L'attore Arestovic e il “38° parallelo” ucraino

L'attore Arestovic e il “38° parallelo” ucraino

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Qualcuno si ricorderà di sicuro di quel perspicace film del 1959, “Il ruggito del topo”, con un geniale Peter Sellers che, a capo di un drappello di lancieri di un minuscolo ducato alpino, va a invadere gli Stati Uniti, col dichiarato proposito di perdere la guerra e farsi quindi conquistare dagli USA che, con un nuovo “Piano Marshall”, salveranno la pericolante economia del ducato.




Ecco, quel genialone dell'ex consulente presidenziale ucraino, l'attore e futurologo Aleksej Arestovic, ufficialmente fatto dimettere da ogni suo incarico, ma tuttora sulla breccia delle sparate nazigolpiste di Kiev, ha escogitato una propria variante ucraina del “38° parallelo” coreano.

Dopo la ridicola “proposta di pace”, fatta a gennaio dal Direttore della CIA, William Burns, di offrire a Mosca 20% del territorio ucraino in cambio della pace, ecco che Arestovic, da futurologo e attore, sembra vestire i panni di portavoce non ufficiale – dopotutto, lo hanno licenziato, quindi la junta può sempre smentire ogni sua parola – di Kiev. A quale scopo? Per ammiccare a possibili negoziati con Mosca, che dovrebbero fissare la presenza russa non oltre il “38° parallelo” ucraino (nel caso specifico: qualcosa intorno al 35° meridiano est, con la Crimea però che arriva fino al 32°) e anche per «preparare l'opinione pubblica ucraina alla cessione di parte del territorio», scrive News Front. Inoltre, nel non detto esplicitamente, Arestovic sembra pronosticare un futuro miserevole (nella sua occidentalissima visione della Repubblica Popolare Democratica di Corea), di fame e di stenti, per la “Corea del Nord” a est del Dnepr, che sbaveranno di gelosia guardando i “coreani del sud”, cioè i vicini a ovest del Dnepr, ricchi, agiati e panciuti, coi milioni di dollari e euro che arriveranno col novello “Piano Marshall” ucraino. Mentre i “nordcoreani” di Donetsk, Lugansk o Kherson, meschini, non potranno che battersi il petto per esser rimasti con la Russia.

Ma il futurologo Arestovic pare dimenticare che sono proprio le valute e le armi americane e europee sul territorio della “sua Corea del sud”, quelle che Mosca non accetterà mai. Mosca non acconsentirà mai a che, a ovest del 35° meridiano, ci siano missili, aerei, tank di USA e NATO puntati contro il proprio territorio: indipendentemente dal fatto che a Kiev ci siano dichiarati banderisti e neonazisti o oligarchi “democratici” in affari con la Russia.

Ma, soprattutto, quella “prosperità” da Corea del sud che l'attore Arestovic immagina per l'Ucraina occidentale, non sarà altro che la tavola imbandita cui i vicini si siederanno per gozzovigliare con le ultime risorse ucraine, quelle che ancora resteranno dopo la divisione del paese, diventato protettorato di qualche stato vicino, Polonia in primo luogo.

Del resto, se oltreoceano, per accontentare Varsavia, o Budapest, o anche per addivenire, alla fine fine, a un compromesso con Mosca, giudicheranno vantaggiosa una spartizione dell'Ucraina, la junta nazigolpista non potrà che rispondere “signorsì” e accontentarsi di una porzione di territorio che vada poco più in là della regione di Kiev.

Tanto per il futurologo Aleksej Arestovic.

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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