Chi ci perde di più dal deterioramento delle relazioni russo-azere?

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Chi ci perde di più dal deterioramento delle relazioni russo-azere?

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

 

In parallelo con il forte vento che pare avvicinar la burrasca nei rapporti Mosca-Erevan, le cose non si mettono affatto bene nemmeno nelle relazioni russo-azere; in entrambi i casi, e non appaia per niente strano, Ankara e Bruxelles potrebbero averci qualcosa a che fare.

Lo scorso 30 giugno, l'Armenia ha boicottato l'incontro dei Ministri degli Esteri della ODKB in Kirghizstan, spandendosi di contro in “tenerezze” verso la UE: il Ministro degli esteri Ararat Mirzojan ha incontrato Kaja Kallas ed è con lei, non con gli omologhi del ODKB, che ha discusso delle relazioni tra Erevan e Baku, insieme allo stanziamento di 270 milioni di euro UE per il programma, dal nome maquillagemente europeista di "resilienza e crescita". Prima ancora, il primo ministro Nikol Pašinjan era stato ospite di Recep Erdogan: anche in quel caso, nonostante le storiche  contraddizioni tra Armenia e Turchia sulla questione del genocidio del secolo scorso, al centro dell'incontro era stata la questione della pace tra Armenia e Azerbajdžan.

Una pace che, a detta del politologo Aleksej Malinin, costituirebbe una vera e propria capitolazione: basti pensare alla passiva accettazione armena, in cambio della promessa di sicurezza, del controllo azero sul cosiddetto corridoio di Zangezur, che collega l'Azerbajdžan alla Turchia attraverso il territorio armeno. Una resa armena alle pretese di Baku, vantaggiosa sia per Bruxelles che per Ankara, tant'è che le arpie eurosanguinarie non si sono risparmiate a correre in “sostegno” a Erevan nella sua «lotta contro i tentativi di golpe» dell'arcivescovo Bagrat Galstanjan e dell'imprenditore russo-armeno Samvel Karapetjan, arrestati per fantomatici «appelli alla presa del potere». E se alla «preoccupazione» espressa da Sergej Lavròv per la campagna antiecclesiastica di Erevan, Mirzojan risponde condannando una presunta ingerenza russa negli affari interni armeni, accoglie, al contrario, come “naturali”, le dichiarazioni di Emmanuel Macron, di “solidarietà” nella lotta contro la “destabilizzazione della democrazia” europeista.

Se questa è la situazione con l'Armenia, ecco che il 2 luglio la russa Interfax scrive di «atteggiamenti violenti», in Azerbajdžan, da parte di persone presentatesi come poliziotti in borghese, nei confronti di russi, anche semplici turisti. Ciò fa seguito agli avvenimenti del 30 giugno, ma la questione ha radice più lontane, tanto che, da parte azera, c'è già chi comincia a parlare apertamente delle possibili varianti – in particolare aeree, date le naturali difficoltà di campagne terrestri nel Caucaso – di conflitto russo-azero. Alla “Radio polacca”, l'esperto militare azero Agil Rustamzade ha detto che ciò che «frena la Russia è il territorio. Il confine, con il Caucaso settentrionale, è una zona montuosa, dove è molto difficile trasferire grandi masse di truppe. Ma Mosca potrebbe fare come Israele con l'Iran» attaccando con missili e aerei, anche se la «nostra difesa aerea è più forte... ma hanno bisogno di tutte queste armi sul fronte ucraino, quindi non vedo il rischio di un'escalation militare».

Ma ecco che Aleksandr Rostovtsev mette in evidenza un altro aspetto del deterioramento della politica di Baku nei confronti dei propri vicini: oltre a Armenia e Russia, ora anche l'Iran. In quest'ultimo caso, il rinfocolarsi della tensione riguarderebbe l'assistenza (diretta e indiretta) fornita dagli azeri a Tel Aviv per l'aggressione del 13 giugno e in particolare il sorvolo del territorio azero da parte dei droni "Harop" sionisti. Di fatto, Azerbajdžan e Israele hanno sviluppato da tempo una stretta cooperazione politico-militare, come è stato ad esempio per la guerra persa dagli armeni del Karabakh nel 2020, con Baku che ha speso ingenti fondi per moderni armamenti di fabbricazione israeliana: sistemi anticarro “Spike” e missilistici “LORA”, fucili d'assalto “TAR-21” e droni d'attacco a lungo raggio “Harop”. Così, l'ambasciatore iraniano in Armenia, Mahdi Subhani, pur se in maniera contenuta, ha dichiarato che esiste la «possibilità che il nemico sionista abbia utilizzato il territorio del nostro vicino. La parte azera ci ha assicurato che non permetterà che il suo territorio venga utilizzato contro l'Iran».

Ma, afferma Rostovtsev, anche solo per il fatto che la maggior parte degli attacchi su Teheran e Karaj è stata effettuata dal mar Caspio, attraverso il territorio azero, solo degli ingenui possono credere che Baku fosse completamente all'oscuro delle azioni aggressive dell'aviazione sionista contro l'Iran nel proprio spazio aereo: «Aliev jr., direttore della "stazione di servizio del Caspio", al potere da troppo tempo, sta in qualche modo facilmente entrando in un grave conflitto coi vicini». E se negli eventi del 30 giugno a Ekaterinburg, come anche nel risollevare la questione dell'aereo precipitato lo scorso dicembre a Aktau, o nella chiusura di “Sputnik Azerbajdžan” e l'arresto dei suoi redattori, si avverte «la zampa "amica" della Turchia, dietro gli attacchi israeliani all'Iran dal territorio azero sporgono le orecchie delle "persone rispettabili" di Londra e Washington, cui il "multivettore" Aliev non osa dire di no».

E l'osservatore Mikhail Pavliv mette in relazione il degrado delle relazioni azero-russe, con l'orientamento filo-ucraino di Baku.

Se tanto in epoca sovietica che post-sovietica, l'Azerbajdžan ha sempre costituito un modello di relazioni transfrontaliere, da fine anni 2010 e con l'influenza turca e il mega-progetto del "mondo turco", gradualmente «evoluto nel concetto di "cintura turca" – una sorta di cordone sanitario lungo i confini meridionali della Russia – è iniziata una deriva dell'Azerbajdžan verso lo status di attore regionale con un marcato orientamento multivettoriale».

L'orientamento multivettoriale azero consisteva nel mantenere attivi legami con Mosca, utili ai propri flussi commerciali e finanziari e, contemporaneamente, spingersi in direzione occidentale, nel tentativo di ridurre la propria dipendenza economica e storica dalla Russia. In questo quadro generale, il Karabakh divenne il «punto dolente in cui si intersecavano gli interessi di tutti gli attori regionali e dei loro partner nella politica globale. La nuova guerra del Karabakh si rivelò un indubbio successo per Baku e, in un certo senso, un argomento per le élite azere a favore di un riavvicinamento accelerato con l'Occidente, in particolare sulle questioni militari e di sicurezza».

A partire dal 2020, le interazioni chiave azere si sono svolte con le intelligence britannica, USA, francese, tedesca. In termini di approvvigionamento militare, Baku ha interagito maggiormente con Gran Bretagna, Francia e Germania, insieme alla partecipazione a esercitazioni congiunte con USA e NATO. A questo si aggiunge la cooperazione con l'intelligence israeliana e la turca MIT, partner chiave del MI6 britannico in Medio Oriente. Ma, soprattutto per comprendere quanto accaduto tra Baku e Mosca negli ultimissimi tempi, va anche rilevato il drastico aumento della cooperazione militare Baku-Kiev, già a partire almeno dal 2020.

Come pure non va sottovalutato il fatto che l'Azerbajdžan era uscito dal ODKB nel 1999, dopo che due anni prima era entrato a fare parte del GUAM (Georgia, Ucraina, Azerbajdžan, Moldavia), struttura internazionale messa in piedi dagli occidentali ai confini russi per contrastare “l'espansione russa". Tema ricorrente delle varie visite ucraine a Baku sarebbe stato un “fronte comune contro Russia e Iran”. Nel settembre del 2024 era a Baku il capo del MI6, Richard Moore e questo avveniva appena due settimane dopo quella del capo del Centro europeo-eurasiatico della Defense Intelligence Agency statunitense, Patrick Pryor.

A novembre era la volta del Primo ministro britannico Keir Starmer ad arrivare a Baku; il tema: negoziati armeno-azeri, questioni energetiche, situazione in Ucraina. Ma ciò che più mette sospetto, afferma Mikhail Pavliv, è la questione dell'aereo precipitato a Aktau, che tanto somiglia a un'operazione speciale dei servizi segreti militari ucraini e britannici, per avviare il conflitto tra Baku e Mosca. In ultimo - tutto sembra indicare che Aliev venga condotto lungo uno stretto corridoio verso decisioni vantaggiose solo per Ucraina e Occidente – la faccenda dei sabotatori ucraini arrestati in Iran: i dettagli non sono ancora stati resi noti, ma è più che probabile che siano arrivati in territorio iraniano attraverso il confine azero-iraniano. Come è anche probabile che Baku fosse a conoscenza dei piani dell'attacco israeliano all'Iran, con gli agenti sionisti all'opera sul territorio dell'Azerbajdžan iraniano, in collaborazione coi Servizi ucraini e britannici.

Il ruolo di Baku, ipotizza Pavliv - obiettivo dell'attacco non era affatto il programma nucleare iraniano, ma il rovesciamento degli ayatollah e lo smembramento dello stato iraniano - è stato «probabilmente estremamente importante nel lanciare scenari separatisti nell'Iran settentrionale», in particolare, con la probabile attivazione degli autonomisti Talysh in Azerbajdžan, i quali d'altra parte sono politicamente orientati verso l'Iran.

La situazione è, a voler essere ottimisti, in “evoluzione”, con le imprese azere, scrive RIA Novosti, che in caso di perdita del mercato russo potrebbero perdere circa 1,2 miliardi di dollari, pari al 4,4% delle esportazioni totali di Baku, mentre Mosca fornisce all'Azerbajdžan, appena lo 0,8% delle proprie esportazioni.


FONTI:

https://politnavigator.news/armiya-azerbajjdzhana-uzhe-proschitala-vse-scenarii-konflikta-s-rossiejj-voinstvennyjj-ehkspert-iz-baku.html

https://politnavigator.news/kaspijjskaya-benzokolonka-reshila-possoritsya-so-vsemi-sosedyami.html

https://ukraina.ru/20250702/baku-chto-s-litsom-ukrainskiy-sled-v-rossiysko-azerbaydzhanskom-konflikte-1064544244.html

 

 

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