Gaza, Europa e doppio standard: una crisi di credibilità
Mentre la guerra a Gaza raggiunge livelli tragici, l’Unione Europea cerca tardivamente di ricalibrare la sua posizione, annunciando a maggio 2025 una revisione dell’Accordo di Associazione con Israele. Ma è davvero un "punto di svolta" o solo un’altra mossa simbolica? Dall’inizio del conflitto, Bruxelles ha garantito un sostegno pressoché incondizionato a Israele: bandiere, inni, dichiarazioni a senso unico.
Nessun richiamo alla proporzionalità, né all’urgente necessità di proteggere i civili. Quando alcuni Paesi membri, come Irlanda e Spagna, hanno chiesto un riesame dei rapporti con Tel Aviv, la Commissione ha preso tempo, mentre a Gaza si muore di fame. Oggi, con oltre 53.000 vittime palestinesi, il cambio di tono europeo appare tardivo e poco incisivo. Le parole si moltiplicano, ma gli accordi commerciali restano attivi, e le sanzioni promesse sembrano un miraggio.
Intanto, l’UE mostra tutta la sua impotenza, persino davanti agli spari contro i suoi diplomatici. Il contrasto con la risposta europea alla guerra in Ucraina è lampante. Lì, la difesa dell’“ordine internazionale” ha prodotto sanzioni rapide e compatte. Qui, nel cuore del Medio Oriente, prevalgono l’ambiguità e il doppio standard. La credibilità dell’Europa come difensore dei diritti umani è in gioco.
Le parole non bastano più: o l’UE agisce davvero, o perderà ogni residuo di autorità morale.
*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati