La legge del piu ricco
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di Michele Blanco
La Meloni pubblica sui social la seguente dichiarazione:
"Le patrimoniali ricompaiono ciclicamente nelle proposte della sinistra. Con la destra al governo non vedrà mai luce".
Un modo per affermare una vera e propria dichiarazione di appartenenza di classe. La meloni difende il privilegio e i privileggiati, la ricchezza come se fosse un diritto assoluto e naturale, intoccabile, l'esatto contrario da quanto previsto nella nostra Costituzione. Una dichiarazione che certifica la cifra politica del nostro tempo che corrisponde con la difesa assoluta della ingiustificata ricchezza, della razza padrona e, sempre più, predona, elevata a programma di governo, contro tutti gli altri che per questo giverno non contano meno di nulla.
Di certo il primo provvedimento di bandiera del governo meloni è stato quello di cancellare il reddito di cittadinanza, addirittura definendolo come “metadone di Stato”, e sull’evasione fiscale? Giustificandola perchè pagare le giuste tasse è “pizzo di Stato”.
In questo contesto abbiamo l'offesa continua nei confronti delle classi sociali meno abbienti che diventa codice politico, la povertà una colpa e un delitto, la ricchezza un’ideologia assoluta da rispettare e idolatrare.
Nel frattempo mentre il presidente del consiglio dei ministri italiano passa il suo tempo a twittare contro la giusta e giutificata tassa ai supericchi, Oxfam, che è una confederazione internazionale di organizzazioni non governative che lotta contro la povertà e le disuguaglianze, attraverso interventi umanitari, progetti di sviluppo e campagne di sensibilizzazione, fotografa il mondo per quello che è: I dieci miliardari più ricchi degli Stati Uniti hanno guadagnato in un solo anno 698 miliardi di dollari, l’intero Pil del Belgio.
Solo deci persone - Musk, Bezos, Zuckerberg, Ellison, Buffett, Page, Brin, Ballmer, Gates, Bloomberg - possiedono quanto un continente.
Si tratta di una vergognosa oscenità. Mentre milioni di cittadini italiani arrancano tra affitti esorbitanti, mutui, debiti, inflazione, spese sanitarie, stipendi fermi e welfare smantellato. In contemporanea il governo aumenta, in modo spropositato, le spese militari e togliendo i soldi allo stato sociale, all'assistenza sanitaria, all'istruzione degli italiani.
In questi anni la stessa democrazia d’Occidente è sempre più precaria perchè i cittadini disillusi non vanno più a votare.
A dominare la politica e l'economia sono le stesse poche persone supericche che controllano le piattaforme, i flussi di dati, le borse.
La politica è assolutamente subordinata, ridotta a braccio amministrativo del grande capitale finanziario.
E l’Italia non è da meno di fronte a guadagni e profitti stratosferici nel 2024 le multinazionali americane hanno versato al fisco appena 455 milioni di euro. Le piccole e medie imprese italiane, 24,6 miliardi. Due cifre, due mondi, per riassumere ci troviamo nella situazione che chi comanda non paga. Chi lavora, tiene in piedi la baracca.
La classe media vive in gravi difficolta e si assottiglia. Il lavoro salariato e gli stipendi non si adeguano minimamente all'inflazione, la precarietà è la realtà per la stragrande maggioranza dei lavoratori.
Il welfare è ridotto costantentemente, la sanità non è più per tutti e si paga, la scuola non ha più finanziamenti adeguati, i giovani fuggono all'estero. Gli Stati europei tagliano diritti per comprare armi per obbedire agli ordini mastino americano. E il capitalismo continua a raccontare la sua favola neoliberista che la ricchezza “gocciolerà” verso il basso. Non è mai successo nella storia dell'umanità.
Oggi l’uno per cento dell’umanità possiede quasi metà della ricchezza mondiale. È il vero governo del pianeta: un potere economico in mano a pochissime persone che non risponde a nessuno, allavfaccia della democrazia, ma decide tutto.
Non serve invocare nostalgie o espropri: serve serietà e coraggio politico.
Tassare i grandi patrimoni non è un’eresia, è una giustificata necessità inaggirabile.
Redistribuire un minimo di ricchezza correttamente è la prima condizione per evitare la catastrofe per le generazioni future.
Diversi studi realizzati negli ultimi anni ritengono indispensabili alcune caratteristiche: fondamentale sarebbe un sistema fortemente progressivo per il pagamento delle tasse, con una tassazione più gravosa per le rendite finanziarie in modo tale da dare una spinta all’economia reale; importanti per una effettiva riduzione delle diseguaglianze sono misure come il miglioramento nell’accesso all’istruzione con un incremento nell’offerta di servizi pubblici e l’adozione di un salario minimo garantito.
Come si vede si tratta di strumenti che richiedono un deciso intervento pubblico, spesso non gradito a chi detiene il potere economico-finanziario (e la ricchezza) e difficile da attuare in un contesto di scarsità di risorse pubbliche e di limitazioni poste alla spesa pubblica.
Il World Social Report di UNDESA sottolinea in particolare come l’accesso universale all’istruzione sia la vera chiave per prevenire e contrastare le disuguaglianze.
Tuttavia, occorre che il sistema educativo sia davvero accessibile a tutti altrimenti il rischio è di esacerbare le disuguaglianze. È importante agire su tutte le forme di disuguaglianza, non solo quella economica: tutte le forme di discriminazione che ostacolano la partecipazione sociale ed economica dei gruppi svantaggiati – donne, disabili, minoranze etniche – devono essere rimosse. Sono tutti processi a lungo termine, ma non c’è altra strada se si vogliono ridurre le disuguaglianze ed evitare che le conseguenze generino crescenti conflitti sociali.
In Europa, i Paesi con la ricchezza più equi-distribuita sono i paesi scandinavi, la Germania e addirittura alcuni paesi dell’ est (Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca), con un indice di Gini compreso tra lo 0,25 e lo 0,30. La forza dell’economia tedesca e il sistema di welfare in vigore nei paesi nordici sono i fattori determinanti dell’equa ridistribuzione del reddito. Nel resto del mondo, l’unica “grande potenza” ad avere un indice di concentrazione così basso è il Giappone. In Italia negli ultimi venti anni, l’indice di Gini ha toccato il suo punto più basso nel 2001, quando era a 0,29, indice di una società più egualitaria. Da allora ha continuato a salire, seppur con fasi alterne, fino allo 0,331 del 2016, dato più alto degli ultimi venti anni.
In conclusione, lo studio ha messo in luce la necessità di avviare una profonda e seria discussione sullo stato attuale dell’ iniquo sistema fiscale italiano e la necessità di una riforma in chiave più inclusiva, capace di sostenere una crescita economica sostenibile.
Cosa aspettiamo a provare ad invertire questa preoccupante tendenza?

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