America is waiting
Gli USA da oltre un secolo dominano sullo scenario mondiale. Sospesi nell'uniformismo della narrazione accattivante, in un mix di tradizione ed innovazione comune sia agli Stati conservatori che a quelli retti dai democratici attraversano, almeno nell'ultimo decennio, una profonda crisi di credibilità. Essa mina i rapporti tra i consociati e con l'esterno. Pur nella permanenza di storiche alleanze politiche il ruolo di leadership appare messo in discussione da tutto un susseguirsi di errori, sottovalutazioni, imprudenze.
La legittimazione di una potenza economico-militare i cui (dis)valori difficilmente possono continuare ad essere esportati senza sottolinearne le infinite contraddizioni. Una supremazia abusata alla perenne ricerca del nemico contro cui lottare, coinvolgendo gli altri attori/sudditi internazionali in questa "missione civilizzatrice".
Nella realtà delle vicende corrisponde all'adesione acritica al progetto che modella la società, pensandola come l'insieme di individui disaggregati e in competizione, uniti dall'idea di progresso coincidente con la possibilità loro concessa di arrivare a scalare la gerarchia sociale. L'ideologia dell'uomo proprietario che presta poca cura al vivente (la natura e le altre specie), a sua volta in conflitto con i propri simili ogni qualvolta ne ostacolino il tragitto. E' il Paese delle possibilità per tutti coloro che si adeguano a tale stile di vita: le produzioni sfrenate, l'accumulazione delle ricchezze, l'ostentazione (in questo senso è anche il Pasese degli eccessi).
Dopo aver costruito le sue fortune sullo sfruttamento altrui - lo sterminio di milioni di nativi, lo schiavismo dei neri e quello moderno della forza lavoro migrante - una volta fatto dell'apparato tecnologico e di sicurezza un settore chiave dell'immaginario - gli infinti istituti penitenziari, la facilità nella vendita delle armi, i controlli delle forze di polizia e di intelligence - per il quale tutto è permesso in quanto american is first, non è un caso che la bandiera a stelle e strisce è onnipresente in qualsiasi ambito, il passo successivo è stato quello di individuare l'avversario da combattare al fine di mantenere vivo il paradigma. Fondamentale il ruolo dei media della propaganda.
Cosi il cinema ci ha raccontato dei cattivi e selvaggi indiani o degli extratterestri che mettono in pericolo la sopravvivenza sulla Terra (chissà perchè nella narrazione gli attacchi o gli eventi estremi avvengono sempre negli USA, e come mai i buoni e liberatori sono sempre gli americani?), forme di esistenza aliena da eliminare al pari degli anticapitalisti. Pertanto, inventato il nemico, tutto ciò che ne consegue è funzionale. Se fino agli anni'80 il soggetto ostile era costituito dalle forme di gestione altra dell'economia, basti pensare ai tanti conflitti provocati, dal Vietnam alle ingerenze nelle faccende interne degli altri Paesi, in seguito venuto meno l'anticomunismo ecco pronto l'islam. Senza operare distinguo il musulmano è stato etichettato in quanto portatore di devianza come accaduto in passato alla gente di colore. Il fanatismo religioso, prima sostenuto in funzione antisovietica, gli si è rivoltato contro. Tra l'altro il fondamentalismo che mette in discussione il modello di vita occidentale fa della presa del potere la sua essenza, verso forme di controllo operate dalla religione.
I governi americani presi dal delirio di onnipotenza hanno inventato la guerra al terrore, a sua volta generatrice di violenza. Le tante stragi ad uso e consumo delle armi ne sono la conseguenza più evidente. La paura si è istituzionalizzata.
Dopo aver sperimentato presidenti discutibili, dall'attore Reagan alla famiglia Bush, passando per l'imperialismo democratico dei Clinton ed Obama, nel mezzo dell'implosione neoliberista pagano oltre misura l'essersi illusi della capacità di dominio delle economie.
L'aver sottovalutato i nuovi soggetti della competizione, in primis la Cina, li ha proiettati nell'ossimoro del protezionismo liberista.
E' la classica risposta delle destre, dove i settori reazionari spingono per un ritorno ad un passato impossibile da ricostruire.
Visione anacronistica cavalcata da Trump. Personaggio che si è calato perfettamente in questi tempi di psicosi collettiva. Con lui l'America dell'intolleranza è tornata a bruciare.
Il trumpismo come espressione tipica della de-politicizzazione di massa. Impersonificazione della via di uscita più facile, a portata di mano, che rimuovendo l'interesse verso quelle che dovrebbero essere le questioni cruciali, svia la dimensione iperclassista della società, spostando l'attenzione altrove.
Apoteosi ultima del capitalismo. Ripetizione iconica di quell'idolatria che già da noi ha fatto danni.
Infatti, allo stesso modo del berlusconismo, esso diventerà un morbo duro da estirpare.
Più di qualche similitudine intrattiene con quest'ultimo. Miliardari dall'ascesa ambigua, corruttori della moralità pubblica, utilizzatori finali delle istituzioni pubbliche per scopi privatistici.
Fomentatori dell'odio seriale hanno contribuito a spaccare la società, dividendola non su questioni attinenti eventuali rivendicazioni sociali (la lotta di classe), ma incentrando tutto sulla loro persona, creando "la congiura" ne hanno fatto una dimensione identitaria.
Dopo il recente attentato cui è stato vittima, al pari di quelli reali o presunti accaduti a Berlusconi (il ritrovamento delle cimici spia, la statuetta sul volto, la persecuzione giudiziaria), e come quest'ultimo sottoposto a processi e condannato, con l'aggravante dell'assalto al Campidoglio, il rischio è che se ne faccia un martire. Patriota difensore di quell'americanità perduta barattata dal pensiero liberal del semi-demente Biden. E che tanto appeal esercita verso settori di sinistra orfani di una specie di sovranismo.
C'è da dire che la società americana nel suo complesso ha già dovuto sopportare in passato diversi sacrifici illustri, come gli ambigui Kennedy, o Martin Luther King, di certo non paragonabili a questi soggetti. C'è bisogno di una pacificazione.
Gli americani stanno ancora aspettando il momento giusto per liberarsi dai loro demoni.