BES, Banca europea del seme: alcuni interrogativi (sanitari ed etici) inquietanti
Proietta un’ombra inquietante sulle pratiche di inseminazione assistita cui oggi sempre più coppie ricorrono, la notizia del donatore della Bes (Banca europea del seme) oggi padre biologico di ben 67 bambini che si scopre portatore di una mutazione genetica associata a una predisposizione ereditaria al cancro. A quanto pare 23 bambini dei 67 sarebbero portatori della mutazione e 10 di loro avrebbero già ricevuto diagnosi gravissime. La notizia è una doccia fredda che frena un pò l’entusiasmo per la sentenza con cui la Consulta ha appena riconosciuto entrambi i membri della coppia come madri al fine di garantire i diritti del minore e non pregiudicare in nessun modo il diritto di questi a “essere educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”, secondo quanto previsto dai dettami costituzionali.
Senza entrare nel merito della sentenza che peraltro interviene efficacemente a tutelare gli interessi del minore da un punto di vista giuridico, si converrà però che per garantire a pieno i diritti del nascituro non è opportuno muoversi esclusivamente sul piano normativo e giurisprudenziale ma bisogna soppesare le innumerevoli insidie che la delicatissima questione presenta. Si fa notare in punta di piedi per non attirare le ire di chi ha sposato il politicamente corretto, che sussiste più di una criticità sia dal punto di vista etico che da quello sanitario. Avendo infatti la Bes fissato il limite di 75 nati per donatore, costui potrebbe diventare il padre biologico di ben 75 figli, il che presenta dal punto di vista etico oltre che sanitario delle problematiche non indifferenti dal momento che ora ci si trova di fronte alla diffusione anomala di una malattia genetica. Grazie all’esistenza di una apposita App peraltro c’è anche la possibilità di scegliere sia colore degli occhi che dei capelli, la statura e persino selezionare i tratti di personalità del donatore secondo dei criteri che coincidono in tutto e per tutto con quelli che adoperiamo per orientarci durante qualsiasi pomeriggio di shopping. Prudenza e timore per riflettere su questi temi sembrano necessari e nonostante si porti avanti una riflessione laica vengono inevitabilmente incontro molte perplessità; oltre a variabili impreviste che non è possibile controllare a prevalere sembra siano logiche per nulla consone a tematiche così complesse e spinose.
A tal proposito non sembra sia corretto parlare di “progressi della scienza” ma semplicemente di progressivo avanzamento della tecnica che, orientata ideologicamente secondo i dettami del consumismo più sfrenato, ha gradualmente sovvertito equilibri consolidati e in piedi da parecchi secoli.
Si pensi che la formula da secoli in uso nel diritto: “mater semper certa est, pater numquam ” oggi non più corretta. L’utero potrebbe essere benissimo quello della vicina di casa o addirittura della nonna e che, a differenza che in passato, per accertare la paternità è sufficiente un esame del DNA.
Il modello che faceva perno sulla religione, sul patriarcato, sull’asse paterno è ormai esaurito. Se sino a qualche tempo addietro, negli anni ‘60 e ’70 se l’obiettivo era l' emancipazione della donna adesso siamo a un ulteriore cambio di passo e ci troviamo dinnanzi a una sostituzione dei valori maschili con quelli femminili. I primi connotati negativamente e stigmatizzati vengono sostituiti dai secondi nel nome di una rivoluzione culturale, dando forma a una società sempre più femminilizzata che, assecondando le istanze del neoliberismo cancella il tema sociale della lotta di classe e legge nella differenza tra uomini e donne o una netta superiorità delle seconde sui primi oppure semplicemente delle sovrastrutture imposte dalla cultura patriarcale.
Interessante, se non addirittura divertente, notare che il pensiero femminista metta all’indice addirittura l’Orestea di Eschilo nella quale si rintraccia addirittura l’origine del patriarcato. Quando nelle Eumenidi si chiede di chi è figlio il bambino che nasce, i greci con la voce del dio Apollo rispondono a questa complessa domanda dimostrando una visione molto articolata della realtà: “Non è la madre colei che è chiamata genitrice del figlio”, madre è colei che accoglie e custodisce essendo “nutrice del frutto appena seminato”. Portando così l’esempio di Atena, nata dalla testa di Zeus, si dice che “un padre ci potrebbe essere anche senza una madre”. I greci avevano già capito, a differenza delle femministe, che un essere umano ha la caratteristica di nascere due volte. A ben vedere infatti questa trilogia offre un’ interpretazione della realtà ben più profonda per chi sa scorgere in essa un significato che va oltre le farneticazioni di deliranti ideologie buy BBB La prima volta il bambino nasce come carne tramite un’operazione del corpo appunto, un fatto biologico. La seconda invece nasce come parola. Ricordiamo che J. Lacan definisce gli uomini “parlesseri”, ponendo così l’accento sul Nome del Padre che estraendo l’essere umano dal biologico lo mette sui binari del linguaggio introducendolo nella dimensione del mondo civilizzato. Oreste infatti dopo aver compiuto il matricidio per sfuggire alla persecuzione delle Erinni giunge ad Atene dove Atena istituisce il tribunale dell’Areopago, incaricato di giudicare i casi di omicidio tra consanguinei che in epoca arcaica erano considerati un’offesa la cui vendetta spettava ai congiunti della vittima. Con la fondazione del tribunale si mette così fine alla legge primitiva del “sangue chiama sangue” e alla vendetta e alle Erinni si sostituisce la giustizia come criterio di civiltà.
Le leggi del linguaggio e la funzione paterna quindi altro non sono che le leggi della civilizzazione, oggi messe in crisi da un modello ideologico che vuole che a prevalere sia il consumismo alimentato da un desiderio senza limiti. Oggi si può comprare realmente qualsiasi cosa, persino un figlio. Venendo meno la funzione paterna che tiene insieme Legge e Desiderio, ci troviamo in balia di quest’ultimo e dei suoi capricci votati all’immediatezza, al godimento che reifica, oggettiva e mercifica anche i corpi, anche la vita rendendo tutto oggetto di consumo. Coltivare il senso critico però è riconoscere a quali rischiosi azzardi si va incontro quando ogni cosa viene fagocitata dalla follia del consumo illimitato; nonché riconoscere e smascherare quelle precise dinamiche economiche che ci hanno portato verso una massificazione totalitaria. E’ importante rintracciare il fil rouge che corre tra femminilizzazione della nostra società e neoliberismo.
La società neoliberale che dà l’avvio alla produzione di oggetti in serie acquistati compulsivamente si configura infatti nettamente come una società di “consolazione”. Acquistare oggetti risulta estremamente gratificante per il consumatore, possederli consolatorio. C’è un godimento feticistico che nasce dal possesso dell’oggetto e che rafforza la dimensione della presenza, della fruizione immediata depotenziando vieppiù la capacità di simbolizzare. L’immediatezza della fruizione e la gratificazione consolatoria rimandano alla dimensione della presenza, dell’ immediatezza materna. Per simboleggiare invece dobbiamo essere in grado di rinviare la soddisfazione di un desiderio; il bambino accetta di abbandonare l’onnipotenza infantile imparando a differire. Per restare nel linguaggio sopportiamo questa frustrazione: ci sottomettiamo a un linguaggio fatto di parole inventate da altri per affidare il nostro “voler dire” che dunque non sarà mai pienamente soddisfatto. Lo stesso accade relativamente al consesso sociale e alle regole che questo impone.
Dobbiamo chiederci se da questo connubio culturale tra una società che privilegia il versante narcisistico e individualista che promuove il consumo, se da ciò scaturisca civiltà o de- civilizzazione, se la tecnocrazia di matrice neoliberale non operi come fattore de- civilizzatore.
Per rispondere però bisogna uscire da una certa ideologia e comprendere che sia la tecnocrazia che sovrasta le nostre vite che gli appelli all’ uguaglianza e all’ inclusione democratica del politicamente corretto in realtà hanno ben altra matrice e, al di là di ogni possibile riconfigurazione culturale, non si può pretendere di sopprimere l’irriducibile asimmetria dei ruoli.