Stellantis, i lavoratori del Mezzogiorno non dormono sonni tranquilli

Stellantis, i lavoratori del Mezzogiorno non dormono sonni tranquilli

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Dopo anni di promesse, contratti e  ricatti umilianti per i lavoratori, ristrutturazioni, dichiarazioni roboanti su possibili nuove produzioni, lo scenario per gli Stabilimenti Stellantis, ex Fiat, nel Mezzogiorno d'Italia non promette nulla di buono. Solo incertezze e preoccupazioni.Ovvio che prima o poi Cisl-Uil, Ugl, Fismic e Associazioni Capi e Quadri che hanno firmato i nuovi contratti con Fiat dovranno dare spiegazioni ai lavoratori. O saranno loro a chiederle senza troppe galanterie.

di Giacomo Mazzarella - ClubAlfa

Le fabbriche di Stellantis collocate nel Centro Sud dell’Italia, quelle che prima erano di Fiat Chrysler Automobiles, sono doppiamente importanti. Parliamo di Pomigliano d’Arco, Melfi, Cassino e così via. Fondamentali per l’azienda, perché per esempio Melfi è la fabbrica da dove escono più auto ogni anno. e poi la Sevel di Atessa è la fabbrica più importante d’Europa per quanto riguarda i veicoli commerciali.

L’importanza di questi stabilimenti però è anche per il territorio. Nella stragrande maggioranza si tratta di Regioni e zone dove il grosso del PIL e dell’economia ristretta proviene proprio dalle fabbriche che dopo la fusione tra i francesi di PSA e gli italiani di FCA; sono diventate del gruppo Stellantis.

E Stellantis è il quarto produttore mondiale di auto, un vero e proprio colosso dell’Automotive. Per questo le cattive notizie che arrivano dai vari stabilimenti sono allarmanti a 360 gradi. E c’è chi non capisce come si sia arrivati a una situazione talmente brutta.

Una situazione identica in tutti gli stabilimenti

Le notizie di cui accennavamo prima, le cattive nuove sono quelle relative ai regimi di produzione e all’occupazione negli stabilimenti. E si tratta di problematiche che non possono essere ridotte ad un solo stabilimento escludendone altri. Infatti ovunque si respira la stessa aria, si hanno le stesse preoccupazioni e si vive nelle stesse problematiche.

Produzioni al di sotto dei regimi standard, anzi ben al di sotto. Lavoro a organico ridotto un po’ ovunque. In alcuni casi, fermate collettive e cancelli chiusi. E così, i lavoratori sono preoccupati dallo scenario ipotetico peggiore, quello di perdere il posto di lavoro. C’è chi sospetta e sente aria di delocalizzazione da parte dei vertici di Stellantis.

La minaccia interna a Stellantis, per la Sevel proviene dalla Polonia

In Val di Sangro per esempio, dove sorge lo stabilimento della Società Europea Veicoli Leggeri (Sevel), la paura proviene dalla Polonia. C’è la sensazione che le più accattivanti condizioni di tassazione e costo del lavoro in Polonia, possa spingere l’azienda a delocalizzare la produzione del Fiat Ducato.

Alcuni indizi lo confermano, anche senza note ufficiali. Infatti in Polonia una ex fabbrica della Opel, addetta da anni a produrre tutta la gamma della Opel Astra, sta per essere riconvertita ai furgoni.

E così che entrerà in concorrenza con la Sevel. E indizio degli indizi, a Gliwice, città industriale polacca sede della fabbrica, ormai ex Opel, si prevedono assunzioni. E si parla di portare a Gliwice la produzione del Fiat Ducato (al momento quello a passo lungo, ma poi?).

Sindacati e lavoratori preoccupati

La preoccupazione ormai è generale tra lavoratori e anche i sindacati iniziano a muoversi, parlando di scioperi, mobilitazioni e chiedendo audizione niente di meno che al CEO di Stellantis, il portoghese Carlos Tavares.

Anche a Melfi per esempio, l’apertura dopo la pausa estiva del 6 settembre è stata disattesa. Tutto spostato come ritorno in attività al 13 settembre, quando però già si parla di soli 5 giorni di lavoro ad oggi garantiti.

E i lavoratori restano in cassa integrazione quasi ad oltranza. Con buona pace dei livelli reddituali che calano e dei benefit che si perdono. Infatti anche se coperti da cassa integrazione, i lavoratori non percepiscono il medesimo stipendio tabellare, e ancora meno se si pensa a turni e straordinari.

Da Melfi a Pomigliano e fino a Pratola Serra, con Stellantis non si dorme tranquilli

Naturalmente le vicissitudini di un grande stabilimento come Melfi sono quelle che maggiormente interessano l’opinione pubblica. E lo stesso per le notizie provenienti da Pomigliano per esempio. Ma sono notizie che non tranquillizzano gli altri stabilimenti.

Infatti alla ex FCA di Pratola Serra non si lavora a regime ormai da anni. La crisi dei semiconduttori, cioè di quei microchip tanto importanti oggi giorno per i veicoli moderni, è alla base di questa situazione. Almeno questo ciò che lasciano trapelare i vertici aziendali.

Il fatto che da Cina, Corea e Taiwan i semiconduttori non arrivano, essendo una problematica mondiale e che riguarda tutte le aziende dell’Automotive, compresi Toyota e Volkswagen, non ammortizza l’agitazione.

Anche perché non tutti credono a questa giustificazione, o almeno che sia l’unica motivazione di queste fermate. In pratica, gli stabilimenti del gruppo Stellantis lavorano a basso regime per motivi non del tutto noti.

I piani aziendali sono ancora fermi alle semplici promesse

Per fine anno il CEO Tavares dovrebbe presentare ufficialmente il piano produttivo. Infatti ad oggi c’è solo qualche accenno di ciò che Stellantis vuole fare dell’Italia e in Italia. A Melfi si produrranno ben 4 veicoli elettrici multimarca, nel senso che riguarderanno 4 brand del gruppo Stellantis.

Ma si partirà solo dal 2024. Oggi invece da due linee di produzione si passa a una sola. Lo stabilimento da oltre un mese è chiuso. La linea di produzione della Jeep Compass è stata accorpata in quella dedicata alla Jeep Renegade e alla Fiat 500 X.

Alla Sevel di Atessa come detto, la promessa è che al Fiat Ducato in futuro (ma non si sa quando), si potranno aggiungere altri furgoni, magari di Opel oltre a quelli elettrici Fiat.

Nel frattempo anche in Val di Sangro, tutto chiuso e lavorazioni dell’indotto che riguardano sostanzialmente solo le esportazioni per la Polonia.

E il Fiat Ducato a passo lungo che era esclusiva della Sevel italiana, dal 2022 verrà prodotto pure a Gliwice in Polonia. Questa l’unica cosa certa, per il resto, solo ipotesi sotto forma di promesse. E i 700 lavoratori somministrati che i sindacati chiedono di regolarizzare, adesso rischiano il posto.

La Gigafactory di Termoli, solo dal 2025 però

E lontana nel tempo anche la Gigafactory di Termoli. Stellantis ha deciso di riconvertire a fabbrica di batterie per auto elettriche lo stabilimento di Termoli. Anche se si parla di nuova fabbrica, dovrebbe trattarsi di riconversione. Anche perché a Termoli oggi si costruiscono sostanzialmente motori per veicoli a combustione termica. Motori che presto saranno in disuso o poco richiesti.

Per carità, il fato che dopo Douvrin in Francia e Kaiserslautern in Germania, la terza fabbrica di batterie del gruppo sia destinata all’Italia e al Molise con Termoli, è una cosa positiva. L’Italia in questo ha vinto la concorrenza della Spagna e Termoli quella di Melfi e soprattutto di Mirafiori.

Ma se ne parlerà solo dal 2025. Nel frattempo come detto, lavoro in fabbrica a ranghi ridotti e a basso regime. In Germania invece, notizia di qualche giorno fa, il governo insieme ai Land, ha sbloccato 400 milioni di euro dai fondi europei proprio per la Gigafactory di Kaiserslautern.

A Pratola Serra il paracadute sono le mascherine

Chi non sembra al momento risentire di crisi dei regimi di produzione è lo stabilimento di Pratola Serra, dove si producono i motori per esempio, del Fiat Ducato. I veicoli commerciali sono richiestissimi, ma le problematiche di Val di Sangro non fanno stare tranquilli nemmeno a Pratola Serra. Anche perché a dire il vero, la fabbrica adesso funziona anche perché si producono mascherine. E non si tratta di un prodotto dell’Automotive ma solo di una specie di salvagente in un momento di crisi.

Il contratto per la produzione delle mascherine è in scadenza e tra poco verrà a mancare alche questo.

Si avvicina il primo sciopero dell’era Stellantis

A poco sono servite le visite agli stabilimenti della Sevel e a Pomigliano che in due giorni Carlos Tavares ha effettuato. Per esempio, alla Sevel Tavares pare abbia rassicurato sul futuro dell’impianto, ma tralasciando una delle cose che sta più a cuore ai sindacati, il futuro dei lavoratori somministrati in Val di Sangro.    

Per questo non appare scongiurato il pericolo sciopero, coi sindacati che hanno già manifestato il loro proposito alla Sevel nel caso di risposte carenti alle loro istanze.

Ed i commenti dei sindacati a margine delle visite di Tavares non sono rassicuranti in relazione alla paventata mobilitazione.

Dalla Cisl si conferma la minaccia del primo sciopero per l’era Stellantis

“Il Ceo ha ribadito che lo stabilimento di Atessa non ridurrà la capacità produttiva. Per Sevel sono previsti investimenti per migliorare ulteriormente l’efficienza e la produttività dell’impianto. Sono affermazioni significative da noi apprezzate che dovranno necessariamente essere verificate passo dopo passo nelle scelte che verranno attuate nei prossimi mesi. Sul tema dei lavoratori somministrati, le considerazioni di Tavares non ci soddisfano e ci trovano contrari”, questo ciò che ha ribadito il segretario nazionale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano.

In pratica, da ciò che emerge, l’azienda prevede di utilizzare i lavoratori cassintegrati, come trasfertisti da altri stabilimenti del gruppo. Sui somministrati nessuna volontà di regolarizzarli e nemmeno di incrementarli numericamente.

“Questa rigidità da parte di Stellantis sui somministrati ci porta dritto allo sciopero, invitiamo nuovamente Tavares a cambiare posizione”, così Uliano ha confermato il proposito della mobilitazione.

Cassino Plant, anche nel Lazio si teme il fermo produttivo

La preoccupazione coem ampiamente rimarcato in precedenza, no può certo essere circoscritta alla sola Sevel piuttosto che a Melfi. Anche a Cassino le perplessità sono molteplici. E i sindacati anche lì si muovono. Questa mattina per esempio, il segretario della Federazione Fiom di Frosinone e Latina, Donato Gatti, ha convocato il direttivo a Cassino.

Anche a Cassino pare che si preveda una fermata produttiva in autunno, e questo è stato ribadito ai delegati e alle RSA presenti oggi allo stabilimento. A Cassino si producono i veicoli Alfa Romeo, e questi da soli non soddisfano l’esigenza di pieno regime produttivo dello stabilimento.

In effetti tra carenza dei microchip che anche a Cassino inevitabilmente servono, e tra crisi del settore, essendo molte delle attuali Alfa Romeo prodotte, alla fine del loro ciclo produttivo, lo stabilimento e il suo indotto, faticano ad essere a regime.

I numeri delle auto prodotte a Cassino è negativo

Non è solo Alfa Romeo ad essere in evidente crisi se si pensa alle immatricolazioni nell’ultimo mese. Sono ben 8 i marchi di Stellantis che presentano un dato negativo. Ma Alfa Romeo è in testa a questa negativa classifica con oltre il 64% di perdita.

In Italia la situazione non è rosea per nessuno dei nostri storici marchi. Basti pensare che solo Maserati, con il suo segmento di lusso ha un segno positivo. E su Alfa Romeo, che Tavares ha già detto di voler portare all’elettrificazione totale entro il 2027, si attende il varo dei primi modelli elettrici.

E serve con urgenza questo cambio di rotta, visto che pure un veicolo trainante come la Giulietta ormai non è più prodotta.

Maserati va bene, e Stellantis pensa di salvare Cassino con il Suv Grecale

È nella Maserati, che lo stabilimento di Cassino nutre speranze per un suo rilancio dal punto di vista della piena operatività. Infatti la nuova Maserati Grecale sarà prodotta utilizzando la piattaforma delle Alfa Romeo Stelvio e Giulia. E per Cassino sono stati investiti fior di denari proprio per questa piattaforma.

Il fatto che il Grecale sia una auto di lusso non può, alla luce della attuale situazione, sostituire in pieno le attività produttive per esempio, della due volumi Alfa Romeo Giulietta. Numeri di veicoli prodotti perché venduti, sono inevitabilmente differenti. Per questo anche sulla previsione del Suv Grecale, i sindacati storcono il naso per quanti lo considerano come il toccasana per Cassino, quando invece appare più una soluzione tampone.

Per evitare nuove fermate e nuovi, lunghi periodi di cassa integrazione, a Cassino servono produzioni in serie di altro genere e non auto di lusso come può essere il Suv Grecale.

 

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