Il Financial Times non nasconde più la politica di colonizzazione e imperialistica di Israele

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Il Financial Times non nasconde più la politica di colonizzazione e imperialistica di Israele

 

“A oltre 2.000 metri sul Mediterraneo, un soldato israeliano scruta dalla vetta del Monte Hermon la valle sottostante, dove migliaia di commilitoni, almeno nove nuovi avamposti, strade asfaltate e trincee appena scavate punteggiano il paesaggio. Quello che osserva sono solo una parte dei centinaia di chilometri quadrati strappati alla Siria all’inizio di dicembre, dopo che un’offensiva ribelle guidata dagli islamisti ha rovesciato il regime di Bashar al-Assad”. Inizia così un lungo reportage del Financial Times intitolato “‘This is what victory looks like’: Inside Israel’s aggressive new security plan” emerge con forza - da fonte non attaccabile di “antisemitismo” - la nuova colonizzazione e mire imperialistiche del sionismo di estrema destra che controlla oggi il regime di Tel Aviv.

Scene simili, proseguono gli autori, si ripetono lungo i confini di Israele. “È un mondo nuovo”, commenta loro un ufficiale israeliano in cima al monte, sottolineando che un’intera divisione, un tempo di stanza nelle alture del Golan, ha ora “avanzato in Siria”. È la concretizzazione, prosegue il FT, di una nuova dottrina militare iper-aggressiva e l’esplosione di un conflitto regionale. Non più confinato dietro muri e sistemi di allarme, Israele avanza nei territori vicini, crea zone cuscinetto e bombarda obiettivi fino a Beirut e Damasco in dimostrazioni di forza senza precedenti. Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele sta “cambiando il volto del Medio Oriente”. Ma questo processo, devono ammettere gli autori del reportage, “sta anche sfidando confini internazionalmente riconosciuti, violando la sovranità dei paesi vicini e, secondo i critici, alimentando tensioni e rischi di escalation. “

In Siria l’occupazione di chilometri quadri di territorio. In Libano, nonostante il cessate il fuoco mediato dagli USA, Israele colpisce Hezbollah quasi quotidianamente e mantiene cinque avamposti strategici oltre confine. Durante una visita recente, il Financial Times ha osservato una postazione israeliana su una collina libanese, giustificata come necessaria per “proteggere i civili israeliani”. Intanto, villaggi sciiti come Kfar Kila e al-Khiyam giacciono in rovina.  In Cisgiordania, prosegue il FT, circa 40.000 palestinesi sono stati sfollati dopo le offensive israeliane nei campi profughi di Jenin, Tulkarm e Nur Shams. Jenin, in particolare, è stata quasi rasa al suolo, con strade, scuole e moschee distrutte. Le IDF hanno istituito avamposti permanenti in aree nominalmente sotto controllo palestinese, segnando una svolta rispetto alla precedente strategia di incursioni temporanee. 

A Gaza, Israele sta creando una “zona cuscinetto” di 1 km. Dopo 18 mesi di guerra, intere aree sono state ridotte a macerie. “Sembra Marte”, commenta un soldato israeliano al FT.

Le critiche interne, concludono gli autori del reportage, non mancano e questa strategia secondo diverse fonti autorevoli potrà portate al collasso delle fondamente su cui ha poggiato il sionismo per decenni. Il generale in pensione Israel Ziv paragona al FT l’occupazione in Siria alla “zona di sicurezza” in Libano (1982-2000), che alimentò la nascita di Hezbollah e costò la vita a oltre 1.000 soldati. “Possedere territori che non sono nostri si ritorcerà contro”, avverte.    

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