud. Se quest’ultima ha reagito con prevedibile irritazione, la Cina sembra collocarsi su posizioni più sfumate, in linea con il tradizionale approccio diplomatico dell’ex Celeste Impero. Come riporta il «Global Times», Pechino «ha sottolineato che il mantenimento della pace e della stabilità nella penisola è nell’interesse comune di tutte le parti, comprese Cina e Corea del Sud […]. Il compito più urgente consiste nel raffreddare la situazione, evitare che il confronto si inasprisca e aderire alla direttiva generale per una soluzione politica [alla questione coreana]. La Cina ha sempre modellato la propria posizione in base al merito della questione stessa e continuerà a svolgere a suo modo un ruolo costruttivo negli affari della penisola coreana». In questo contesto, scrive ancora il «Global Times» sulla scorta di confidenze rese da un anonimo funzionario cinese, il “dialogo 2+2” potrà fungere da «stabilizzatore e mediatore delle tensioni e dei conflitti regionali» perché orientato a migliorare la comunicazione e incrementare la fiducia reciproca tra due Paesi chiave dell’area legati da loro da solidissime relazioni commerciali e culturali.

Nel complesso, osserva l’ex diplomatico indiano Melkulangara Bhadrakumar, «Cina e Corea del Sud, due grandi beneficiari della globalizzazione, sono parimenti interessate alla stabilità delle catene di produzione e approvvigionamento globali, e sono contrarie al tipo di politicizzazione e “securitizzazione” che Federazione Russa e Repubblica Popolare Democratica di Corea potrebbero intraprendere […]. Ma Russia e Cina si muovono su binari indipendenti per quanto riguarda la Corea del Nord e la dinamica di potere nell’Asia nordorientale. La visita di Stato di Putin a Pyongyang ha probabilmente portato in superficie questa linea di frattura nella partnership “senza limiti” tra Russia e Cina, il che induce a ritenere che, con ogni probabilità, occorrerebbe evitare di sopravvalutare la portata della “alleanza” Russia-Corea del Nord. Sebbene i legami fraterni della Russia con la Corea del Nord risalgano al sostegno di Stalin all’indipendenza di quest’ultima dall’occupazione coloniale giapponese, nelle circostanze attuali la Russia attribuisce centralità alle sue relazioni con la Cina e perciò non attuerà una mossa unilaterale in Asia nord-orientale che possa colpire gli interessi fondamentali di Pechino. In fin dei conti, quindi, il trattato Russia-RPDC può essere considerato alla stregua di un’alleanza di convenienza in risposta alle strategie statunitensi, rispettivamente in Eurasia e in Asia nord-orientale, sullo sfondo della guerra in Ucraina e del forte deterioramento delle relazioni della Russia con Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, che sono anche gli oppressori della Repubblica Popolare Democratica di Corea».

Ciononostante, puntualizza Bhadrakumar, «occorre essere chiari: il leader nordcoreano Kim Jong-un è il vero vincitore. Vittoria che si è guadagnata anche lui attraversando il Rubicone sui campi di battaglia dell’Ucraina, dimostrando un livello di solidarietà con la Russia che non ha eguali tra gli amici “di lunga data” di Mosca in seno al “Sud globale”».

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