Ecuador: Petro non riconosce il voto, la Conaie denuncia brogli
La seconda tornata elettorale delle presidenziali in Ecuador, svoltasi lo scorso 13 aprile, continua a sollevare aspre polemiche e accuse di illegittimità. La Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (Conaie) - la più importante del paese andino - ha definito il voto "illeggittimo", denunciando violazioni costituzionali e uso clientelare delle risorse statali da parte del presidente uscente e candidato alla rielezione, il neoliberista filo-USA Daniel Noboa.
Le accuse della Conaie
In un comunicato diffuso sui social, la Conaie ha evidenziato che Noboa non ha richiesto la licenza presidenziale durante la campagna elettorale, come previsto dalla Costituzione. Inoltre, l’organizzazione indigena lo accusa di aver condotto una campagna multimilionaria con il sostegno dei media governativi, utilizzando i colori del suo movimento politico (ADN) in contesti istituzionali, una pratica che avrebbe alterato la neutralità dello Stato.
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— CONAIE (@CONAIE_Ecuador) April 16, 2025
La CONAIE frente a los resultados de las #Elecciones2025Ecuador. ????????#EnUnidad pic.twitter.com/GvFp3wL2ey
«Si intravede un deterioramento accelerato delle condizioni democratiche minime, con il potere politico ed economico concentrato in una sola famiglia», ha affermato la Conaie.
Anche Luisa González, candidata del movimento di opposizione Revolución Ciudadana (RC), ha denunciato brogli elettorali, rifiutando di riconoscere i risultati ufficiali del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), che hanno attribuito la vittoria a Noboa con circa 1,1 milioni di voti di vantaggio – un margine ritenuto sospetto da molti osservatori, considerando che al primo turno (9 febbraio) Noboa aveva battuto González per soli 14.000 voti.
Le critiche internazionali
Le irregolarità segnalate hanno attirato l’attenzione della comunità internazionale. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha dichiarato su X: «Non posso riconoscere le elezioni in Ecuador. L’esercito ha diretto la giornata elettorale, i seggi e il conteggio dei voti. Non ci sono elezioni libere sotto stato di emergenza».
La OEA señala irregularidades en las elecciones del Ecuador.
— Gustavo Petro (@petrogustavo) April 16, 2025
En siete provincias se decreto el estado de excepción. El ejército dirigió la jornada electoral, las mesas durante las elecciones, y el conteo de votos
No hay elecciones libres bajo estado de sitio.
No puedo…
Petro si riferisce al decreto di emergenza emanato da Noboa 48 ore prima del voto in sette province chiave, dove risiede più della metà dell’elettorato, tradizionalmente progressista. Anche osservatori dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) hanno espresso preoccupazione per questa misura, oltre che per le campagne di disinformazione che avrebbero influenzato il processo.
Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha bollato la rielezione di Noboa come «una frode scandalosa organizzata con fondi imperialisti», mentre la presidente messicana Claudia Sheinbaum ha preferito non prendere posizione, affermando: «Aspetteremo. Luisa González non riconosce la vittoria di Noboa».
Il politologo spagnolo Juan Carlos Monedero ha condannato il doppio standard della destra internazionale: «Gli stessi che in Venezuela gridavano ai brogli, ora riconoscono senza problemi i risultati in Ecuador, nonostante le evidenti irregolarità. Se Noboa aveva vinto di misura al primo turno, com’è possibile che abbia stravinto al ballottaggio? Nessun esperto statistico lo considera credibile».
Futuro incerto
Mentre Noboa si appresta a iniziare il suo nuovo mandato, le accuse di frode e l’assenza di un riconoscimento unanime dei risultati lasciano l’Ecuador in un clima di forte instabilità politica. La mancanza di trasparenza nell’uso dei fondi pubblici, il ruolo ambiguo delle forze armate e le interferenze digitali pongono seri interrogativi sulla credibilità delle istituzioni.
Con la Conaie e Revolución Ciudadana pronte a contestare il governo, e con la comunità internazionale divisa, il paese si trova davanti a una profonda crisi di legittimità democratica.