Miliardi di aiuti alla Siria? La "condizione" è sempre la stessa

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Miliardi di aiuti alla Siria? La "condizione" è sempre la stessa

 

Dodici anni di guerra per procura provocata dall’occidente sostenuta dalla maggior parte degli stati arabi contro la Siria e si ritorna, come nel Monopoli, al punto di partenza.

In pratica, alla Siria da almeno quarant’anni la richiesta, divenuta alle volte minaccia e poi guerr,a è stata sempre la stessa: abbandonare l’alleanza con l’Iran.

Già allo scoppio della Guerra con Iran-Iraq, diversamente da molti stati arabi, Damasco si alleò con Teheran.

L’allora presidente siriano Hafez al-Assad spiegò con queste parole la sua decisione: "La Storia dimostrerà che nel giorno in cui tutti i paesi arabi si schiereranno contro la Siria, l'Iran sarà l'unico paese a sostenere Damasco".

Parliamo dei primi anni ’80 del Novecento, e lo scenario prefigurato da Hafez Assad nel 2011 si avverò nella sua totalità. Solo l’Iran appoggiò la Siria all’inizio dei disordini nel 2011.

Ora, I leader arabi sono tornati alla carica e stanno offrendo al presidente siriano Bashar al-Assad un accordo che include miliardi di dollari per la ricostruzione post-bellica e post terremoto, un impegno a fare pressione sull'occidente affinché revochi le sanzioni, in cambio Damasco deve "[chiedere] all'Iran di smettere di espandere la sua presenza nella nazione". Di questa proposta ne avrebbero parlato funzionari arabi ed europei con il media statunitense The Wall Street Journal (WSJ).

Altre condizioni stabilite dai leader delle nazioni arabe, ancora non si conosce quale siano, includono un impegno da parte di Damasco a impegnarsi con gruppi di opposizione e ribelli, accettare truppe arabe per "proteggere i rifugiati di ritorno" e reprimere il traffico della sostanza stupefacente captagon.

Tuttavia, un consigliere del governo siriano ha ribadito al WSJ che Assad "non ha mostrato alcun interesse per le riforme politiche o la volontà di accogliere le truppe arabe". Anche le potenze occidentali hanno fatto pochi sforzi per revocare sanzioni schiaccianti o per fermare la politicizzazione delle consegne di aiuti umanitari.

Il mese scorso, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price aveva esortato la comunità internazionale a non permettere che l'assistenza umanitaria alla Siria sia accompagnata dalla normalizzazione, sottolineando: "La posizione [di Washington] sul regime di Assad non è cambiata".

Questi colloqui tra Damasco e i leader arabi sono sostenuti dall'Arabia Saudita, che ha recentemente accettato di ristabilire i legami con l'Iran grazie ad un accordo mediato dalla Cina. Nelle ultime settimane, i funzionari sauditi hanno chiesto la fine dell'isolamento della Siria per consentire una risposta alla sua terribile crisi umanitaria.

“C'è un consenso nel mondo arabo sul fatto che lo status quo non è sostenibile. E questo significa che dobbiamo trovare un modo per andare oltre lo status quo", aveva dichiarato all'inizio di questo mese il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud.

Funzionari europei e arabi hanno anche confermato al WSJ che la reintegrazione regionale della Siria sarà in cima all'agenda del prossimo vertice della Lega Araba, che si terrà entro la fine dell'anno in Arabia Saudita.

Nelle ultime settimane, la Giordania e l'Egitto hanno inviato i loro ministri degli Esteri a Damasco per le loro prime visite diplomatiche dallo scoppio della guerra nel 2011. Anche altre nazioni responsabili di aver alimentato la guerra nelle sue fasi iniziali, come la Tunisia, hanno annunciato piani per ristabilire le relazioni diplomatiche.

Anche prima che il terremoto colpisse il paese levatino, le nazioni arabe avevano iniziato lentamente a ricostruire i legami con la Siria dopo oltre un decennio di guerra e isolamento, citando il fallimento della guerra sponsorizzata dagli Stati Uniti e le preoccupazioni per la crescente presenza dell'Iran nel paese.

Nonostante queste preoccupazioni, o condizioni, l'Iran ha accolto con favore i progressi tra la Siria e il mondo arabo. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanaani li ha definito "un approccio realistico" e "un passo positivo verso la solidarietà islamica".

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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