Censura Rovelli. Lettera aperta di Alessandro Orsini a Riccardo Franco Levi

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Censura Rovelli. Lettera aperta di Alessandro Orsini a Riccardo Franco Levi

 

Rilanciamo questa lettera appello del Prof. Alessandro Orsini pubblicata sui social, indirizzata a Riccardo Franco Levi protagonista della incredibile e vergognksa censura subita dal fisco Carlo Rovelli alla Fiera di Francoforte per le sue posizioni sulla guerra

 

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Di Alessandro Orsini

 

Caro Ricardo Franco Levi, 

Commissario straordinario per la partecipazione dell’Italia alla Fiera del Libro di Francoforte del 2024 nominato dal governo Draghi, le faccio notare, sommessamente, che la lettera che lei ha scritto a Rovelli è uguale a quelle che vengono scritte nelle dittature. Soltanto gli ignoranti - ovviamente non mi riferisco a lei - pensano che le dittature uccidano o torturino ogni singolo intellettuale al primo cenno di critica contro il governo. Dia retta a me, studio la soppressione del dissenso intellettuale nelle dittature da una vita e posso assicurarle che la violenza fisica contro gli intellettuali è un fatto rarissimo. Nella quasi totalità dei casi, le dittature fanno agli intellettuali critici quello che è stato appena fatto a Rovelli. I direttori dei festival scaricano le colpe sull’intellettuale per colpevolizzarlo, reo di avere criticato il ministro di turno, con modi cortesi e gentili per ottenere quattro obiettivi: salvare il posto, compiacere il ministro criticato, lavorare per l’isolamento dell’intellettuale, mandare un messaggio a tutti gli altri intellettuali: “Se criticate, non parlerete ai festival”.

Nel frattempo, i rettori e i direttori di dipartimento mandano altri messaggi agli intellettuali critici del tipo: “Se criticate il governo, sarete censurati, avrete la carriera universitaria distrutta e i vostri centri di ricerca saranno chiusi anche se eccellenti”.

I direttori delle reti televisive mandano lo stesso messaggio e dicono: “Caro intellettuale, se critichi il governo, la mia trasmissione televisiva ti bersaglierà”.

Gli speaker radiofonici agiscono nello stesso modo e anche i direttori della carta stampata.

Il risultato finale è quello che lei vede in Italia: moltissimi intellettuali hanno paura di parlare per non essere colpiti nella carriera o bersagliati dai media, dai presidenti di Regione, dai leader di partito, dai rettori, dai direttori dei festival. 

Tuttavia l’università, essendo la vetta del sapere, è anche uno dei più potenti fattori del mutamento storico-sociale che, nelle società libere, è istituzionalizzato, a differenza delle società sature di sacro. Il che significa che, se i professori universitari smettono di parlare, le società libere finiscono per sacralizzare il pensiero della classe governante che, proprio come il sacro, non è più criticato da nessuno. 

Sul tema, mi permetto di suggerirle la lettura del mio “Anatomia delle brigate rosse” che trova nel link qui sotto. Troverà tante lettere come la sua.  

A mio giudizio, lei dovrebbe vergognarsi e dimettersi dal suo incarico. Siccome in Italia assomigliamo sempre di più alla Russia, giacché l’Italia è piena di direttori “putiniani”, immagino che il suo comportamento gravissimo non susciterà alcuna indignazione.

Un’ultima cosa: se lei ha paura delle polemiche e degli attacchi, come scrive a Rovelli per liquidarlo gentilmente, cambi lavoro. 

Non mi stupisce che lei abbia avuto incarichi importantissimi di governo in passato, fino a essere sottosegretario di Stato. 

La cultura si controlla anche così.  

 

Anatomia delle brigate rosse: https://www.researchgate.net/publication/345768831_Anatomy_of_the_Red_Brigades_The_Religious_Mind-set_of_Modern_Terrorists

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