Una tassa giusta per i miliardari
di Michele Blanco
Nel mondo i 3.000 ultra miliardari sono soggetti al pagamento delle tasse con tassi medi di imposizione molto più bassi rispetto al resto dei contribuenti ben più poveri.
Finalmente ben sette premi Nobel americani si sono espressi a favore dell’introduzione della cosiddetta “Tassa Zucman”, sui grandi patrimoni. Come già da espresso da due economisti di primo piano molto attivi nel dibattito francese ed europeo, Jean Pisani-Ferry e Olivier Blanchard.
Bisogna considerare che si tratta di prese di posizione assolutamente importanti perché, se alcuni dei firmatari (ad esempio Paul Krugman, Esther Duflo e Joe Stiglitz) sono noti anche al grande pubblico per aver sempre in passato e più volte affermato di essere a favore di una maggiore giustizia fiscale, altri come Acemoglu, Pisani-Ferry e Blanchard sono abitualmente molto più cauti, moderati, nelle loro prese di posizione su temi politicamente sensibili. In passato questi economisti hanno a lungo sostenuto che l’economia dovesse occuparsi più di efficienza economica che di distribuzione; vederli prendere una posizione così precisa e netta testimonia della preoccupazione crescente per la stessa tenuta sostenibile della democrazia nel mondo contemporaneo. Proprio il premio Nobel 2024, Daron Acemoglu, ad esempio, ha stupito molti con i suoi lavori più recenti nei quali si sottolinea come la regolazione, il sostegno alle classi medie, l’importanza di corpi intermedi come i sindacati, siano necessari per la salvaguardia della democrazia in una prospettiva “prosperità condivisa”.
La proposta della tassa Zucman nasce nel rapporto preparato nel 2024 per il G20, l’economista che insegna a Berkeley la particolarità di questa nuova tassa è che prevede l’introduzione di un’imposta minima globale sul patrimonio dei miliardari, fissata al 2 per cento.
A differenza delle imposte sul reddito, la tassa Zucman si calcolerebbe direttamente sul valore del patrimonio effettivamente detenuto, indipendentemente da quanto dichiarato o realizzato (ad esempio in dividendi) ogni anno. Questo meccanismo rende molto più difficile l’elusione fiscale, come fanno spesso i supericchi, anche perché la ricchezza è molto più difficile del reddito da nascondere nelle innumerevoli società di comodo o in paradisi fiscali. La misura riguarderebbe i circa 3.000 contribuenti in tutto il mondo che hanno un patrimonio superiore ad un miliardo di euro; gli introiti sono stimati in 250 miliardi l’anno a livello globale (50 per la sola Unione europea).
Nel mondo contemporaneo i Super ricchi sempre più ricchi tanto che non ci sono mai state tante differenze di reddito. Ad esempio, in Francia, la quota dell’1 per cento più ricco della popolazione è quasi raddoppiata in quarant’anni, passando dal 7,3 per cento del 1981 al 12 per cento del 2023. Ma nonostante questo i ricchi (e soprattutto i ricchissimi) contribuiscono molto meno degli altri al bene comune.
In Francia alla Paris School of Economics vengono raccolti e analizzati i dati delle amministrazioni fiscali sui redditi ha calcolato che l’aliquota fiscale effettiva, vale a dire la somma di tutti i tributi (imposte sul reddito e sulle società, contributi, tasse sui consumi) rapportata al reddito, è incredibilmente molto più bassa per i super ricchi che per tutti gli altri. Prendendo ancora l’esempio della Francia, il 50 per cento più povero, la classe media (il successivo 40 per cento), la classe medio-alta (il successivo 9 per cento) e persino la maggior parte dell’1 per cento più ricco hanno aliquote fiscali effettive vicine all’aliquota fiscale media, che è al 52 per cento. I ricchissimi, lo 0,01 per cento più ricco, i miliardari in euro per capirci, al contrario, grazie a tecniche elusive sempre più sofisticate, pagano solo il 27 per cento del loro reddito complessivo.
Il serio studioso Zucman mette in evidenza nel suo rapporto che i due fenomeni si alimentano, dato che la bassa tassazione alimenta un’accumulazione di ricchezza più rapida che per il resto dei contribuenti.
In Italia l’1 per cento più ricco della popolazione si è arricchito a dismisura, passando dal 6,2% del 1981 al 12,3 per cento del reddito nazionale nel 2023. Nel sistema regressivo italiano gli economisti dell’Efa di solito moderati si sono spesi a favore dell’introduzione della “tassa Zucman”, anche da noi i redditi molto elevati sostanzialmente sfuggono all’imposta. In un articolo uscito sul Journal of the European Economic Association nell’autunno scorso, un gruppo di economisti del Sant’Anna di Pisa e della Bicocca di Milano ha stimato i tassi effettivi per l’Italia, e trova un quadro simile a quello degli altri paesi, sia pure con qualche differenza che peggiora ulteriormente la situazione. In Italia, il sistema è molto poco progressivo per gran parte della distribuzione del reddito. Il tasso medio di imposizione va da circa il 40 per cento per i redditi più bassi a circa il 50 per cento per il novantesimo percentile (vale a dire coloro che guadagnano più del 90 per cento della popolazione). Questo leggerissimo aumento è spiegato dal fatto che la regressività dell’Iva attenua (ma non elimina) la progressività dell’imposta sul reddito. Sopra agli 80mila euro di reddito, che corrisponde al 5 per cento più ricco della popolazione, il sistema diventa profondamente regressivo.
Infatti questi contribuenti ottiene quasi il 50 per cento del proprio reddito dal capitale, visto che riesce ad abbattere i propri redditi da lavoro sfruttando le enormi incongruenze e ingiustizie del sistema fiscale italiano. Il risultato è che per lo 0,01 per cento dei contribuenti italiani il tasso effettivo si riduce al 36 per cento; molto più basso non solo della media (46,3 per cento), ma anche della parte più povera della popolazione. Insomma, nella realtà nel nostro Paese chi più ha meno paga, in barba all’articolo 53 della Costituzione che recita «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».
La tassa Zucman consentirebbe di risolvere almeno in parte questa gravissima ingiustizia.
Naturalmente sarebbe molto interessante arrivare a fare una tassa mondiale per i supericconi evasori, tramite un accordo internazionale, per estendere questa tassa in tutto il mondo in tutte le nazioni, cosi avrebbe maggiori possibilità di essere effettiva e applicabile, inoltre sarebbe un atto di giustizia quantomeno auspicabile.
Perché se non si fanno contribuire chi finora è stato di fatto esentato dal contribuire al bene pubblico, rimane evidente che la democrazia effettiva è sempre più a rischio e con essa la stessa idea di società libera e solidale che sarebbe alla base della convivenza civile.