Come vanno le cose negli Stati Uniti a più di due mesi dal voto?

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Come vanno le cose negli Stati Uniti a più di due mesi dal voto?


di Pierluigi Fagan*


IN BILICO. Come vanno le cose negli Stati Uniti a più di due mesi dal voto? Forse inaspettatamente, il ticket democratico non solo ha recuperato il sensibile svantaggio che aveva contro quello repubblicano, ma comincia a sopravanzarlo anche in alcuni degli stati incerti. Hanno avuto anche picchi di donazioni individuali di piccolo importo e le prime due uscite rally hanno raccolto molta più gente dell'aspettato.

I motivi potrebbero essere quattro. Il primo è che la Harris è senz’altro più “energetica” di Biden e fino a lì bastava poco.
 
Il secondo è che il ticket è ben assortito tra lei e questo Walz che nessuno conosceva, ma che sta mostrando alcune qualità specifiche. Diciamo che Walz porta un elemento di “normalità” nella valutazione politica. Insegnante per venti anni, per dodici parlamentare, per cinque governatore, sembra avere contatto con temi tradizionalmente propri della politica fattiva e concreta piuttosto che quella sfrenatamente ideologica degli ultimi tempi. Walz è al contempo un tipo abbastanza sicuro di sé senza essere arrogante, ma ha introdotto anche un tono meno esasperato nel confronto politico.

Questo ci porta al terzo punto. Pare che i due dem puntino il discorso politico elettorale in chiaro favore della classe media, la vera colonna vertebrale della società americana a lungo dimenticata da entrambi gli schieramenti.

Infine, fatto forse decisivo, l’assetto generale del discorso politico. Se Walz completa Harris e sembrano volersi coprire al centro strizzando però l'occhio a sinistra, il vice di Trump, Vance, ne è in fondo una replica più giovane ed è anche più a destra. L’altra volta, con lo sbiadito Pence, Trump si era in parte coperto sul fronte moderato, Vance tutto è meno che moderato. Ambigua la sua presunta affiliazione al Progetto 2025 della famigerata Heritage Foundation, certa la sua stretta dipendenza da figure inquietanti della Silicon Valley, Elon Musk ma soprattutto il sulfureo Peter Thiel. Più in generale, sembrerebbe che mentre i due democratici si sono messi a parlare di politica rivolgendosi alla gente concreta, i due repubblicani continuano a puntare i due democratici cercando di delegittimarli sul piano personale. Forse comincia ad emergere anche un po’ di stanchezza per questi toni sempre ultrapolemici, aggressivi, in fondo tetri, sempre e solo legati a questioni diciamo “culturali” e non anche sociali. Socialmente, non si quanto a lungo vorranno reggere toni da guerra civile quotidiana (nota che forse vale anche per noi).

Ma manca ancora parecchio tempo al voto e correzioni di rotta sono sempre possibili, soprattutto da parte del duo repubblicano.
 
A noi, qui in Italia, in genere la questione interessa più per i riverberi di politica estera, cosa aspettarsi in questo campo?
 
La vittoria Harris-Walz lascerebbe le questioni internazionali forse inalterate, poco disponibilità ad assecondare Israele fino alle estreme conseguenze, pressione costante sulla Cina, inalterato il supporto all’Ucraina e continuazione della guerra con la Russia.

La vittoria Trump-Vance invece, si teme possa portare ad una vera e propria decisione di guerra totale anti-Iran in Medio Oriente, un aumento della pressione commerciale con la Cina, ma anche una possibile exit strategy dal conflitto russo-ucraino.
 
Si segnala anche l’apertura di una possibile “attenzione speciale” verso il Venezuela che, ricordiamolo, ha le più ampie riserve petrolifere dell’emisfero occidentale.

Biden ha profetato che se Trump perderà le elezioni non riconoscerà l’esito del voto con tutto ciò che di inquietante ne conseguirebbe, Trump ha minimizzato dicendo che se saranno regolari non avrà nulla da obiettare. Di fatto, la guerriglia legale soprattutto negli stati in bilico è attivamente in preparazione. Ma questo esito dipenderà molto dal come si comporrà alla fine il risultato finale, se con vantaggio di poco o di molto.

*Post Facebook del 10 agosto 2024

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