Haftar a Roma con un ostaggio per l'occidente

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Haftar a Roma con un ostaggio per l'occidente

 

Che il generale Khalifa Haftar, ricoprente la carica militare di comandante dell'Esercito Nazionale Libico istituito con voto del legittimo parlamento libico nel marzo 2015, sia in visita a Roma in questi giorni non è frutto dell'iniziativa italiana.
Se mi sbagliassi nell'affermare ciò, significherebbe che il governo italiano ha rivisto le posizioni che mi erano state sostenute da alcuni persone della maggioranza lo scorso dicembre e, dimostrando finalmente un cuor di leone, ha deciso di farsi beffe della Risoluzione 2362 delle Nazioni Unite e di andarsi a prendere il petrolio dove c'è, cioè presso le legittime autorità libiche.
(In quel caso però avrebbero dovuto convocare il premier legittimo Fathi Bashagha e stipulare accordi chiari e trasparenti con un governo e non con un comandante di un esercito.)
Se mi sbagliassi significherebbe che l'Italia ha improvvisamente deciso di emanciparsi dall'agenda anglo-turco-americana in Libia. Ma sarebbe mossa troppo spericolata dopo gli accordi da 8 miliardi firmati solo lo scorso gennaio a Tripoli e considerati carta straccia dalle legittime autorità libiche di cui Haftar fa parte.
E dunque penso che questa visita non sia frutto dell'iniziativa italiana, ma dell'iniziativa di Haftar alla quale il governo italiano stia dando un credito interlocutorio.
E perché Haftar dovrebbe voler incontrare il governo italiano?
In Libia le elezioni sono bloccate. Gli anglo-americani pretendono l'esclusione con le buone o con le cattive di Saif Gheddafi. Tutti gli altri, a cominciare dal popolo libico, pretendono che Saif possa candidarsi come tutti gli altri cittadini.
Se non sarà il voto a prevalere, saranno le armi.
E Haftar, da comandante dell'Esercito Nazionale Libico, si sta muovendo.
Il petrolio estratto negli ultimi mesi in Libia che le legittime autorità hanno smesso di mandare a Tripoli (dove i proventi non venivano spartiti) e che l'Italia non si è voluta andare a prendere a Bengasi, adesso è messo a disposizione del generale sudanese "Hemedti" che con le sue Forze del RSF sta lanciando un attacco in Sudan per la presa del potere.
In poche parole, Bengasi sta mettendo a disposizione il carburante, la Wagner la logistica e Hemedti la faccia (e i suoi soldati il sangue).
E non si può dire che se cade Khartoum, il prossimo obiettivo non possa essere Tripoli.
Nel frattempo ci saranno le elezioni in Turchia, tra 10 giorni. Molte cose potrebbero cambiare anche per i Turchi a Tripoli.
E quindi, perché Haftar dovrebbe sentire il bisogno di andare a raccontare queste cose a Tajani e alla Meloni di persona?
Perché ha un ostaggio da offrire.
Già che le elezioni in Libia non si possono tenere, si offre come garante dello stallo democratico promettendo di neutralizzare Saif Gheddafi.
E' venuto a dire all'occidente in poche parole che se prima avevano 2 problemi in Libia, adesso ne avranno uno solo. Ma bello grosso.
Che l'Italia può negoziare solo una resa dignitosa, ma se la dovrà meritare.
E scommetto che anche per il popolo libico qualche delusione ci sia. Quando il voto è negato, la parola passa alle armi.

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Il suo film “L'Urlo" è stato oggetto di una censura senza precedenti in Italia.

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