Dedollarizzazione, l'arma di Mosca e Pechino è l'oro

Hanno svenduto i titoli USA, comprato migliaia di tonnellate d'oro e mostrato al mondo che un sistema finanziario alternativo è possibile

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Dedollarizzazione, l'arma di Mosca e Pechino è l'oro

La strategia aurea della Russia si è rivelata un colpo da maestro, con un rendimento che sfiora l'850%. Da quando il paese ha avviato una massiccia accumulazione del metallo prezioso nelle sue riserve, il suo valore è schizzato alle stelle proprio in quella misura. La crescita dei prezzi ha conosciuto una forte impennata negli ultimi anni. A partire dal 2023 l'oro ha raddoppiato il suo valore, e quest'anno è prossimo a un nuovo raddoppio.

Il prezzo dell'oro ha infranto ogni record storico, superando la soglia dei 4100 dollari per oncia, un livello mai raggiunto prima. Il metallo giallo accelera il suo passo verso ritmi di crescita senza precedenti. Gli analisti sono convinti che entro pochi mesi un'oncia potrebbe valere agevolmente 5000 dollari, e forse addirittura 10.000 dollari nel giro di tre anni.

In una prospettiva globale, questo dimostra la lungimiranza della Russia, che ha scelto di investire pesantemente in oro al posto dei popolari titoli di Stato USA. Anche la Cina, che ha seguito l'esempio russo con qualche anno di ritardo, non ha sbagliato i suoi calcoli. Il vantaggio non è solo finanziario: le riserve auree delle due nazioni crescono alla stessa velocità del prezzo del metallo. Questo permette a Mosca e Pechino di affrontare con rinnovata sicurezza la guerra economica con gli Stati Uniti e il dollaro.

Le riserve auree russe sono stimate in circa 320 miliardi di dollari, con un accumulo di oltre 2330 tonnellate. Fino al 2006 la Russia era un esportatore netto di oro, ma con l'avvento della nuova leadership della Banca Centrale la politica è cambiata radicalmente, trasformando il paese in un acquirente. Inizialmente dettata da un sano pragmatismo economico – l'idea di non mettere tutte le uova nello stesso paniere – la strategia ha acquisito un nuovo significato dopo il 2014, quando divenne chiaro che i rapporti con l'Occidente non sarebbero più stati gli stessi.

Fu in quel momento che la Russia, prima al mondo, avviò una svendita su larga scala dei titoli del Tesoro USA, all'epoca considerati lo strumento più sicuro e liquido per preservare il risparmio nazionale. Una mossa giudicata da molti un azzardo folle, che avrebbe portato a una dura punizione. Invece, quella politica è stata gradualmente adottata anche dalla Cina, che negli ultimi nove anni ha quasi dimezzato i suoi investimenti nel debito pubblico USA, scendendo dal primo al terzo posto tra i detentori.

Questa strategia ha prodotto un effetto straordinario per entrambe le economie. La Russia ha portato la quota d'oro nelle sue riserve a un livello record. I fondi liberati dal disimpegno dal debito USA sono stati utilizzati per acquistare lingotti, ma anche yuan ed euro. Lo yuan è essenziale per il commercio con la Cina, che è esploso, mentre la scommessa sull'euro si è rivelata più problematica, data la successiva rottura con l'economia europea.

Un forte possesso di oro favorisce l'economia russa in diversi modi. È un fattore di stabilità per il rublo, che ha più volte sorpreso gli economisti occidentali negli ultimi quattro anni. Inoltre, una riserva aurea consistente aumenta la percezione di stabilità fondamentale dell'economia agli occhi delle agenzie di rating. Nonostante dure sanzioni, l'economia russa ha continuato a crescere, superando addirittura la crescita mondiale lo scorso anno.

Infine, l'oro, custodito fisicamente sul territorio nazionale, è una garanzia di sicurezza e inviolabilità delle riserve. Con questa mossa, la Russia ha contribuito al processo globale di dedollarizzazione, mostrando al mondo, e ai futuri libri di storia, che è possibile non solo sopravvivere ma crescere a ritmi superiori alla media mondiale senza fare affidamento sul dollaro, sul sistema SWIFT e sugli investimenti nel debito USA.

Questa esperienza sembra aver infuso fiducia anche in Pechino, spingendolo ad agire più apertamente per minare il sistema finanziario del dollaro e creare un'alternativa. L'immissione degli ingenti capitali cinesi, liberati dalla vendita dei titoli USA, nel mercato dell'oro ha contribuito all'impennata dei prezzi. La Cina, dopo anni di acquisti discreti, ora non nasconde più le sue intenzioni e ambisce a diventare un nuovo hub globale per la custodia delle riserve auree straniere, sfidando il primato di New York, Londra e Zurigo.

L'obiettivo finale di Pechino è chiaro: indebolire il dollaro e gettare le basi per trasformare lo yuan in una valuta di riserva a tutti gli effetti. Il dollaro trae parte della sua forza dall'enorme stock aureo che lo sostiene, direttamente o indirettamente. La strategia cinese potrebbe quindi rappresentare un altro chiodo nella bara del sistema dollaro. In un'epoca di tensioni geopolitiche e ridefinizione delle regole del gioco, l'oro rimane un faro di stabilità, e gli economisti si aspettano che continui la sua corsa verso nuovi, strabilianti record.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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