Simposio afgano: “Lasciateci morire di fame, ma lasciateci in pace”

Simposio afgano: “Lasciateci morire di fame, ma lasciateci in pace”

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Draghi e Biden hanno un incubo e lo hanno ribadito chiaramente durante lo scorso G20 a Roma: la Cina in Afghanistan. L’indecorosa ritirata americana della scorsa estate ha segnato un cambio di strategia non più rimandabile nei piani della NATO in Asia: l’occupazione dell’Afghanistan così com’era, dopo 20 anni, non era più sostenibile. Allora palla ai Cinesi e azioni di rappresaglia nei confronti dei Talebani, dei cittadini afgani tutti e in ultima analisi anche dei progetti cinesi.

In altre parole il piano è quello di lasciare la conduzione del gioco ai Cinesi, provando a impantanarli a loro vota in Afghanistan. 

 

IN UN VIDEO GLI AFGHANI SALUTANO I LETTORI DI "SIMPOSIO AFGANO”

 

 

Gli Afghani che parlano nel libro “Simposio afgano” l’hanno detto chiaramente in diversi modi: gli Stati Uniti pianificavano la guerra civile in Afghanistan tra Talebani da un lato ed esercito nazionale dall’altro, per lasciare così che l‘Afghanistan si auto-distruggesse e diventasse inservibile per gli interessi cinesi. L’unica notizia positiva è che questa guerra civile è stata scongiurata. L’ex-governo Ghani si è sciolto, l’esercito è stato sciolto, i Talebani hanno preso il potere pacificamente e si è evitato un bagno di sangue.

Non sono da sottovalutare gli strascichi che questo rapido passaggio di potere, dopo 20 anni di guerra e di occupazione, ha comportato. Coloro che lavoravano per le forze di occupazione e le minoranze Hazara, Tagika e Uzbeka sono soggetti a rischio in questo momento. Tuttavia la politica dei Talebani si è rivolta ad una riconciliazione nazionale piuttosto che a una resa dei conti, per quanto ne possa romanzare la stampa occidentale.

Ma il problema più stringente per gli Afghani è la rappresaglia americana. Lo raccontano loro stessi. Ed è ciò che l’Occidente nasconde, spargendo queste storie ad alto contenuto emotivo su quanto siano selvaggi i Talebani.

Abbiamo chiesto ai cittadini afgani che hanno partecipato alla stesura di “Simposio afgano” di mandarci dei video-messaggi con dei saluti per i nostri lettori. Pochi hanno osato fino a tanto, per paura di essere riconosciuti, nonostante le nostre rassicurazioni, alcuni hanno inviato messaggi vocali. Altri hanno declinato non senza aver inviato i saluti attraverso conversazioni private con l’autore.

Ma questo è il video che abbiamo prodotto con i messaggi degli Afghani per i lettori del libro:

 

 

CHI SONO GLI AFGHANI CHE PARLANO NEL LIBRO

 

Sono cittadini normali: ex-soldati, professori, contadini, commercianti, studenti. Sono gli Afghani sopravvissuti a 20 anni di occupazione militare americana e che ora a stento sopravvivono ad una crisi umanitaria pianificata con la chiusura dei depositi afgani nelle banche statunitensi, ultima fallimentare strategia americana per impedire che l'Afghanistan possa diventare un Paese pienamente sovrano e scegliere in totale indipendenza i propri alleati. 

Da questo libro sale una denuncia chiara: gli USA hanno cercato di provocare una guerra civile tra Talebani ed esercito afgano che solo l'intelligenza del popolo afgano ha potuto sventare. Fallita questa strategia, a questo punto, è l'arrivo degli investimenti cinesi il grande incubo della NATO. E questo raccontano gli Afghani: la discussione in Occidente attorno ai diritti negati dai Talebani è un pretesto per nascondere il cinismo vendicativo di un impero agli sgoccioli. E' questa la realtà che solo gli Afghani potevano raccontare. 

"Simposio afgano" verrà presentato venerdì 19 novembre presso la Casa del Popolo di Palermo.

 

Qui l’evento: 

 

UN AFGHANO DA KABUL: AFFAMATI SOTTO IL RICATTO DEGLI AMERICANI

 

Di seguito una conversazione avuta in questi giorni con un cittadino afgano che ha partecipato al libro e che ha preferito non mandare un video-messaggio ma non di meno ci spiega qui esattamente cosa significhi vivere in Afghanistan in questi mesi alle prese con una crisi umanitaria alle porte provocata dalla rappresaglia americana.

“Ciao caro, come stai? C'è qualche miglioramento in Afghanistan?

Ciao caro. Sto bene. C’è mancanza di lavoratori professionali, che gli americani evacuano dall’Afghanistan. Oltre a questo gli Stati Uniti stanno facendo pressione su di noi congelando i nostri soldi.

Sì, ho sentito...

Le nostre banche sono completamente crollate. Non abbiamo un accesso adeguato ai nostri conti bancari. Con questa situazione nessuno si fiderà più delle banche per i suoi soldi.

Ho sentito che lo fanno per rendere più difficile alla Cina prendere il controllo del paese.

Sappiamo che ogni paese sta cercando di ottenere benefici dall’Afghanistan. Fingono di aiutarci ma in realtà vogliono guadagnare da noi. La nostra frutta fresca, la frutta secca, lo zafferano, l'artigianato sono tutti bloccati qui.

Quelli usati per l'esportazione, vuoi dire?

Esatto. La Cina guadagna da questa opportunità, poiché non abbiamo altro modo per esportare le nostre merci. Lo comprano a basso prezzo e lo vendono a 3 volte tanto nel loro paese. Gli americani hanno dato pieno spazio ai Talebani per prendere il controllo. Hanno fatto accordi per accettarli come governo ufficiale. Ora non stanno seguendo il loro accordo con molte scuse inutili. 4,8 milioni di impiegati governativi sono senza lavoro in questo momento. Quelli che sono tornati al loro lavoro, non hanno ricevuto il loro stipendio negli ultimi 3 mesi. Il prezzo per i prodotti di prima necessità e del cibo sono è due volte più caro.

Ma la gente chi sta incolpando per questo?

È tutta colpa dell’America. Sono loro quelli che ci portano in questa condizione. Dicono di aver speso molto in Afghanistan, ma in realtà l’hanno speso attraverso le Nazioni Unite, che hanno un sacco di tasse e stipendi, alcuni soldi sono stati truffati da funzionari dell’ex-governo. In definitiva nulla è stato investito nel paese, solo circa il 5% dei loro soldi abbiano l’obiettivo.

Certo.

La gente è sconvolta: abbiamo perso la bandiera, il nostro governo, il nostro esercito, il nostro inno nazionale.

Sapete, in giorni normali il biglietto aereo Kabul-Islamabad costa 150 USD, ma ora costa 2500 USD. Si può prendere un biglietto da Kabul per Washington e ritorno con quel prezzo!

Questo è perché solo Pakistan e Iran consentono alle proprie compagnie aeree di effettuare voli tra Kabul e i loro Paesi.

Qui in Europa i media parlano ancora di diritti umani in Afghanistan. Nessuna menzione della dura situazione a causa della ritorsione economica degli Stati Uniti.

Parlano soltanto, ma dietro il sostegno e il denaro che annunciano, c'è una grande lista di termini da seguire in modo da condizionare la politica afgana e volgerla a proprio favore.

Vogliamo che il mondo per favore ci lasci soli. Lasciateci morire di fame, lasciateci in pace. Vogliamo vivere la nostra vita, anche a pane e acqua.

Hai molto da essere deluso dal mondo, lo so.

Per Dio non accettiamo i soldi che ci mandano, lasciateci in pace.

Sai una cosa? Sto preparando un video per la promozione del libro. Sto chiedendo alle persone di mandarmi un breve video in cui dicono di essere stati in contatto con me e di aver partecipato al libro. Poi offuscherò il volto per non mostrare l'identità di chi sta parlando. Ti dispiacerebbe mandarmi il tuo?

Mi dispiace signore, perché sono sempre in contatto con persone che mi creano problemi se lo scoprissero. Quelli che vivono in provincia non sono molto esposti, ma io ho un lavoro e molte persone mi conoscono. Sarebbe così facile per loro catturarmi. Gentilmente accetta le mie scuse per il video.

Ecco perché offusco il volto di coloro che mi inviano un video messaggio, per proteggerli. Anche perché non ho bisogno e non voglio causarvi problemi. E’ solo per avere la possibilità di sentire qualche storia vera sull’Afghanistan.

Il tuo libro aiuterà molto le persone ad essere consapevoli. Questo è abbastanza. Grazie per il tuo sforzo”.

 

 

 

 

 

 

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Ora dalle sponde siciliane anima il progetto "Exodus" in contatto con centinaia di persone in Libia. Di prossima uscita il film "L'Urlo"

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