Come la Cina ridisegna il futuro

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Come la Cina ridisegna il futuro


Nel dibattito occidentale, la narrazione sullo stato dell’economia cinese oscilla tra il pessimismo cronico e la previsione di una crisi sistemica. Collasso del settore immobiliare, stagnazione dei consumi, controlli normativi stringenti e tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti sono elementi che, messi insieme, vogliono dipingere il quadro di un paese in chiaro affanno. Ma questa visione ostinatamente pessimistica, rischia di oscurare un’altra realtà che si sta sviluppando parallelamente: quella di una Cina che si reinventa, si industrializza a un livello superiore e scommette sul futuro in settori strategici come l’intelligenza artificiale, l’automazione e l’energia verde.

La seconda economia mondiale, dopo aver trascinato da sola la crescita globale per un decennio – più dell’intero G7 messo insieme – sta affrontando una transizione inevitabile. Dopo quarant’anni di crescita media superiore al 9% annuo, il rallentamento era previsto. Tuttavia, l’evoluzione in corso non segna la fine di una storia di successo, bensì l’inizio di una nuova fase: un passaggio da un modello di crescita trainato da investimenti e urbanizzazione a uno fondato su consumo interno, innovazione tecnologica e autosufficienza strategica.

Questa riconfigurazione profonda sta già dando frutti inaspettati. Nel 2024, il mercato azionario cinese ha registrato le migliori performance tra le grandi piazze mondiali, con il Baillie Gifford China Growth Trust che ha visto il suo valore netto crescere del 38%. È un segnale forte: nonostante il rumore di fondo sulla crisi, molti investitori cominciano a guardare oltre le difficoltà congiunturali.

Il cuore di questa ripresa è l’industria. Oggi la Cina rappresenta quasi un terzo della produzione manifatturiera globale ed è leader assoluta in settori chiave per la transizione energetica e tecnologica: veicoli elettrici, energia solare ed eolica, automazione industriale, semiconduttori e intelligenza artificiale. Secondo l’Australian Strategic Policy Institute, Pechino ha superato il resto del mondo in 37 dei 44 settori tecnologici considerati critici. Ha più stazioni 5G di tutte le altre nazioni messe insieme e oltre il 60% degli utenti globali di questa tecnologia. È anche il primo produttore mondiale di robot industriali e guida la catena di fornitura globale dell’auto elettrica.

Il caso di BYD è emblematico. Mentre in Occidente si dibatte su eventuali dazi contro le auto cinesi, il gruppo ha già conquistato fette consistenti di mercato in Asia, America Latina, Australia e Norvegia. In Cina, oltre il 60% delle auto vendute nel 2024 erano elettriche, e le proiezioni indicano che potrebbero diventare il 90% entro il 2030. In parallelo, aziende come Tencent, Alibaba, Meituan e ByteDance stanno capitalizzando su una nuova fase di rilancio del settore tecnologico, favorita da un allentamento della pressione regolatoria che dal 2021 aveva raffreddato il clima per l’innovazione privata.

La svolta è avvenuta nel settembre 2024, quando il governo cinese ha adottato un pacchetto economico espansivo con l’obiettivo di stabilizzare settori chiave e riaccendere la crescita. Oltre agli stimoli fiscali, Pechino ha mostrato una rinnovata volontà di sostenere il settore privato, consapevole che esso produce il 60% del PIL, il 70% dell’innovazione tecnologica e l’80% dell’occupazione urbana.

Il Congresso del Partito Comunista dell’ottobre 2022 e la nomina di Li Qiang a premier hanno segnato un punto di svolta verso una maggiore chiarezza e coerenza nell’applicazione delle politiche.

Certo, non mancano le incognite. Il rallentamento demografico è strutturale, la fiducia dei consumatori è ancora fragile e l’ombra lunga della competizione geopolitica con Washington continua a proiettare rischi sistemici.

A ciò si aggiunge la dimensione geopolitica. Il cosiddetto “decoupling” tra Cina e Stati Uniti ha ridotto l’interdipendenza commerciale tra i due giganti, spingendo le imprese cinesi a diversificare verso mercati alternativi e a rafforzare la produzione interna. Aziende come AMEC e Naura stanno colmando i vuoti lasciati dalle restrizioni statunitensi sui semiconduttori, mentre Horizon Robotics si propone come l’alternativa cinese a NVIDIA nella corsa globale all’AI.

Per molti Paesi del Sud globale, dal Medio Oriente al Sud America, la Cina rappresenta oggi un partner alternativo affidabile, capace di fornire investimenti, tecnologia e accesso ai mercati senza imporre condizioni ideologiche. Il renminbi sta lentamente guadagnando terreno nel commercio energetico internazionale, mentre i BRICS, sotto guida congiunta sino-russa, si propongono come contrappeso all’egemonia occidentale. Il mondo multipolare si sta formando anche grazie all’ascesa economica cinese.

Alla base della traiettoria di Pechino c’è una convinzione profonda: che l’innovazione non sia un’esclusiva delle democrazie liberali. Il Partito Comunista Cinese vuole guidare il Paese verso una “prosperità comune” correggendo gli eccessi del capitalismo. La sfida è ambiziosa, ma in molti settori la Cina ha già dimostrato di poterla vincere.

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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