Covid e dati falsificati: ma la legge non è uguale per tutti?
Tutti ad applaudire gli arresti di dirigenti dell’Osservatorio epidemiologico della Regione Sicilia accusati di aver falsificato i dati sui contagiati. A leggere le intercettazioni degli accusati, si direbbe che lo abbiano fatto solo per scongiurare la proclamazione di una ennesima Zona Rossa (e, quindi, la miseria per altre migliaia di esercenti e lavoratori) ma un reato è pur sempre un reato.
Ci sarebbe, comunque, da chiedere quale indagine sia stata avviata di fronte a ben più gravi iniziative di chi ha diretto finora la gestione dell’emergenza Covid. Ad esempio – solo per restare alla fraudolenta enfatizzazione del rischio - alla sovrastima del tasso di letalità del virus Sars-Cov-2 (12 volte superiore a quello che si registrava in Germania); o alla Circolare del ministero della Salute del 19 marzo 2020 che permetteva di attestare la positività al virus non più con la identificazione di tre, ma di un solo, gene; o alle periodiche scoperte di “focolai di Covid” attestati solo da tamponi sottoposti ad un numero elevatissimo di amplificazioni, o alle modalità per catalogare i “morti per Covid” denunciate in uno sconvolgente video del governatore Zaia… tutte iniziative finalizzate a “tenere alta la guardia” e cioè mantenere alto un panico che, facendo collassare la medicina territoriale, ha già provocato “100.000 morti per Covid”. Per non parlare della miseria di milioni di italiani
Ma, in Italia, la Legge non era uguale per tutti?