Quanto costa il riarmo "europeo" all'Italia (e chi ne beneficia veramente)

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Quanto costa il riarmo "europeo" all'Italia (e chi ne beneficia veramente)


di Alessandro Volpi*


Quanto costa il riarmo "europeo" all'Italia e chi ne beneficia. Partiamo dal dato della spesa militare sostenuta dallo Stato italiano che è stata, nel 2024, pari a quasi 35 miliardi di euro, di cui circa 15 destinati all'acquisto di sistemi d'arma, in larga misura rappresentati dalla commessa di nuovi cacciabombardieri F 35, prodotti da un consorzio guidato dall'americana Lockheed Martin, i cui principali azionisti, con oltre il 30'% del capitale sono State Street, Vanguard e BlackRock. A questa cifra, che è cresciuta di oltre 2 miliardi in un solo anno, dal 2024 al 2025, si dovrebbe aggiungere la possibile spesa consentita dalla Commissione europea con ReArm Europe, che può arrivare fino all'1,5% del Pil.

Ciò significa che l'Italia può indebitarsi per circa 40 miliardi di euro aggiuntivi, tutti destinati ad armamenti, e quindi in grandissima parte indirizzati ad acquisti di sistemi di arma provenienti dagli Stati Uniti. Se a queste cifre, aggiungiamo il costo degli interessi sul debito da collocare per comprare armi si arriva ad un totale di poco meno di 80 miliardi di euro che dovrebbero essere rintracciati dallo Stato italiano, la cui ultima Legge di bilancio, tutta insieme vale 30 miliardi di euro. In sintesi 80 miliardi di euro di denaro pubblico che, di fatto, genera una limitatissima ricaduta occupazionale visto il peso degli acquisti presso le grandi società Usa, inglesi - come Bae - e presso Leonardo, dove lo Stato Italiano ha ormai una quota limitata al 30%. Ma a questi dati vanno aggiunte altre brevissime considerazioni.

L'Italia ospita 120 basi Nato, a cui vanno sommate 20 basi segrete degli Stati Uniti di cui non è nota la collocazione, e la spesa per il mantenimento di tali basi sfiora i 300 milioni annui. In merito al famoso rapporto tra spesa militare e Pil, per cui l'Italia sarebbe al di sotto della media europea, bisognerebbe considerare che il nostro paese è un contributore netto rispetto al bilancio dell'Unione europea: ciò significa che versa più di quanto riceva a differenza di paesi che hanno una spesa militare più alta ma sono decisamente dei beneficiari netti di' fondi europei con cui possono costruire parti significative del loro bilancio. In ultima analisi, l'"indispensabile corsa al riarmo" in nome della difesa della civiltà europea ha un costo pesantissimo per un paese in cui ormai la spesa pubblica, al di là dei dati nominali, sta riducendosi mentre garantisce un forte aumento di valore dei titoli delle società che producono armi, con ottimi risultati per i grandi fondi che certamente trarranno beneficio anche dalla ritirata dello Stato sociale, trasformato in Stato di guerra, perché tale ritirata obbligherà migliaia di risparmiatori a dotarsi di polizze di sanità e previdenza private, prontamente fornite dai fondi. Poi ci penseranno Von der Leyen e Letta a modificare le regole bancarie europee per "valorizzare" il risparmio degli europei, magari senza il loro consapevole consenso, trasferendolo dai conti correnti in più remunerativi investimenti azionari, in armi.
 

*Post Facebook del 19 marzo 2025

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