Giuliano Marrucci (Ottolina TV): “Crollo dell’imperialismo e lotta di classe siano la bussola"
di Giulia Bertotto per l'AntiDiplomatico
Giuliano Marrucci, videogiornalista, da oltre 10 anni è tra gli autori del programma di Rai Tre “Report”, fondatore di Ottolina Tv, canale dedicato all’analisi sociale, politica, filosofica del complesso mondo in cui ci è dato di abitare. Toscano, sposato, noto per la sua brillante autoironia, di se stesso dice “faccio i filmini su Report per campare, e su Ottolina TV per la gloria e il socialismo”.
Ottolina TV è “la non TV che dà voce al 99%”, si impegna ad essere un canale di informazione indipendente, che cerchi di bilanciare la mostruosa sproporzione dei rapporti di forza mediatici. L’Antidiplomatico lo ha intervistato per parlare innanzitutto della situazione in Palestina, ma anche di povertà in Italia e di armi di distrazione di massa.
L’INTERVISTA A GIULIANO MARRUCCI
Cominciamo con le domande “facili”. Che cos’è il socialismo oggi?
Socialismo oggi significa restituire allo Stato e a forme di rappresentanza democratica, non solo in senso elettoralistico, ma intese come organismi di rappresentanza dei lavoratori, il loro potere. Un potere concreto e non di facciata, ovvero che possano influire politicamente indicando la direzione degli interessi collettivi e imporre all’economia degli obiettivi politici che il mercato da solo non perseguirebbe, poiché il mercato da solo persegue solo lo scopo del profitto. E il mercato del tardocapitalismo, che non esiste ed è solo la facciata degli interessi di una ristretta oligarchia, persegue appunto esclusivamente gli interessi egoistici di questa classe sociale parassitaria. Socialismo è quindi imporre obiettivi politici a favore dei produttori, contro la dittatura degli interessi delle oligarchie parassitarie.
Nel suo ultimo “Pippone” ha definito gli attacchi di Netanyahu la “guerra di Israele contro i bambini palestinesi”; una definizione forte, impressionante e lucida del genocidio che sta compiendo lo stato sionista. Dopo L’accordo trappola con sostegno di Washington proposto dai colonizzatori ad Hamas, che cosa possiamo aspettarci? Secondo lei quali saranno i prossimi sviluppi in Medio Oriente?
Occorre innanzitutto distinguere due piani. Dal punto di vista umanitario ed etico siamo alla catastrofe, io che parlo davvero tanto resto davvero atterrito e senza parole davanti a quello che Israele sta commettendo; si tratta del primo genocidio in diretta streaming. Lo sterminio non è commentabile per la sua disumanità. Ma dal punto di vista dell’analisi delle forze in campo la ferocia che sta mostrando Israele sembra solo sintomo di debolezza e di assenza di obiettivi realistici. L’ago della bilancia rimangono i paesi arabi, in mezzo al guado tra il timore dell’Iran e l’opinione pubblica ovviamente contraria alla complicità con lo sterminio. Israele è un baluardo NATO fondamentale per gli Usa che non possono ammettere una vittoria iraniana, come d’altronde di nessun altro paese sovrano con un’agenda “multipolare”, ma al contempo Washington capisce benissimo che il comportamento di Israele in questo momento rema contro i suoi stessi obiettivi strategici. Comunque vada, l’immagine del regime di Tel Aviv è irrimediabilmente compromessa, e visto il ruolo centrale che ricopre per l’imperialismo a guida USA, questo comunque per Washington è uno sviluppo estremamente negativo.
Qual è il ruolo della Casa Bianca nella zona mediorientale?
Prima dell’operazione Diluvio di Al-Aqsa sembrava in dirittura di arrivo la firma da parte dell’Arabia Saudita degli Accordi di Abramo, e quindi sembrava più vicino l’obiettivo di lungo termine dell’imperialismo a guida statunitense, cioè potersi disimpegnare dal fronte mediorientale per concentrarsi sul fronte del Pacifico, che per Washington rimane quello strategicamente più importante. Gli Usa si stanno giocando la scommessa della loro egemonia unipolare. L’America è in difficoltà su tutti e tre gli scenari ma va tenuto in conto che dal punto di vista strategico il Medio Oriente è oggi un’area meno determinante, poiché gli Usa sono dal punto di vista energetico sostanzialmente autosufficienti, e la Cina è, anche se lentamente, sempre meno dipendente dalle fonti fossili del medio oriente. Per Washington comunque resta fondamentale il controllo del Mar Rosso e delle sue rotte commerciali, il cui controllo è una delle componenti essenziali della deterrenza USA nei confronti di Pechino.
Veniamo al nostro paese. Di recente ha spiegato anche perché “non siete mai stati così morti di fame come oggi”, un impoverimento progressivo che ci vede lavorare sempre di più e tuttavia guadagnare sempre meno. Ecco il progresso: “Automazione, rivoluzione digitale, supply chain, just in time – e per comprarti una bottiglietta d’acqua o un tozzo di pane devi lavorare più di prima; per la propaganda analfoliberale è tutta colpa nostra, che siamo choosy, non conosciamo più il valore del sacrificio e siamo stati abituati a vivere al di sopra delle nostre possibilità”.
Siamo di fronte a un processo di impoverimento strutturale, lento ma costante e irreversibile. L’occidente collettivo ha cercato di rimandare la resa dei conti con i limiti strutturali del capitalismo con una controrivoluzione neoliberista portata avanti a suon di delocalizzazione e di finanziarizzazione. Questo ha permesso alle oligarchie di continuare a guadagnare una montagna di quattrini, imponendo uno spostamento colossale di risorse dal basso verso l’alto, e dalle periferie al centro imperialistico. Ma il blocco imperialista nel suo insieme non cresce più da 30 anni. E ovviamente a pagarne le conseguenze sono le classi sociali subalterne, e le periferie. E quando questi due caratterizzazioni si sovrappongono, come nel caso del proletariato del nostro Mezzogiorno, gli esiti sono letteralmente spaventosi. Anche perché il mezzogiorno d’Italia non è semplicemente una periferia, ma è la periferia di un paese che sta alla periferia del blocco continentale, che a sua volta è una periferia dell’imperialismo globale. Si possono introdurre palliativi che ostacolino e rallentino questo spaventoso drenaggio di risorse, ma fino a che non si colpisce al centro la ferocia con cui si è dipanata la logica centro/periferia e alto/basso che è intrinseca al capitalismo, di invertire questo processo non c’è modo.
E si parla anche di allargare il divario con l’autonomia regionale differenziata… Un video sul vostro canale si intitola “Farina di grillo e carne sintetica e altre armi di distrazione di massa”. Capisco che siano temi sensazionalistici, polarizzati per colpire alla pancia, ma forse è riduttivo definirle “armi di distrazione di massa”. Un cibo che degrada la cultura e la tradizione di un popolo è sintomo di una proletarizzazione. Mentre una sostanza che può impattare di meno sugli ecosistemi e liberare molti animali dall’allevamento intensivo è molto promettente.
Quando parlo di arma di distrazione di massa intendo dire che l’argomento, per quanto rilevante, riscuote un’attenzione ben superiore rispetto alla sua posizione nella gerarchia dei problemi che stiamo attraversando. In qualche modo sono benaltrista, e me ne vanto. Se in un comunicato gli studenti che protestano contro lo sterminio decidono di usare la Schwa e il dibattito dal genocidio si sposta sull’uso o meno della Schwa, come è accaduto di recente sotto un nostro post, per me quello è l’emblema dell’arma di distrazione di massa. Una trappola che riguarda entrambe le tifoserie, e che priva ogni dibattito delle sue basi materiali concrete, e trasforma tutto in guerra culturale. La Guerra Culturale è lo strumento ideologico di dominio preferito dal neoliberismo: ci spinge continuamente a dividerci sulle puttanate, mentre il mondo ci crolla attorno.
Si potrebbe obiettare che temi apparentemente più urgenti di altri sono in realtà collegati a quelli che sembrano meno impellenti...
A mio parere i temi che restano fondamentali e che devono fare da bussola sono il crollo dell’imperialismo e la lotta di classe. Qui rientra anche l’appoggio o il diniego verso Israele. Sono gli unici grandi temi che ritengo dirimenti e che possono dividermi da qualcun altro.