Resisteremo al caldo torrido nei luoghi di lavoro?
di Federico Giusti Delegato CUB
È colpa del cambiamento climatico! Troppo caldo a giugno non c'è mai stato. Bisogna impedire, con apposite ordinanze, il lavoro nelle ore più calde.
Abbiamo ricordato solo le prime dichiarazioni raccolte nei luoghi di lavoro dopo l’ondata di calore delle ultime settimane con temperature in costante crescita che rendono a dir poco problematica la presenza in tanti settori, tanto al chiuso quanto all’aperto. E ogni giorno riceviamo proteste e richieste di interventi dai settori più disparati, dalla logistica ai trasporti, dagli uffici pubblici alle scuole, dall’agricoltura alla manutenzione del verde o all’igiene ambientale. Le richieste sono poi sempre le stesse: evitare di lavorare nelle ore calde, predisporre un microclima adeguato, operare ove possibile in modalità agile, cambiare gli orari di servizio.
Sempre in questi giorni numerose Regioni hanno emanato ordinanze con divieto di lavorare nelle ore più calde, a loro volta alcune ditte e cooperative hanno subito applicato le norme spezzando i turni nell’arco della giornata, operando dei tagli orari e salariali, i risultati sono un malessere generale perché in tanti pensano di essere stati ulteriormente svantaggiati da condizioni di vita e di lavoro peggiori di prima. Ci è stato detto che i padroni se la cavano a buon mercato, ottengono il plauso generale bloccando la produzione per alcune ore ma poi si riprendono tutti i mancati incassi con i dovuti interessi e alla fine aumentano le ore, abbattono i costi di produzione, intensificano i ritmi.
Scuolabus senza impianti di aria condizionata, autobus del Trasporto pubblico locale stipati e ridotti a dei forni tra sovraffollamento e temperature rese insostenibili dalla mancanza di aria condizionata, uffici privi di pinguini, lavori di rifacimento dei plessi finanziati dal pubblico ma senza impianti di microclima, queste sono solo alcune delle situazioni nelle quali ci siamo imbattuti per l’ennesima volta. Se volessimo ricercare qualche scritto del passato probabilmente abbiamo già evidenziato e denunciato innumerevoli problemi rimasti irrisolti a distanza di tempo.
Ogni anno è sempre la stessa storia, ce lo dicono le lavoratrici dell’igiene ambientale o i vivaisti del verde, lo ripetono gli autisti e gli addetti alla logistica, come accadde anni fa con il decesso della lavoratrice impegnata nella raccolta di pomodori, per prendere atto della gravità di questa situazione deve scapparci il morto. E all’indomani del cordoglio ci si attiva con le misure di prevenzione ma quasi sempre a costo zero per le imprese e con i disagi scaricati quasi interamente sulla forza lavoro.
L’ultima ordinanza arriva dall’Emilia-Romagna, dopo la morte di un operaio accasciatosi al suolo per un malore durante una gittata sotto il sole. Immaginiamoci intanto quali siano le condizioni in cui si opera nei campi dove imperversano il nero e il caporalato.
Il caldo estremo è direttamente correlato (dati alla mano) dalle emissioni industriali e a scanso di equivoci il nucleare o. l’energia “verde” non sono la soluzione, è una pia illusione pensare all’energia “pulita”.
Ci si accorge del problema quando le temperature arrivano a quasi 40 gradi ma poi per mesi disprezziamo ogni ragionamento che guardi alle reali cause delle mutuazioni climatiche con effetti sempre peggiori per la salute dell’ambiente
E forse non è ancora chiaro che molte produzioni oggi esistenti in virtù del cambiamento climatico si sposteranno verso nord, stiamo facendo poco o nulla per combattere il cambiamento climatico che resta uno dei principali problemi il che non significa assumere atteggiamenti fatalisti.
Tuttavia possiamo dirci soddisfatti di ordinanze che limitano la esposizione prolungata al sole nei settori agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili e affini e nei piazzali della logistica nelle giornate a rischio, quelle con il bollino rosso dimenticandosi di molti altri settori, ad esempio le fabbriche o i servizi? Per noi la tutela della salute e la sicurezza di chi lavora deve essere la priorità assoluta e in questa ottica dovremmo prevenire il problema che si presenta anno dopo anno, ad esempio ridurre gli orari a parità di salario con tanto di interventi contrattuali potrebbe essere una soluzione accettabile come disporre di ammortizzatori sociali in ogni settore fino ad investimenti reali, magari con i soldi risparmiati dal taglio del cuneo fiscale , da parte delle imprese per garantire un microclima adeguato. In molti posti di lavoro non viene distribuita l'acqua, i dpi sono costruiti con tessuti inadeguati
L'estate si manifesta a inizio giugno con temperature roventi, il cambiamento climatico è una realtà con cui dovremo fare i conti e come noi anche il governo nazionale e le sue diramazioni locali, servirebbe ridurre le emissioni e adottare politiche energetiche diverse. E poi non esiste una legge da applicare all’arrivo dell’estate, ci si affida a ordinanze locali che poi giungono con settimane di ritardo senza per altro modificare quei rapporti di forza che vedono la forza lavoro soccombere davanti alle logiche e agli interessi padronali e datoriali
E dopo anni respingiamo al mittente le frasi di circostanza, le risposte parziali e la eccezionalità del momento, le medie attuali rispetto a quelle del 2024, solo negli ultimi dieci giorni di giugno sono salite dai 7 agli 11 gradi.
Hanno una valenza ridotta i protocolli sull’emergenza caldo, nel migliore dei casi si ottiene l'ammortizzatore sociale ma senza certezza alcuna che la stessa gestione del lavoro avvenga in termini umani e attenti alle istanze della salute e sicurezza
E gli stessi provvedimenti varati dalle Regioni restano del tutto insufficienti, la disattenzione verso il caldo non fa che aumentare le statistiche degli infortuni e delle morti sul lavoro, non vorremmo ritrovarci davanti a fatti gravi a rivendicare il semplice diritto al risarcimento quando sarebbe stato doveroso prevenire la situazione