Pino Arlacchi: "È la Nato che sta alla base della crisi ucraina, e della sua soluzione"

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È l’Europa che ha in mano le chiavi per far cessare l’attacco militare della Russia all’Ucraina, solo che voglia decidersi ad agire invece di barcamenarsi tra Washington e il Cremlino come ha fatto fino adesso. I leader europei hanno dichiarato, in accordo con Biden, che non invieranno forze militari in Ucraina. Ciò equivale a dire che la NATO non ammetterà l’Ucraina fino a che la Russia considererà questo fatto un casus belli.
 
E la Russia ha appena dimostrato precisamente ciò, segnalando che l’epoca dei giochi è terminata, e che vanno messe sul tavolo precise garanzie di sicurezza. Con l’attacco all’Ucraina la Russia ha chiuso d’un colpo lo spazio di gioco diplomatico e politico entro cui si sono mossi, con un bel po' di disinvoltura, Macron e Scholtz.
 
Durante i colloqui con Putin delle scorse settimane i due avevano ribadito sottovoce, per non irritare gli americani, di non aver intenzione di aprire la NATO all’Ucraina. Ma per abbassare il prezzo della scelta avevano invitato Zelensky a fare il primo passo, dichiarando di avere rinunciato a chiedere di entrare nell’Alleanza Atlantica. Kiev aveva in un primo momento acconsentito, e si era spinta fino al punto da far dire al suo ambasciatore a Londra che si poteva addirittura mettere in campo l’idea della neutralità dell’Ucraina.
 
Ma quando la Russia ha preteso di ufficializzare e mettere per iscritto tutto il discorso, ecco la marcia indietro di chi sperava di poter proseguire con una logora manfrina. Sia gli europei sia Biden hanno detto ni, pensando di poter protrarre la presa in giro di una potenza nucleare del calibro della Russia iniziata trenta anni addietro, con Boris Yeltsin, e continuata fino a tre giorni fa.
 
C’è chi sostiene che la vera questione per Putin non sia l’espansione della NATO ma la ricostituzione pura e semplice dell’impero russo. Peccato che non ci sia alcuna prova a sostegno di questo vaneggio.
 
Caduta l’URSS e disciolto il Patto di Varsavia (la NATO dell’altro lato), le potenze occidentali offrirono ampie assicurazioni ai leader russi che la NATO non si sarebbe espansa verso Est dopo l’unificazione tedesca.
 
Ma non fu messo nulla per iscritto. Non si fece alcun trattato, perché le due parti non lo ritennero necessario, visti i rapporti di cooperazione e di amicizia stabilitisi tra i due ex-nemici. E per un paio di anni dopo il 1989 la NATO stessa sembrò avere i giorni contati.
 
I russi avevano temuto da lungo tempo le invasioni dall’Ovest, che fosse Napoleone, Hitler o la NATO. I maggiori esperti americani di Russia, dal mitico George Kennan all’ambasciatore a Mosca Jack Matlock, al segretario alla difesa di Clinton, William Perry, furono unanimi nel ritenere che i timori russi erano fondati e che la loro richiesta di garanzie di sicurezza era legittima. L’allargamento della NATO verso est, quindi, era per loro un’idea unnecessary, reckless and provocative.
 
La musica cambiò con l’inizio di questo secolo. Finita la Bell’Epoque clintoniana, arrivato George Bush e soci, si iniziarono ad usare subdoli argomenti per sostenere che gli accordi sulla NATO c’erano stati, ma non erano vincolanti. E si continuarono ad ammettere nell’Alleanza, uno dopo l’altro, tutti i Paesi ad est della Germania. Fino ad arrivare, con le repubbliche baltiche, ai confini stessi della Russia.
 
La Russia si è sentita minacciata, e quando ha ritenuto che forze straniere intendessero trasformare una delle tre nazioni fondanti dell’identità culturale-religiosa e politica del popolo russo - l’altra è la Bielorussia - in una entità anti-russa militante, è intervenuta con la forza.
 
La soluzione?
 
Visto che nessuno ha intenzione di correre in soccorso militare dell’Ucraina, e visto che Putin finora non intende occupare il Paese, l’unica strada percorribile è un accordo che fornisca alla Russia le garanzie di sicurezza che richiede senza successo da trent’anni, in cambio della cessazione dell’attacco e di un impegno a lungo termine per il rispetto della sovranità dell’Ucraina.
 
Ciò può avvenire per iniziativa europea, può includere la ripresa degli accordi di Minsk, ed anche la creazione di uno status di neutralità dell’Ucraina. Non è più tempo di manfrine.
 
L’Ucraina ha diritto alla sua sovranità. La Russia non deve più sentirsi in pericolo. E l’Europa dovrebbe smetterla di scherzare con il fuoco solo per compiacere il suo padrone d’oltreatlantico.
 
 
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Pino  Arlacchi

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Ex vice-segretario dell'Onu. Il suo ultimo libro è "Contro la paura" (Chiarelettere, 2020)

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