Gli USA e la loro ideologia guida: la teoria del destino manifesto
Gli Stati Uniti sono una superpotenza oramai dal 1918 e con il crollo dell’URSS sono rimasti l’unica vera Nazione egemone nel globo. Nonostante il declino sia evidente, vista anche l’ascesa di Paesi fino ad adesso di secondo piano, la loro forza militare rimane ben presente e ben visibile in tutto il mondo ma ancora più chiaro è il loro dominio culturale. Alla base della loro rapidissima espansione che permea tutti i settori della società che, si ricordi, è stata preceduta da un periodo di isolazionismo rigido c’è anche un sentimento religioso molto particolare le cui fondamenta teoriche vengono racchiuse nell’ideologia del destino manifesto. Un connubio molto particolare di secolarizzazione e deismo di stampo illuminista. Da un lato c’è il culto laico della Costituzione e dall’altro la convinzione, che deriva dalla forte religiosità tipica dei primi coloni del Nuovo Continente, di essere stati scelti da Dio. Una divinità che tuttavia non è quella classica del mondo protestante, cattolico o ebraico ma è più vicina alla concezione deistica tipica dei philosophes des lumieres.
Storia
L’espressione “destino manifesto”, e già questa è una particolarità, è stata coniata in una data precisa: il 1845. Anche colui che la inventò ha un nome e un cognome preciso, altro fatto abbastanza eccezionale, egli fu John O’Sullivan. Un editore di due giornali tra cui il Democratic Review che fu il luogo di nascita di tale locuzione. Ma che cos’è in sostanza questa ideologia? Secondo il “manifest destiny” Dio ha scelto gli Stati Uniti e, in quanto popolo selezionato, gli statunitensi hanno il diritto e il dovere di espandere il proprio territorio e diffondere il proprio stile di vita. Non importa in che modo. Quando O’Sullivan scrisse questa fortunata espressione sul suo giornale aveva ben chiaro in mente il perché lo faceva. Si doveva infatti giustificare la politica espansionistica del presidente James Polk, il quale stava portando avanti l’espansione delle ex tredici colonie all’interno del continente nordamericano. Era un periodo in cui i sanguinosi massacri dei nativi americani erano all’ordine del giorno e ciò avrebbe potuto far destare qualche coscienza. I vantaggi che l’élites degli USA hanno avuto compattando la relativamente giovane Nazione dietro alla convinzione che “noi statunitensi che conquistiamo queste terre e noi statunitensi che combattiamo contro le tribù autoctone siamo nel giusto” in quanto prescelti da un’entità superiore furono chiari. Ancora oggi il massacro dei nativi è sottovalutato dalla società statunitense che, di fatto, non ha fatto ancora i conti questo passato sanguinoso. Quindi il destino manifesto serviva da giustificazione per questo ampliamento territoriale con annesse stragi. Questa convinzione, derivata da tale teoria, venne accresciuta dalle acquisizioni della Louisiana dalla Francia e la conquista del Texas dal Messico. Sembrava chiaro che un tale aumento di territori, ricchezze e popolazioni fosse voluto da qualcuno che stava più in alto.
Dopo la guerra civile tra Sud e Nord l’ideologia del destino manifesto viene messa in naftalina e recuperata a fine ‘800 durante le guerre contro la Spagna. Nuove terre, nuova ricchezza e maggior convinzione. Ma questi sono gli anni dell’isolazionismo e della dottrina Monroe. Quest’ultima una chiara emanazione del destino manifesto. Gli USA si rafforzano in casa propria prima di puntare a diventare una potenza globale. Ciò accade nel 1917 quando Woodrow Wilson decide di rompere l’autoisolamento e di intervenire in Europa. Lo fa con una scelta di campo ideologica, a favore di quella Nazioni considerate progressiste. Una volta vinta la guerra, il presidente statunitense decide di ridisegnare il Vecchio Continente sulla base dei principi statunitensi, i famosi quattordici punti. Il “destino manifesto” si compie anche così. Dopo aver resistito all’ondata comunista successiva alla rivoluzione d’Ottobre, molte Nazioni si modellano sull’esempio degli USA e diventano democrazie parlamentari. Ma ebbero vita breve, quasi tutte vennero travolte dall’ondata autoritaria di stampo fascista che avrebbe caratterizzato gli anni venti. Nella Seconda Guerra Mondiale l’influenza del destino manifesto è meno chiara mentre lo è di più durante la Guerra Fredda quando lo scontro delle ideologie raggiunge il suo culmine.
Ai giorni nostri
Dopo il crollo dell’URSS gli USA si ritrovarono padroni assoluti del mondo. L’ideologia del destino manifesto, pur non essendo più chiaramente visibile, era comunque ben presente. L’espansione statunitense nel globo coincideva sempre con la diffusione dello stile di vita americano che adesso era retto soprattutto da due colonne: il capitalismo e la democrazia. Si veda il noto tormentone, diventato ironico e oggetto di meme e ironie varie, degli USA che “esportano la democrazia” con l’esercito e solo dove c’è il petrolio. Al di là delle ironie, effettivamente assai simpatiche, la questione è molto seria. Si veda il caso più clamoroso degli ultimi anni: l’Iraq. Bush e la sua amministrazione arrivarono a inventarsi le armi di distruzione di massa pur di invadere e depredare la Nazione di Saddam Hussein. Ma per sostenere e giustificare un’invasione che non incontrava particolare favore nell’opinione pubblica si ricorse alla versione aggiornata del destino manifesto. L’Iraq aveva bisogno dell’intervento degli USA per risollevarsi e abbracciare lo stile di vita americano, la democrazia e il capitalismo e abbandonare l’oppressione della dittatura. La concezione che gli Stati Uniti abbiano il diritto e il dovere di intervenire in Nazioni indipendenti per imporre il proprio stile di vita su tutti i livelli, quello economico, quello sociale e anche quello culturale è un retaggio del destino manifesto di metà ottocento. Da Reagan in poi quasi tutti i presidenti degli USA hanno usato un linguaggio molto religioso, permeato di una mentalità che appartiene alla galassia ideologica del destino manifesto. Una locuzione sparita dal linguaggio politico degli Stati Uniti contemporanei perché considerata vetusta e retaggio di un passato sanguinoso dimenticare. Quando questa espressione viene usata, come ha fatto Donald Trump parlando del “destino manifesto” degli USA nello spazio, desta scalpore e viene condannata. Facendo ciò si fa finta di non vedere la realtà dei fatti: il destino manifesto ha influenzato, influenza e influenzerà la politica estera americana dal momento che il messianismo insito nella teoria del destino manifesto continua a essere ben presente e ben visibile nella società statunitense come viene testimoniato dal caso iracheno.
Conclusioni
L’idea di base dell’espansione statunitense, oltre alla ragione principale che è quella di espandere il proprio dominio commerciale con conseguente accrescimento dei guadagni della propria alta borghesia, è appunto l’ideologia del destino manifesto. La convinzione di essere il “popolo eletto” non è esclusiva degli statunitensi. Il popolo eletto da Dio più conosciuto è quello, ovviamente, ebraico. Ma anche il popolo serbo si considera, in una maniera un po’ diversa, scelto da Dio. La differenza tra questi due popoli e quello americano è che solo quest’ultimo si sente autorizzato a intervenire in tutto il mondo per diffondere il proprio metodo di governo e di gestione dell’economia quindi la democrazia liberale e il capitalismo. Il destino manifesto si basa quindi su tre principi chiave: la sicurezza, il governo virtuoso e la missione nazionale. Cioè la sicurezza interna, un governo che aiuta e protegge i propri cittadini seguendo la sacra Costituzione e la missione che vede gli USA portare nel mondo i propri ideali passando da una dimensione continentale, com’era la conquista delle terre dei pellerossa, a una globale, come sta accadendo ora. Si parla spesso del fatto che la contemporaneità sia un’epoca post ideologica ma in realtà l’ideologia, come lo è il destino manifesto, è ancora ben presenta, occorre ricercarla.