Macron o Le Pen? Il ricatto morale e la pena del giornalismo italiano contro Conte
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Ieri, alla fine della trasmissione 8 e mezzo, Lilli Gruber e Giannini hanno chiesto a Giuseppe Conte cosa avrebbe votato se fosse stato francese. L'ex presidente del Consiglio si è sottratto. Non ha voluto rispondere. Non ha voluto scegliere tra Macron e Le Pen. Apriti cielo: dalla mancata risposta è nata una discussione, ripresa oggi anche dai giornali: "Conte non si schiera per Macron, è chiaramente un lepenista".
Ora, che il giornalismo italiano faccia pena è cosa nota. Anche guardando le altre trasmissioni televisive o leggendo i giornali emerge come però numerosi giornalisti non solo facciano cattiva informazione, non solo si prestano alla più squallida propaganda, ma hanno deciso anche di assumere la funzione di guardiani dell'ordine conformistico che divide il regno delle persone perbene e integrate dalla realtà delle periferia abitate dai soggetti estranei alla civiltà in cui convivono terrapiattisti, novax, sovranisti, comunisti, putinisti, trumpisti, analfabeti funzionali, professoroni, fasci...
Nella domanda su cui votare tra Macron e Le Pen c'è un fortissimo ricatto morale. Ma c'è anche il tentativo di ridurre la discussione politica a una scelta binaria: o il liberalismo di Macron o il neofascismo di Le Pen. Quel che è peggio è che questo schema si è poi diffuso anche nel resto della discussione politica, a diversi livelli. È ampiamente impiegato nel dibattito sulla guerra ("non sostieni l'invio delle armi, allora sei putiniano") e si fonda su una logica fallace e ideologica, che cerca di appiattire il ragionamento politico e che si rifiuta di dare cittadinanza a chiunque cerchi un'alternativa.