Rischio calcolato... da Confindustria

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Rischio calcolato... da Confindustria


di Giorgio Cremaschi


Il presidente del consiglio ha lanciato il nuovo slogan della riapertura generalizzata. Dopo “Andrà tutto bene” “L’Italia non si ferma” “Io resto a casa” ora la nuova parola d’ordine, falsa ed ipocrita come le precedenti,  è “ Rischio calcolato”. 

Quanto calcolato e da chi, su chi, per chi?  A noi non viene spiegato niente perché Conte  non sa niente di sicuro sul rischio epidemiologico, come mostrano tutti questi mesi, ma ha capito cosa rischia con Confindustria e mondo degli affari se non riapre tutto e subito.  Quindi il calcolo è economico e politico, non sanitario.

Quest’ultimo è semplicemente uno scongiuro: come tutte le epidemie anche questa prima o poi finirà, si è già sfogata tanto, e poi il caldo aiuterà. D’altra parte il governo ha fatto appello alla coscienza e alla responsabilità dei cittadini, come dire: io i conti del rischio li ho fatti, se saranno sbagliati sarà colpa vostra. Insomma il rischio c’è il calcolo no, perché su una pandemia il calcolo vero è solo quello delle vittime. 

Riapriamo per esigenze economiche, perché il nostro sistema fondato sul mercato e gli affari non intende garantire lavoro reddito e dignità a meno di non ottenere in cambio salute e vita. È successo per tanti anni a Taranto con l’Ilva. Si prometteva di conciliare salute e lavoro. Come si sa la salute e la vita di lavoratori e cittadini è stata compromessa e ora anche il lavoro rischia di non esserci più. Ora tutta l’Italia è come Taranto.
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Governo e Regioni hanno passato una notte per trovare il modo di rendere meno rigorose le condizioni poste dall’INAIL per la sicurezza dal Covid. Non si è posto il problema di quanto fossero utili per la salute quelle misure, ma di quanto fossero dannose per gli affari. E soprattutto nessuno ha discusso di cosa si dovrebbe  fare per rendere il lavoro e la vita davvero sicuri. 

Cosa si è calcolato allora? Il numero di contagiati e morti che il sistema può permettersi prima che la paura della malattia fermi comunque le persone a casa e quindi di nuovo l’economia? Quanti sono i morti accettabili e quanti quelli che invece mettono in crisi il sistema? Questo è il rischio che Conte non può proprio rendere esplicito, ma che deve restare sullo sfondo, per dirci semplicemente che non siamo guariti, ma che è meglio un poco di epidemia che il blocco dell’economia. Come in fondo ha sempre sostenuto Trump.
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 Nella letteratura, specie in quella di fantascienza, il rischio calcolato porta sempre a catastrofi; nella vita dipende dalla fortuna. Siamo entrati nella pandemia con un sistema impreparato ed inadeguato e proviamo ad uscirne allo stesso modo. Ecco questa è la realtà delle scelte del governo Conte, dei presidenti delle Regioni, della classe politica ed imprenditoriale: non c’è alcun calcolo, ma solo la speranza di avere una gran fortuna.

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