I principali quesiti (ancora irrisolti) sui colloqui di Istanbul
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Qual è al momento la situazione nel ping-pong Mosca-Kiev sulle trattative in Turchia, sullo sfondo di ciò che vorrebbero le cancellerie europee e di ciò che può determinare l'amministrazione americana?
Una serie di paesi europei intende usare l'Ucraina quale ariete per minare il tandem USA-Russia che va appena formandosi, dice il politologo Sergej Stankevic. Mentre Trump cerca di convincere Kiev alle trattative a Istanbul, gli “euroquattro” cercano di prolungare la guerra.
Soltanto chi intende proseguire sulla strada del conflitto, possiamo aggiungere, può negare che l'ultimatum avanzato nello scorso fine settimana dagli “euro-volenterosi” riuniti a Kiev persegua altro obiettivo che non sia quello, cercando di rinviare qualsiasi trattativa e imporre a Mosca un cessate il fuoco di un mese, di rimpolpare di armi e uomini l'esercito ucraino ormai ridotto al lumicino.
Il prorettore dell'Accademia diplomatica russa, Oleg Karpovic, ritiene che la proposta di un immediato inizio di trattative, senza alcuna pre-condizione, avanzata da Vladimir Putin, tolga il terreno da sotto i piedi al regime di Kiev e ai suoi sponsor.
Egor Sergeev, ricercatore anziano all'Istituto Statale di Relazioni Internazionali di Mosca, pensa che con l'ultimatum del cessate il fuoco di 30 giorni, europei e Ucraina stiano creando un pretesto mediatico per scaricare ogni responsabilità su Mosca e dare alla UE l'opportunità di partecipare a una sorta di parvenza di processo negoziale, da cui è con ogni evidenza, e a ragione, tagliata fuori.
La posizione ufficiale di Mosca è che a Istanbul non si comincerà da zero, ma dal punto in cui le trattative furono mandate all'aria nel 2022 per volontà di chi voleva la guerra. E quel punto prevedeva limitazioni al complesso militare-industriale ucraino e alle sue forze armate, precise composizione e entità dell'esercito, possibilità di dotarsi di questa o quell'arma. Penso che a Istanbul-2, dice ancora Stankevic, si tratterà di «un'altra importante condizione: nessun arretramento reciproco dalla linea del fronte, ma obbligo per la parte ucraina di ritirarsi di 30 chilometri. Questa è una richiesta ragionevole, e credo che, alla fine, verrà fissata a Istanbul».
In concreto, dice Stankevic, pare che qualche cervellone di Bruxelles abbia suggerito a Vladimir Zelenskij di recarsi il 15 maggio a Istanbul per far saltare il lavoro dei diplomatici, mettendo in scena qualche improvvisata. Concorda su questo anche l'ex deputato della Rada, Oleg Tsarëv, aggiungendo che Zelenskij non è degno di incontrarsi con Putin, tanto più che il Cremlino (pare) ha già nominato come proprio rappresentante Jurij Ušakov. Qui, dice Tsarëv, non si tratta solo del fatto che il mandato di Zelenskij sia scaduto da oltre un anno, ma anche semplicemente che egli non abbia annullato e che non si sia nemmeno ricordato del decreto da lui stesso emesso, per cui non si devono condurre negoziati con Vladimir Putin».
Come da copione, il diktat lanciato dagli “euroquattro volenterosi” a Mosca prevede che, in caso il Cremlino non accolga le loro imposizioni, si ricorra a nuove e più rigide sanzioni. Ora, nota il belga Euroactiv, quei signori parlano di sanzioni che non ci sono e di cui, al momento, non si intravede l'apparire, con Donald Trump che, al contrario, subito dopo il colloquio con gli europei, si è affrettato a scrivere su Truth Social che l'Ucraina deve «immediatamente» accettare la proposta di Putin per colloqui diretti in Turchia. E questo, a dispetto dei ripetuti tentativi di Emmanuel Macron di convincere il presidente USA che la “corretta consequenzialità” del processo negoziale sarebbe: prima di tutto cessate il fuoco e soltanto dopo procedere a trattative integrali. Se Europa e USA non riescono nemmeno ad «accordarsi su un annuncio univoco, di quale coerenza si può parlare per le sanzioni?» si chiede Euroactiv e conclude: «è ormai lontano e, a quanto pare, del tutto finito, il tempo in cui Commissione europea e Casa Bianca, all'inizio della guerra, pianificavano accuratamente l'attacco economico alla Russia».
D'altronde, osserva il politologo Andrej Manojlo, la proposta russa per colloqui diretti in Turchia, senza alcuna condizione preliminare, era pronta da tempo ed è stata una “sorpresa” solo per i burocrati UE, mentre dimostra la volontà russa di giungere alle trattative. Anche Manojlo, però, come altri osservatori, non esclude «qualche spettacolo» di Zelenskij, spinto da Parigi e Londra, per far saltare l'incontro. Da parte russa, afferma il politologo, non si tratta di qualcosa di improvvisato, ma di una decisione da tempo pianificata, per la quale è stato messo a punto un preciso programma. Difficile pronosticare la reazione ucro-occidentale: allorché si arriva a passi concreti, «molti politici vengono presi dal panico. Zelenskij può inscenare qualcosa, o può crollare come un ragazzino. Al tempo stesso, è chiaro a tutti, Zelenskij compreso, che se i suoi padroni a Washington dicono una cosa, lui eseguirà qualsiasi ordine, e nel modo in cui gli è stato detto».
Più diretto e senza i soliti fronzoli “diplomatico-paciosi” dietro cui si nasconde l'autentico bellicismo UE, l'ex vice comandante delle Forze congiunte NATO in Europa, il britannico Richard Shirreff, il quale dichiara che nessun memorandum, compreso l'accordo sulle risorse naturali concluso con gli USA, garantirà la sicurezza dell'Ucraina, se la Russia decidesse di attaccarla. Secondo me, ha detto Shirreff, le «uniche reali garanzie sono gli aerei NATO nei cieli ucraini e truppe NATO che sostengano l'Ucraina nel caso in cui la Russia rompa il cessate il fuoco. Solo a queste condizioni possiamo parlare di vere garanzie di sicurezza, che agiscano ai sensi dell'articolo 5 della NATO, perché è l'unico che ha davvero un peso... L'unico modo per garantire la sicurezza nei confronti della Russia è avere un bastone più grande del suo». Dunque, dice Shirreff: europei, mandate i vostri caccia in Ucraina, magari dislocati fuori dei suoi confini, per intercettare missili e droni russi e «non temete la contraerea russa in Ucraina occidentale e centrale. Credo che questo sia un rischio accettabile e che sia il tipo di mossa che l'Europa dovrebbe fare per inviare a Putin un segnale di forza e all'Ucraina un segnale di solidarietà... Se Gran Bretagna e Stati Uniti possono abbattere i missili iraniani su Israele, perché non possiamo fare lo stesso sull'Ucraina? Per quanto mi riguarda, è molto più importante farlo proprio sull'Ucraina, perché è anche la nostra guerra, non solo quella dell'Ucraina».
Più chiaro di così! È la «nostra guerra»! Quella cioè che i circoli industrial-guerrafondai europeisti vogliono imporre alle masse popolari, scaricando sulla pelle dei lavoratori il prezzo finanziario, sociale e poliziesco della brama di profitto dei monopoli.
Riassumendo la situazione: il ping-pong Kiev-Mosca sull'accoglimento o meno della formale sfida Putin-Zelenskij in Turchia, nasconde la sostanza del vero interrogativo, se cioè inizieranno i negoziati diretti russo-ucraini, sullo sfondo del pieno ed evidente coordinamento delle mosse di Washington e di Mosca, dopo che si era arrivati a uno stallo per cui Trump aveva letteralmente minacciato di ritirare gli USA dal processo di risoluzione del conflitto.
Dopo di che, l'iniziativa passava a Mosca, con Putin che propone a Kiev colloqui diretti, infrangendo così il gioco ukro-europeista per un cessate il fuoco di trenta giorni, con relativo ultimatum alla Russia. Trump ignora l'iniziale rigetto ucraino della proposta russa e l'accoglie prontamente, obbligando di fatto Zelenskij a volare in Turchia nella data stabilita da Putin e accennando persino alla possibilità di una presenza personale. A questo punto, con un carpiato capovolto, Kiev annuncia che il decreto (emanato da Zelenskij) sul divieto di negoziati con Putin riguarda tutti gli ucraini, tranne lo stesso Zelenskij e potrebbe anche essere annullato: ovviamente, solo se Putin stringerà la mano al capo nazi-golpista in presenza di Erdogan.
I “volenterosi bellicisti” si rimangiano il loro terribile ultimatum, balbettando qualcosa del tipo non era «ancora il momento» e che si deve aspettare di vedere cosa accadrà a Istanbul. Una bella figura davvero, degna dei “valori europeisti”.
Ora, nota PolitNavigator, tutti i musicanti suonano sulle note americano-russe, anche se Kiev è costretta a cercare di convincere gli ucraini che sia stato Putin a fare una piroetta di 180 gradi sui colloqui diretti e, temendo la forza di Zelenskij, non si sia recato a Istanbul. In realtà, la questione non è quella di sapere se Putin andrà o meno a Istanbul: con le attuali premesse, è quasi sicuro che non ci sarebbe comunque mai andato. La questione vera è chi farà parte della delegazione russa e chi la guiderà: Jurij Ušakov, Kirill Dmitriev, o di nuovo Vladimir Medinskij, o qualcun altro? Per dire, se a Istanbul venisse inviato un diplomatico, un funzionario del Ministero degli esteri, vorrà dire che a Mosca l'incontro viene visto come una formalità: disquisizioni sul nulla. Diverso il caso se andranno individui “determinati”, con l'autorità di parlare su argomenti specifici.
Fatto importante è che i negoziati, che sembravano bloccati a un punto morto, alla fine si muovano, con colloqui diretti tra le parti e non di ciascuna di esse, separatamente, con gli Stati Uniti. Tutto questo, ammesso che domani Londra e Parigi non se ne escano con una nuova e curiosa idea creativa, in modo che, come ha detto in modo così eloquente il “cortese” Boris Johnson, «semplicemente si vada avanti a combattere».
FONTI:
https://politnavigator.news/ukraine-v-stambule-vydvinut-novye-trebovaniya.html
https://politnavigator.news/prosrochennomu-zelenskomu-predlozhili-vyjjti-s-putinym-na-ring.htmlhttps://politnavigator.news/sankcii-kotorykh-net-kak-es-zhidko-obgadilsya-s-ultimatumom-rossii.htmlhttps://politnavigator.news/predlozhenie-o-vstreche-v-stambule-gotovilos-davno-i-okazalos-neozhidannym-lish-dlya-zapada.html
https://politnavigator.news/moskva-vybivaet-pochvu-iz-pod-nog-zelenskogo.html