Mattei sosterrebbe Haftar e non quel marcio di Tripoli

Mattei sosterrebbe Haftar e non quel marcio di Tripoli

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Lo scorso 7 novembre il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella ha inaugurato ad Algeri una statua in ricordo di Enrico Mattei, accompagnato dall'Ad di Eni Claudio De Scalzi e dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Sulla targa commemorativa in arabo ed italiano è riportato:

«Personalità italiana, amico della rivoluzione algerina, difensore tenace e convinto della libertà e dei valori democratici, impegnato a favore dell'indipendenza del popolo algerino e del compimento della sua sovranità».

 

MATTARELLA AD ALGERI

 

Durante il discorso commemorativo il presidente Mattarella ha dichiarato:

 

<<A venticinque anni dalla Dichiarazione di Barcellona sul Partenariato euro-mediterraneo, crediamo sia necessario trarre lezione dalle insufficienze che si sono manifestate e sostenere con la forza la iniziativa di una "Nuova Agenda per il Mediterraneo", recentemente approvata a Bruxelles e basata sulla convinzione che solo un approccio sinergico, fondato su un rapporto paritario tra gli Stati, possa trasformare le difficoltà delle sfide comuni in opportunità condivise>>.

La Nuova Agenda per il Mediterraneo, presentata lo scorso febbraio, è un piano da 7 miliardi di euro “per stimolare l'economia dei Paesi partner del Mediterraneo, affrontare l'instabilità politica e frenare la spinta alla migrazione irregolare, puntando su transizione verde, giovani e donne”. Gli investimenti dell’UE saranno finanziati dal nuovo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (Ndici), che avrà in dote fino a 7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 dal bilancio Ue.

Ma i fondi potrebbero mobilitare, secondo i calcoli UE, fino a 30 mld in investimenti privati e pubblici nella regione nei prossimi dieci anni. 

Se il modello europeo nel Mediterraneo è però quello sostenuto a Tripoli, ossia il sostegno ad un governo usurpatore per il controllo delle risorse libiche, oppure quello sostenuto a Tunisi (dove anni di sostegno indiretto europeo al partito Ennahdha hanno creato una classe politica tunisina corrotta al punto che il presidente Saied ha dovuto sciogliere il parlamento e ritirare l’immunità parlamentare per consentire alla magistratura finalmente di fare il suo corso), chissà se il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune avrà fatto gli scongiuri di fronte alle parole di Mattarella, visto che l’Algeria per ora si è mantenuta impermeabile di fronte all’infiltrazione della fratellanza Musulmana nelle istituzioni, grazie anche alla protezione francese.

 

COSA FAREBBE OGGI MATTEI?

 

Oggi però, da cittadino italiano, mi sono chiesto cosa farebbe Enrico Mattei se fosse vivo in questi tempi. Che tipo di politiche adotterebbe nel Mediterraneo attuale e su quali soggetti punterebbe.

Prima di proporre una risposta a questa domanda, richiamiamo alcuni dei punti salienti della vita dell’ex presidente dell’ENI alla luce di quello che gli Algerini nella targa commemorativa hanno definito “impegno a favore della sovranità algerina”.

Enrico Mattei perse la vita il 23 ottobre 1962 in un incidente aereo. Come è stato dimostrato però non si trattò di un incidente, ma di un attentato i cui mandanti possono essere cercati tra tutti coloro che all’interno dei Paesi NATO non gradivano l’intraprendenza dell’ENI in quegli anni, dai Francesi, che da poco avevano vissuto la cocente sconfitta dell’indipendenza dell’Algeria, agli Americani.

E’ noto come Mattei finanziasse e rifornisse di armi il FLN algerino (Fronte di Liberazione Nazionale) che combatteva contro l’esercito francese, chi dice perché l’allora presidente dell’ENI si riconoscesse nella lotta del popolo algerino, lui che era stato partigiano, chi dice perché un’Algeria libera avrebbe consentito all’ENI di piazzarsi tra i primi acquirenti del gas algerino post-indipendenza.

Dal canto suo l’FLN si avvantaggiava del sostegno clandestino di Mattei per altre due ragioni, simmetricamente identiche: il disperato bisogno di un sostegno economico per far fronte ad una guerra sanguinaria nel proprio Paese e i parametri dell’accordo che Mattei avrebbe sottoposto alle autorità dell’Algeria libera, sostanzialmente riassunti in quel 75% al Paese produttore, 25% al Paese acquirente, politica apprezzata in tutti i Paesi produttori dell’epoca ovviamente, che aveva consentito all’ENI di guadagnare posizioni all’interno della corsa alle risorse energetiche di allora.

Giusto per rinfrescarci un po’ la memoria, riportiamo una passo di Enrico Mattei che espone la filosofia e le ragioni della sua politica, in modo da poterle confrontare con le parole del presidente Mattarella spese in occasione dell’inaugurazione della sua statua ad Algeri lo scorso 7 novembre:

<<Ho lottato anch'io contro l'idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l'Italia fosse condannata a essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche. Queste fonti energetiche le ho individuate e le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime. Ma prima di far tutto questo: ho dovuto fare anch'io della decolonizzazione perché molti settori dell'economia italiana erano colonizzati, anzi, direi, che la stessa Italia meridionale era stata colonizzata dal Nord d'Italia! Il fatto coloniale non è solo politico: è anche, e soprattutto, economico. Esiste una condizione coloniale quando manca un minimo d'infrastruttura industriale per la trasformazione delle materie prime. Esiste una condizione coloniale quando il giuoco della domanda e dell'offerta per una materia prima vitale è alterato da una potenza egemonica: anche privata, di monopolio o di oligopolio? Nel settore del petrolio questa potenza egemonica oligopolistica è il cartello. Io lotto contro il cartello non solo perché è oligopolistico ma perché è maltusiano e maltusiano ai danni dei paesi produttori come ai danni dei paesi consumatori>>.

Dagli appunti per un discorso a Tunisi nel giugno 1960, Archivio storico dell’Eni.

 

IL MARCIO CHE L’EUROPA COLTIVA A TRIPOLI

 

Il prossimo 24 dicembre rimane la data ufficiosa per le prossime elezioni in Libia. In queste settimane a Tripoli sta succedendo un po’ di tutto. Elenchiamo alcuni episodi significativi:

Un ex-miliziano dell’ISIS promosso capo delle indagini penali nel dipartimento di polizia di Zawiyah, Mohamed Bahrun, ricercato internazionale, leader di una milizia, ha attaccato la milizia del rivale Abdel-Ghani Al-Kikli a Tripoli costringendola a giorni di violenti scontri.

Il noto trafficante di esseri umani Abdel-Rahman Milad (Bija) presenzia ad un esame di reclute dell’Accademia navale di Janzur tra i banchi della commissione.

Il ministro degli Esteri libico Najla al-Mangoush prospetta la ripresa della guerra civile in Libia una volta celebrate le elezioni e insieme al premier Dabaiba e in particolare al capo del Consiglio di Stato libico Khaled Al-Mishri dà vita ad una campagna per il boicottaggio delle elezioni. Quest’ultimo aggiunge che in caso di vittoria alle presidenziali di Khalifa Haftar sarebbe inevitabile impedire a questi con la forza di assumere la carica.

L'autorità di controllo amministrativo della Libia, pubblicando il suo rapporto sulle prestazioni della National Oil Corporation (NOC) per l'anno 2020, ha denunciato un buco finanziario nelle vendite all'estero di 4.540.197 dollari. In realtà lo stesso presidente del consiglio di amministrazione del NOC, Mustafa Sanalla, aveva già nel 2018 denunciato quanto fino al 40% del petrolio libico risultasse sistematicamente sottratto al controllo statale per essere venduto clandestinamente dalle milizie a prezzi scontati verso le economie sommerse ed emerse di Europa e Turchia.

 

E’ L’ORA DI PRENDERE POSIZIONE IN LIBIA

 

La frenesia con cui a Tripoli nelle ultime settimane si cerca di annullare o rimandare le elezioni si spiega con la consapevolezza che il popolo libico esprimerà la sua preferenza a chi si batte per un’affermazione della sovranità dello Stato sugli interessi privati delle milizie coltivati dalle potenze straniere che si avvantaggiano del caos e dei rapporti diretti con i gruppi armati (la famosa dottrina Minniti).

Khalifa Haftar, in attesa che Saif Gheddafi riappaia sulla scena pubblica candidandosi all’ultimo momento alle presidenziali, esprime in questo momento ciò che la maggioranza dei Libici desidera.

E’ chiaro d’altra parte che, finché la data delle elezioni non sarà definitivamente confermata, Saif non si esporrà. Fino a quel momento Haftar rimane il punto di riferimento per questa altra Libia, maggioritaria del Paese, sia in Cirenaica che in Tripolitania. Ma mentre la Cirenaica tra il 2015 e il 2017 è stata liberata dall’Esercito Nazionale Libico guidato appunto da Haftar, la zona della Tripolitania rimane sotto il controllo delle milizie che si rifugiano sotto l’ombrello del governo di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto dalla NATO e dall’UE pur in mancanza di un voto di fiducia del parlamento libico (la cui sede dal 2014 si trova nell’est del Paese e non nella capitale per sfuggire alle ritorsioni di quelle stesse milizie che noi sosteniamo).

 

MATTEI OGGI

 

Non so se è chiara la situazione. Questo articolo prova soltanto a far luce su dinamiche sistematicamente oscurate in Europa. Sull’argomento in passato abbiamo scritto altre volte. 

Ma, in tutta franchezza, se oggi Enrico Mattei fosse vivo e fosse di nuovo a capo dell’ENI, visiterebbe ogni mese un primo ministro usurpatore a Tripoli non votato da alcun parlamento, protettore di gruppi armati che dettano legge sulla vita quotidiana dei cittadini libici della Tripolitania, sottraendo il 40% del loro petrolio, così come regolarmente Claudio De Scalzi puntualmente fa da diversi anni?

Oppure prenderebbe contatti con Khalifa Haftar e l’Esercito Nazionale Libico, sicuro del consenso popolare di cui gode, per sostenerlo verso la creazione di una nuova Libia, indipendente ed unita, libera dalle milizie e dalla Fratellanza Musulmana, libera dall’occupazione turca della Tripolitania, libera dal giogo NATO e dell’UE che stabiliscono e riconoscono governi privi di legittimazione democratica?

Ognuno si può dare la risposta che crede. Per quanto ci riguarda, in tutta coscienza, non abbiamo dubbi.

Anzi, rivolgiamo una domanda ai compagni sovranisti italiani: ma il giorno che lasceremo finalmente l’Euro e l’UE, a chi ci rivolgeremo, con chi faremo accordi se il resto del nostro ambiente naturale, il Mediterraneo, sarà occupato da mercenari ed usurpatori contro i quali non abbiamo fatto nulla, anzi abbiamo lasciato che soggiogassero i popoli nostri fratelli della sponda sud?

Enrico Mattei oggi manca tanto al nostro Paese. Innanzi tutto ci farebbe capire quanto l’Italia abbia bisogno di coltivare relazioni sane a livello internazionale con i Paesi del Mediterraneo se vuole essere un Paese sovrano e prospero.

Oggi infatti non siamo né l’uno né l’altro.

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Ora dalle sponde siciliane anima il progetto "Exodus" in contatto con centinaia di persone in Libia. Di prossima uscita il film "L'Urlo"

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