La criminalità del capitalismo spiegata dal The Economist

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La criminalità del capitalismo spiegata dal The Economist


di Giorgio Cremaschi


L’ultimo numero del The Economist, autorevole rivista del capitalismo mondiale, titola il suo editoriale e la  copertina, “A grim calculus“. Un truce calcolo.


Quale calcolo? Quello tra due grandezze: il costo di fermare l’economia e quello delle vite perdute per la pandemia da Covid19. Come il calcolo dell’equilibrio perfetto tra inflazione e disoccupazione, che non esiste,  ma che è alla base delle teorie liberiste che hanno dominato il mondo negli ultimi trent’anni, così per il settimanale britannico si possono e si devono misurare da un lato la chiusura delle città e delle attività, dall’altro il valore delle vite salvate; perché tutto ha un prezzo.


“Immaginate che ci siano due malati critici ed un solo ventilatore. Questa è la scelta con la quale si potrebbero confrontare gli staff ospedalieri  a New York, a Parigi, a Londra.. come è già in Lombardia e a Madrid.. l medici dovrebbero dire chi sottoporre al trattamento chi lasciare senza di esso, chi possa vivere e chi probabilmente morire..”
 

Con questo esordio sulla terribile scelta del medico, senza chiedersi perché  manchino i ventilatori l’Economist già annuncia la sua conclusione da eugenetica sociale, ma prima di arrivarci seguiamo il suo percorso.


“Non attribuiremo una cifra in dollari alla vita umana” questa frase del governatore di New York Cuomo viene citata nell’articolo per spiegare che la realtà dei governanti è esattamente opposta.


“Sembra spietato, ma attribuire una cifra in dollari alla  vita, o almeno sistematizzare questo modo di pensare, è esattamente ciò di cui i leader avranno bisogno se dovranno farsi strada attraverso i mesi strazianti a venire. Come in quel reparto ospedaliero, i compromessi e gli scambi, (tra dollari e vita)  sono inevitabili”. Si tratta dunque di trovare il giusto scambio tra economia e vita, il “trade off”, questo calcolo è il compito di chi governa.


Per questo il settimanale britannico contesta il primo lassismo di Trump sulla diffusione dell’economia.
 

“Per due settimane, Trump ha ipotizzato che la cura potrebbe essere peggiore del "problema stesso".  Attribuire un valore in dollari alla vita dimostra invece che si sbagliava.  Chiudere l'economia causerà enormi danni economici.  I modelli però suggeriscono che lasciare che il covid-19 bruci la popolazione significherebbe farne meno, ma potrebbe portare a 1 milione di morti in più.  Si può allora realizzare una contabilità completa, usando il valore ufficiale calibrato per età di ogni vita salvata.  Ciò suggerisce che il tentativo di mitigare la malattia vale 60.000 dollari per ogni famiglia americana.  Alcuni vedono la stessa formulazione di Trump come un errore.  Ma questa è un'illusione confortevole.  C'è davvero uno scambio, e per l'America oggi il costo di un blocco è di gran lunga superato dalle vite salvate.”


Capito il concetto? Trump non ha sbagliato a contare in dollari le vite, scelta giusta, ma semplicemente ha sbagliato i conti. Se si fosse fatto come inizialmente lui proponeva ci sarebbero stati un milione di morti, che calcolati in termini assicurativi, per il paese più ricco del mondo, sarebbero stati un costo superiore a quello della fermata produttiva. Quindi son i costi superiori della strage ad averla, per ora, ridotta.


Ogni paese fa questi conti, sostiene ancora il settimanale, dalla Cina che blocca tutto anche per danneggiare le industrie estere, all’India che,  povera come è, non può certo permettersi lo stesso calcolo del valore della vita  degli USA e della UE. Là  il costo dei morti sarà presto minore di quello del blocco economico. E la Russia di Putin, vera ossessione delle classi dirigenti  euroatlantiche, le sue misure antivirus le prende solo per rafforzare il regime.


Insomma al di là delle ipocrisie ufficiali, ogni governo, secondo il giornale,  giunge a definire “..una misura contabile che aiuti a confrontare cose molto diverse come la vita, il lavoro e la contesa di valori morali e sociali in una società complessa.  Maggiore è la crisi, più importanti sono tali misurazioni.  Quando un bambino è bloccato in un pozzo, prevarrà il desiderio di aiutare senza limiti, e così dovrebbe essere.  Ma in una guerra o in una pandemia i leader non possono sfuggire al fatto che ogni corso d'azione imporrà enormi costi sociali ed economici.  Per essere responsabile, devi misurarli complessivamente  l'uno contro l'altro.”


Ecco allora la conclusione già annunciata all’esordio dell’editoriale della  la rivista economica  più diffusa : “Alla fine, anche se molte persone stanno morendo, il costo del distanziamento potrebbe superare i benefici.  Questo è un lato delle scelte e dei compromessi  che nessuno è ancora pronto ad ammettere.” Ma che,  anche senza ammettere,  si suggerisce di praticare.


Come una multinazionale dichiara in esubero quei lavoratori in sovrappiù rispetto ai  suoi conti economici e ai suoi guadagni, così uno stato di mercato alla fine deve rassegnarsi ad abbandonare al male una parte della sua popolazione. Per evitare guai peggiori a tutti gli altri. È il male minore che si fa strage.


La nostra società è come il Titanic, non ci sono scialuppe per tutti, quindi c’è chi dovrà essere abbandonato. E guarda caso saranno i passeggeri di terza classe.


L’Economist con questo suo editoriale è riuscito ad esprimere, con toni disincantati e privi di ipocrisia, il carattere intrinsecamente criminale e regressivo del capitalismo.


Criminale perché una società che scarti la vita delle persone in base al calcolo economico lo è per sua natura. Regressivo perché questo scarto nasce dalla convinzione che non ci possano mai essere respiratori, cure, cibo, vita dignitosa per tutti. La feroce competitività capitalista  nasce dall’indisponibilità  per tutti delle risorse che sono concentrate in un numero ristrette di mani. Da qui il darwinismo sociale, che nella sua forma estrema ha prodotto il nazismo.


Il capitalismo è una giungla dove si calcola quanto costa e chi salvare, un insieme di tecnologia e regressione umana che riemerge ad ogni crisi, pandemica o economica che sia. Oggi più che mai invece la scienza e le tecnologia ci permetterebbero di salvare e far vivere bene tutti, solo che fossero sottratte alla logica del profitto. Ma sono proprio il profitto e  l’accumulazione della ricchezza le sole grandezze economica che il giornale britannico di guarda bene dal mettere  in comparazione e scambio, in trade off, perché quelle devono restare sacre e non discutibili. Dobbiamo in fondo ringraziare questo articolo perché ci ha mostrato con chiarezza  e senza giri di parole a quali orrori arriveremo se non rifiutiamo e superiamo il capitalismo.

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