Il
Washington Post ha pubblicato un editoriale vetriolico in occasione del XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese che si sta svolgendo a Pechino.
Non solo l'articolo trasuda arroganza e pretende di dare lezioni di governo ad una nazione dalla storia millenaria con quasi un miliardo e mezzo di persone, ma rivela anche il senso di frustrazione dell'establishment americano che per anni ha creduto di poter dirigere lo sviluppo economico cinese secondo i propri fini e interessi e ora si rende conto di aver perso tutte le armi di pressione e ricatto che possedeva.
E' particolarmente rivelatoria questa frase " è evidente che gli Stati Uniti non possono guidare l'ascesa della Cina compatibilmente con gli interessi strategici degli Stati Uniti, tanto meno in armonia con l'ordine internazionale basato sulle regole, come molti architetti della passata collaborazione con la Cina - a livello governativo, aziendale, scientifico e intellettuale - avevano sperato."
E poi l'articolo ricorda ai lettori i motivi per cui con la Cina non si deve piu' collaborare, entrambi basati su fake news create e messe in circolazione dagli USA stessi: la "repressione" in Tibet, Hong Kong e nello Xinjiang. Ricordate la favola della volpe e l'uva?
Quando la Cina si mostrava accomodante verso gli interessi imperialistici dell'Occidente nessuno parlava di queste regioni.