Cresce il ruolo dei BRICS nello scacchiere mondiale, si aggiungono nuovi Stati

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Cresce il ruolo dei BRICS nello scacchiere mondiale, si aggiungono nuovi Stati

 

di Michele Blanco

Dall’anno 2006, il gruppo dei Paesi Brics raccoglie Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, in riunioni annuali in cui trovano spazio le istanze delle economie, le politiche e varie questioni riguardanti le istanze di questi Paesi. Da gennaio 2024, riscontriamo il primo allargamento in 13 anni, che ha incluso anche a Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto e Arabia Saudita.

Con il 1° gennaio 2025 le seguenti nazioni: Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda e Uzbekistan sono diventati partner del blocco BRICS, divenuto oggi il raggruppamento di quelle che una volta venivano definite economie emergenti, ora molte di queste economie sono tra le prime al mondo, che sfidano con forza e capacità l’egemonia dei paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti d’America. A questi, comunicava l’annuncio della passata presidenza russa (dal 1° gennaio 2025 la presidenza di turno è del Brasile del presidente Lula Da Silva), sul loro aggiornamento di status, potrebbero aggiungersene altri quattro, a cui il gruppo ha mandato un invito di partenariato.

Con l’inclusione dei nuovi membri con l’inedita posizione di partner, come scritto in una nota diffusa dal ministero dello Sviluppo Economico russo, i BRICS rappresenteranno il 36% del PIL mondiale, il 37% del commercio globale e il 40% della produzione petrolifera globale. Il gruppo rappresenta il 47% della popolazione mondiale e i Paesi che vi fanno parte coprono una superficie complessiva di circa 40 milioni di chilometri quadrati.

L’annuncio che Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Thailandia, Uganda e Uzbekistan sarebbero entrati a far parte dei partner del blocco BRICS è arrivato venerdì 27 dicembre, ma era stato preannunciato qualche giorno prima dall’allora presidenza di turno russa. Il Cremlino, inoltre, ha comunicato che altri quattro Paesi hanno ricevuto l’invito formale a diventare partner della coalizione, senza tuttavia specificare quali siano. Con l’avvio del nuovo anno, dunque, i BRICS si arricchiscono di nove nuovi alleati, che vanno ad aggiungersi agli altrettanti già presenti. Lo statuto di partner è stato introdotto nell’ultimo vertice del gruppo, tenutosi a Kazan, in Russia, e prevede la collaborazione su progetti specifici, accordi economici o cooperazione su temi di interesse comune, e la possibilità di essere invitati ai summit, senza tuttavia potere decisionale e di voto.

L’Indonesia è da “considerare con la sua adesione come un passo strategico per aumentare la collaborazione e la cooperazione con altri paesi in via di sviluppo, sulla base dei principi di uguaglianza, rispetto reciproco e sviluppo sostenibile”, si legge in una nota diffusa dal ministero degli Esteri brasiliano.

Giacarta ha “accolto con favore” l’ingresso formale tra i paesi Brics, definito dal governo indonesiano come una dimostrazione del «ruolo sempre più attivo nelle questioni globali e il suo impegno nel rafforzare la cooperazione multilaterale per creare un mondo più inclusivo e più equo». Al di là delle dichiarazioni ufficiali, l’adesione dell’Indonesia è una novità particolarmente rilevante. L’immenso arcipelago del quarto paese più popoloso al mondo, è uno snodo cruciale su diversi fronti. Innanzitutto, si tratta della principale economia del Sud-Est asiatico, regione dove tra venti di guerre commerciali e minacce dei nuovi dazi di Donald Trump, da tempo diversi colossi internazionali hanno messo radici. L’Indonesia sta attraendo diversi investimenti. Lo stesso Elon Musk sta lavorando alla costruzione di un impianto di batterie per veicoli elettrici Tesla, mentre il governo indonesiano sta trattando con Apple un piano di ampio respiro. Non è un caso, visto che il paese è ricco di risorse assolutamente necessarie e cruciali per l’industria tecnologica verde. Come il nichel, su cui le imprese cinesi hanno conquistato una posizione di privilegio.

L’attuale presidenza di turno, brasiliana ha celebrato gli sforzi russi nell’ampliamento del gruppo: «La sfida principale della presidenza brasiliana», scrive una nota del Paese condivisa anche dall’agenzia di stampa governativa russa TASS, «sarà quella di iniziare a lavorare sulla nuova piattaforma e invitare i Paesi interessati agli eventi BRICS». «Pertanto, il lavoro sulla creazione di sistemi di pagamento alternativi e di sistemi di regolamento alternativi continuerà durante tutta la presidenza brasiliana.

La presidenza brasiliana spingerà inoltre per un ruolo maggiore del Sud del mondo nella governance globale». Questi due punti sembrerebbero richiamare proprio il vertice di Kazan, tenutosi dal 22 al 24 ottobre 2024 in cui i Paesi membri hanno rilasciato una dichiarazione in cui annunciano la loro intenzione di avviare una «infrastruttura finanziaria alternativa» al dollaro Statunitense e di voler riformare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, nell’ottica di una maggiore rappresentatività dei Paesi mondiali.

Riassumendo il ruolo del gruppo BRICS sta diventando fondamentale per il futuro geopolitico del nostro pianeta. Con l’estensione del titolo di partner agli ultimi nove Paesi, l’alleanza si estende a ex territori di pertinenza sovietica, si allarga in Africa e Sudamerica e coinvolge i suoi primi territori del Sud-Est asiatico e dell’America Centrale. Cuba aveva chiesto di entrare a far parte dei BRICS lo scorso ottobre, poco prima del vertice di Kazan. Per l’isola caraibica questa è un’opportunità per uscire dalla crisi economica dovuta, tra le altre cose, alle dure sanzioni statunitensi che cingono il Paese da anni.

Tra diffusi blackout, crisi energetica e monetaria, il 2024 è stato un anno difficile per Cuba. In questo quadro, l’assunzione dello stato di partner dei BRICS rileva il tentativo di svincolarsi dai mercati a cambio fisso col dollaro, avvicinandosi piuttosto a Paesi lontani dagli USA e ad alleanze commerciali che adottano sistemi di scambio diversi, nonché quello di aprire a nuovi investimenti russi e cinesi (che hanno avuto un peso rilevante nello sforzo di gestire la crisi energetica dell’anno appena chiuso), e di accedere a un vasto mercato dell’energia.

 

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