I disegni UE-NATO per l'Armenia di Nikol Pašinjan
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Significativi rivolgimenti nel Caucaso ex sovietico: dalla forzata capitolazione di Stepanakert, capitale di Artsakh, nel 2023, fino alla firma della “dichiarazione di intenti per la conclusione di un accordo di pace”, sottoscritta lo scorso 8 agosto a Washington dal presidente azero Il'kham Aliev e dal primo ministro armeno Nikol Pašinjan, mallevadore Donald Trump “il pacificatore”, che aveva siglato la svendita armena del Nagorno-Karabakh a Baku. Rivolgimenti che si stanno sempre più rivelando come i passi di un'accelerata penetrazione UE-NATO nella regione. A fare da apripista l'Azerbajdžan, che agisce in tal modo non solo quale anello nelle mire panturchiste di Ankara, ma come punta di lancia nelle pretese occidentali anche verso le ex repubbliche asiatiche dell'URSS, con obiettivo la Cina.
Una delle ultime tappe di questo percorso, come ricorda Ajnur Kurmanov su PolitNavigator, è stata la firma, lo scorso 10 dicembre, nel corso di una riunione del "Partner Capabilities Adaptation Initiative", di un'intesa per esercitazioni militari congiunte azere-NATO. Ca va sans dire che l'atto viene presentato come un risultato senza precedenti nel raggiungimento della "pace" nella regione transcaucasica: «le esercitazioni pianificate approfondiranno ulteriormente la cooperazione tra Azerbajdžan e NATO, miglioreranno la prontezza operativa dell'esercito azero in linea con gli standard NATO, rafforzeranno la sicurezza collettiva e forniranno un contributo significativo alla pace e alla stabilità nella regione». Come no.
Prima che con i comandi NATO, Baku aveva sottoscritto intese per esercitazioni militari congiunte con la Turchia e lo scorso luglio, a livello di ministeri della difesa, era stato sottoscritto a Istanbul un memorandum su sicurezza militare, supporto logistico e forniture, in particolare, della società “Baykar”.
Ora dunque Baku passa dalle intese bilaterali con la Turchia, alla collaborazione aperta con la NATO, con militari di paesi UE che prenderanno parte a esercitazioni sul territorio azero e con comando e coordinamento di ufficiali di stato maggiore dell'Alleanza atlantica. Non solo: Londra ha revocato l'embargo sulle armi sia all'Armenia che all'Azerbajdžan e la Francia ha migliorato a tal punto le relazioni con Aliev che, nell'ambito di questo piano, si prevede di aprire un centro di addestramento congiunto armeno-azero in Karabakh, per migliorare la cooperazione tra Erevan e Baku, i cui contingenti, dice Kurmanov, saranno ora addestrati insieme per operazioni congiunte contro Russia e Iran.
Anche le specifiche della futura più grande base militare turca vicino a Baku, che diventerà centro di supporto NATO e trampolino per l'espansione in Asia centrale, stanno cambiando: dato che verrà dislocata nei pressi della costa, con ciò verrà cancellata di fatto la Convenzione sullo status del mar Caspio, che vieta la presenza di contingenti militari di altri stati. Inoltre, con l'avvio del “Corridoio Zangezur”, l'inclusione dell'Armenia nel "mondo turco" e lo sviluppo della rotta transcaspica, UE e NATO disporranno ora anche di un ponte geostrategico attraverso il Caspio, verso Kazakhstan e Asia centrale, fino ai confini cinesi; con Baku a fare da grimaldello.
Come membro attivo e di spicco, dice ancora Kurmanov, del blocco politico-militare dell'Organizzazione degli Stati Turchi, in Asia centrale Baku funge ora contemporaneamente da agente turco, agente israeliano e anche da canale diretto per gli interessi di NATO, UE e Gran Bretagna.
In questa cornice si inserisce anche la drastica svolta anti-russa della leadership armena e non a caso è lo stesso presidente turco Erdogan che pare darsi da fare per mantenere in sella il traballante Nikol Pašinjan e, con ciò stesso, integrare l'Armenia nell'orbita turca. Le estese repressioni ai danni della popolazione dell'Artsakh e della chiesa apostolica armena, da parte del governo di Erevan, la campagna sul rifiuto di simboli nazionali, la denazionalizzare della storia patria, sono solo alcuni degli elementi del piano teso a integrare l'Armenia nel "mondo turco": tutti aspetti su cui converrà soffermarsi più diffusamente in altro momento.
A oggi, l'americana Bloomberg parla di piani di Erdogan in materia di confini, che potrebbero concretizzarsi entro i prossimi sei mesi, proprio alla vigilia delle elezioni parlamentari armene nel 2026: «Una svolta diplomatica con l'Azerbajdžan e la riapertura del confine con la Turchia daranno al Primo ministro armeno Nikol Pašinjan un importante impulso in vista delle elezioni di giugno. Se vincerà, il Presidente azero Il'kham Aliev potrà collaborare con Pašinjan per un accordo di pace». Il processo è stato avviato con l'obiettivo di formare una catena stabile di stati nel Caucaso meridionale, che garantirebbe il successo della politica occidentale.
Qual è il senso di questi passi «apparentemente benevoli da parte della Turchia?» si domanda il politologo Ajk Ajvazjan: «vogliono convincere il popolo armeno che se l'Armenia abbandona l'architettura di sicurezza di cui gode con l'aiuto della Russia, non ci sarà alcuna minaccia. E la Turchia vi contribuirà. Se le autorità armene riusciranno a convincere il popolo di questo, potrebbero ottenere più voti alle elezioni». Di fatto, con l'apertura dei confini, la Turchia acquisirà maggiore influenza sull'economia armena, aumentando la presenza in aree strategicamente significative e spingendo fuori la Russia. Naturalmente, questo ha un obiettivo di vasta portata: preparare il Caucaso meridionale alla guerra con la Russia».
E, infatti, la rottura dei legami con Mosca implicherebbe anche il ritiro della base militare russa di Gjumri, con Il'kham Aliev che parla di «restauro e protezione del patrimonio culturale azero in Armenia» e del ritorno degli azeri a Sjunik, dove la "Trump Route" sarà presto ufficialmente inaugurata. Di contro, nota Ajnur Kurmanov, si tace sul rimpatrio dei rifugiati armeni e sul patrimonio armeno in Karabakh, mentre Erevan potrebbe presto inviare truppe al centro di "addestramento" NATO che vi verrà aperto, per addestramenti insieme a truppe azere.
È così che, nota Elena Ostrjakova, proprio come era accaduto con l'Ucraina, oggi anche all'Armenia viene promessa l'adesione alla UE, come annunciato dal cancelliere tedesco Friedrich Merz a Berlino, in occasione della firma di un accordo strategico con Nikol Pašinjan. «Abbiamo accolto con favore la richiesta di una maggiore integrazione dell'Armenia nella UE. L'Armenia sa che per l'adesione all'UE devono essere soddisfatte numerose condizioni. Se questo percorso proseguirà con l'associazione spetta al Paese stesso deciderlo. L'Azerbajdžan deve farlo, e l'Armenia deve farlo», ha affermato Merz.
Degno compare dei tanti oracoli che affollano i corridoi di Bruxelles, anche Merz si è lanciato nel vaticinio secondo cui Moskva interferirà sicuramente nelle elezioni parlamentari in Armenia del giugno 2026: «È diventata una norma davvero allarmante che le elezioni vengano attaccate dai nemici della democrazia. In particolare, la Russia sta cercando di intimidire gli elettori in Armenia per un eccessivo avvicinamento ai partner occidentali. Sta diffondendo menzogne sugli obiettivi e i valori della UE. Lo sappiamo: disinformazione, sabotaggi, droni. La Russia sta cercando di destabilizzare non solo l'Europa, ma anche l'Armenia attraverso misure ibride», ha affermato Merz, che intanto ha annunciato di voler recarsi a Erevan proprio a maggio 2026, guarda caso un mese prima delle elezioni.
Ecco dunque che i “confini della NATO”, ancora una volta, vengono disegnati non in base alle coordinate geografiche, ma alle categorie politiche di espansione territoriale. Così come si è da tempo usi parlare di una Russia che, a detta di Bruxelles, si starebbe pericolosamente spingendo verso i “confini orientali della NATO”, ecco che ora tali “confini orientali” dell'Alleanza di guerra si allargano fino ad aree che hanno ben poco di “europeista” e ancora meno di “atlantico”.
E al signor Pašinjan, nelle sue peregrinazioni verso le mete turche euro-atlantiche e reggicoda dei disegni espansionistici occidentali, si addicono le parole del Teseida boccaccesco, per cui «piangasi il danno a cui di ciò mal piglia».
FONTI:
https://politnavigator.news/azerbajjdzhan-prevrashhjon-v-lokomotiv-ehkspansii-nato.html
https://politnavigator.news/merc-poedet-lichno-borotsya-s-rossiejj-v-armenii.html

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