La crisi ucraina spiegata facile (e con l'ausilio di un gioco da tavolo che conoscete tutti)

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Lasciamo perdere il gas e le altre materie prime. Mettiamo da parte complicate ricostruzioni e ardite congetture e facciamola semplice semplice, come un gioco da tavola. Per comprendere la crisi ucraina (quantomeno sommariamente) basta avere una basica conoscenza dei meccanismi di gioco del Risiko e delle tattiche più efficaci per raggiungere gli obiettivi e vincere la partita.
 
Ogni giocatore che non sia mediocre sa benissimo che per difendere durevolmente l’Europa (non necessariamente l’intero continente ma i suoi territori interni) bisogna tassativamente possedere: l’Islanda, almeno uno dei due territori in nord Africa, il Medioriente e, guarda caso, l’Ucraina. Occuparli, infatti, consente di mantenere l’Europa sguarnita e ammassare tutte le truppe disponibili sul confine, distribuendole su pochissimi territori (cinque al massimo). Una tattica che assolve alla duplice funzione di difesa quasi impenetrabile e di costante minaccia esterna verso Asia e Africa. E che aumenta esponenzialmente la sua efficacia se contemporaneamente si controlla anche il Nord America…
 
Ora, tralasciando la non perfetta coincidenza fra territori del Risiko e le nazioni coinvolte nella realtà (nel gioco l’Ucraina ingloba repubbliche baltiche (!) un pezzo consistente della Russia europea e Ucraina vera e propria), si tenga presente una cosa importante. Nel gioco il possesso di Ucraina e Medioriente assieme consente di erigere un muro invalicabile a Oriente, a protezione del cuore dell’Europa dall’ipotetica espansione di chi proviene dal sud est asiatico e se ne sta arroccato in Cina. Mettendo il giocatore che sta in Europa nelle migliori condizioni possibili per invadere l’Asia e non il contrario. Una funzione che sarebbe perfettamente assolta anche se i due territori fossero più piccoli (privi rispettivamente della parte russa e della penisola araba), limitandosi cioè alle sole Ucraina, Turchia e paesi baltici. Tutto chiaro?
 
Adesso ripercorriamo gli eventi (reali) che hanno interessato gli Stati ricadenti in questi territori “cuscinetto” negli ultimi anni:
 
2010 primavere arabe, rivolta in Tunisia;
2011 guerre in Libia e Siria;
2013 colpo di stato in Egitto;
2014 colpo di stato in Ucraina;
2016 tentato golpe in Turchia;
2019 attacco alla lira turca e destabilizzazione pianificata dell’economia di Ankara. A cui andrebbe aggiunto il disordinato ma sensatissimo ritiro dall’Afghanistan con conseguente ripiegamento verso ovest nel 2021.
 
Una tattica cristallina che, se fossimo a un tavolo di Risiko, avrebbe senso soltanto in due casi. Un giocatore che controlla l’Europa oppure Nord America ed Europa insieme. Calcolando che la prima possibilità è insussistente (l’Ue non ha né interesse “nazionale” autonomo né politica estera) resta solo la seconda. Adesso riportiamo tutto su un piano di realtà e ditemi, chi sta minacciando chi? E con quale obiettivo?
 

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Antonio Di Siena

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Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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