Hannibal Gheddafi. Pubblicate le foto shock della sua prigionia in Libano
di Leonardo Sinigaglia per l'AntiDiplomatico
La sorte di Hannibal Gheddafi, figlio quartogenito del Colonnello, è tornata oggetto di preoccupazione da parte del popolo libico e delle autorità del paese negli ultimi giorni dopo un servizio andato in onda sull’emittente libanese Al Jadeed. Hannibal, detenuto “in attesa di processo” in Libano dal 2015, denuncia le condizioni in cui versa nelle carceri del paese dei cedri. Le immagini parlano chiaro: una stanza minuscola, chiusa su quattro lati e illuminata artificialmente, che Hannibal racconta addirittura trovarsi sottoterra. Condizioni incompatibili con con il rispetto dei diritti del detenuto e con il mantenimento di un accettabile stato di salute. Ciononostante, il pubblico ministero Ghassan Oueidat ha “rassicurato” i media informando di quello che sarebbe l’ottimo stato di Hannibal Gheddafi.
Non sembrano pensarla così le autorità libiche. Il 28 aprile il Ministero della Giustizia del Governo di Unità Nazionale (Tripoli) ha rilasciato un comunicato in cui chiede ufficialmente alla Repubblica Libanese di mantenere gli impegni presi al fine di migliorare le condizioni di detenzione, riaffermando allo stesso tempo il diritto di Gheddafi ad essere rilasciato senza nessuna ulteriore limitazione alla sua libertà in quanto in quasi dieci anni di detenzione non è emersa nessuna prova che lo colleghi al caso per cui è stato arrestato.
Hannibal Gheddafi, riparato in Siria a seguito della rivoluzione colorata che portò al collasso della Jamahiriya libica, venne attirato con l’inganno sul confine col Libano, e qui rapito da milizie collegata al partito sciita Amal, una della maggiori forze parlamentari del paese. Portato in Libano sarà successivamente liberato dai suoi sequestratori, solo per passare nelle mani delle forze governative, venendo incarcerato come “misura cautelare”. Hannibal Gheddafi è indagato per la scomparsa di Musa al-Sadr, imam sciita e fondatore del partito Amal, e dei suoi accompagnatori, avvenuta a Tripoli nel 1978 in circostanze mai chiarite, e dai “sadristi” attribuita proprio a Muammar Gheddafi, su invito del quale Musa al-Sadr si era recato in Libia.
A priori dai mai chiariti contorni della scomparsa di al-Sadr, all’epoca dei fatti Hannibal Gheddafi aveva appena tre anni, essendo nato nel 1975. Che ruolo avrebbe mai potuto avere nella pretesa, e mai provata, cospirazione per l’eliminazione dell’imam? Le autorità libanesi sostengono che Hannibal abbia ottenuto negli anni informazioni sul caso, rendendolo così complice. Ma in questo decennio di detenzione arbitraria e senza processo non sono stati in grado di fornire nessuna prova a riguardo. A tutti gli effetti Hannibal Gheddafi, più che essere un detenuto in attesa di giudizio, è ancora la vittima di un sequestro, ingiustamente privato della propria libertà a detrimento della sua salute psico-fisica.
Beirut dovrebbe rilasciare Hannibal, anche ai fini della cooperazione giudiziaria con la Libia per far chiarezza sulla scomparsa di al-Sadr: come si può chiedere la piena e aperta collaborazione delle autorità libiche quando si detiene in maniera sostanzialmente arbitraria un cittadino libico? Più che la ricerca della verità, questa decennale persecuzione sembra in realtà una vendetta ai danni un uomo unicamente per il cognome che porta, qualcosa di indegno per lo Stato libanese, che in altri frangenti ha saputo dare ben altre prove di sé.