Daniele Luttazzi - In “Petrolio” Pasolini fa il racconto preveggente dell’Italia delle stragi
di Daniele Luttazzi - Nonc'èdiche, Fatto Quotidiano 18 novembre 2025
In Petrolio Pasolini denuncia le origini della strategia della tensione: Enrico Mattei, il presidente dell’Eni, fu ucciso per fare posto a Eugenio Cefis, il suo vice, futuro fondatore della Loggia P2. Per scriverlo, Pasolini attinge a piene mani da una biografia, Questo è Cefis, scritta da un fantomatico Giorgio Steimetz e pubblicata nel 1972 dall’Agenzia Milano Informazioni. Un libro introvabile: gli uomini della Montedison ne fecero sparire quasi tutte le copie. A Pasolini lo inviò in fotocopia lo psicanalista Elvio Facchinelli, animatore de L’Erba Voglio, rivista di controcultura che aveva pubblicato il discorso, tenuto all’Accademia militare di Modena, con cui Cefis invocava una riforma costituzionale orientata a un presidenzialismo autoritario.
Oggi il libro di Steimetz è in appendice all’edizione Einaudi di Petrolio, nel cui prologo Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti compongono il puzzle della vicenda. L’Agenzia Milano Informazioni era finanziata da Graziano Verzotto, uomo di Mattei in Sicilia. “Mattei fu ucciso su richiesta di Cosa Nostra americana perché con la sua politica aveva danneggiato importanti interessi americani in Medio Oriente”, spiegò Buscetta. “Il contatto con Mattei fu stabilito da Verzotto, che non era informato, ovviamente, del progetto di Cosa Nostra, ma era legato al boss Di Cristina”. Altri due pentiti confermarono: bomba mafiosa sull’aereo. Verzotto confidò a Calia, il pm che riaprì l’inchiesta sul caso Mattei, che Mauro De Mauro, il giornalista de L’Ora ucciso dalla mafia nel 1970, riteneva Cefis responsabile dell’omicidio, complice Vito Guarrasi, avvocato palermitano, uomo di Cefis in Sicilia e membro di spicco di Cosa Nostra. Cefis aveva cointeressenze in due raffinerie che rifornivano le difese Nato del sud Europa e la Sesta flotta Usa (petrolio Esso e Shell); Mattei voleva che la Nato diventasse cliente Eni; Cefis non voleva. In tutte le edizioni di Petrolio l’appunto 21, intitolato Lampi sull’Eni, è vuoto. Pasolini, in un altro appunto, lo riassume così: “Troya sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei)”.
Troya è Cefis, uomo di Stato, ma anche imprenditore privato che “condizionò pesantemente la stampa, usò illecitamente i servizi segreti dello Stato a scopo di informazione, praticò l’intimidazione e il ricatto, compì manovre finanziarie spregiudicate oltre i limiti della legalità, corruppe politici, stabilì alleanze con ministri, partiti e correnti” (Massimo Teodori, Commissione sulla Loggia P2). Il saggista Gianni D’Elia sbalordì quando, nel 2010, Marcello Dell’Utri disse d’aver ricevuto “da un privato” una settantina di pagine di quel capitolo mancante: il padre di Dell’Utri, Alfredo, era socio di Guarrasi. “Ho scritto che c’era una continuità tra il potere proto-piduista di Cefis e il potere attuale, ma mai avrei creduto che un’eredità culturale e politica contemplasse anche il ricevere quelle carte”, commentò D’Elia, ricordando inoltre che una società della Edilnord Centri Residenziali di Umberto Previti, padre di Cesare (già Edilnord sas di Berlusconi), con sede a Lugano, si chiamava Cefinvest. Al termine della sua inchiesta, il pm Calia ipotizza che l’omicidio Mattei fu “un complotto orchestrato con la copertura degli organi di sicurezza dello Stato e poi occultato in un intreccio di omertà e depistaggi pronti a ricompattarsi ogni volta che, nella storia del Paese, qualcuno minaccia di rivelarne il segreto” (Lo Bianco e Rizza, t.ly/9nfxo).
Per Calia, gli omicidi Mattei, De Mauro e Pasolini sono legati da un unico filo. Per D’Elia (2006), è il filo che porta dalle stragi allo scandalo Enimont, la madre di tutte le tangenti. II sottotitolo di Petrolio è “romanzo delle stragi”: Pasolini racconta anche quella alla stazione di Bologna, compiuta cinque anni dopo il suo assassinio.

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